– EDIZIONE STRAORDINARIA –
Proteste in Tunisia: “Spring is coming (?)”
Sabato
16 Gennaio non sembrava essere un giorno particolarmente fuori dalla quotidianità
per la Tunisia, nel governatorato del Kasserine, territorio piuttosto
periferico sia geograficamente che economicamente (situato ai confini con
l’Algeria), alcuni giovani organizzavano un sit-in contro la cancellazione di
molti nomi dalle liste di assunzione per un posto di lavoro presso il
dipartimento regionale dell’istruzione. Durante la protesta però un giovane
disoccupato ventottenne, Ridha Yahyaoui, decideva di salire su un pilone della
corrente per far sentire più forte la sua voce, che è la voce di migliaia di
giovani e meno giovani di una città che ha un tasso di disoccupazione al 70%.
Quello stesso ragazzo rimarrà poi fulminato da uno sbalzo di corrente e diverrà
il simbolo di una protesta che in quella serena giornata di Gennaio sembrava
far riecheggiare il soffio di quei “venti di primavera” che 5 anni prima
proprio da lì avevano iniziato a soffiare, per diffondersi poi in tutta l’area
circostante.
16 Gennaio non sembrava essere un giorno particolarmente fuori dalla quotidianità
per la Tunisia, nel governatorato del Kasserine, territorio piuttosto
periferico sia geograficamente che economicamente (situato ai confini con
l’Algeria), alcuni giovani organizzavano un sit-in contro la cancellazione di
molti nomi dalle liste di assunzione per un posto di lavoro presso il
dipartimento regionale dell’istruzione. Durante la protesta però un giovane
disoccupato ventottenne, Ridha Yahyaoui, decideva di salire su un pilone della
corrente per far sentire più forte la sua voce, che è la voce di migliaia di
giovani e meno giovani di una città che ha un tasso di disoccupazione al 70%.
Quello stesso ragazzo rimarrà poi fulminato da uno sbalzo di corrente e diverrà
il simbolo di una protesta che in quella serena giornata di Gennaio sembrava
far riecheggiare il soffio di quei “venti di primavera” che 5 anni prima
proprio da lì avevano iniziato a soffiare, per diffondersi poi in tutta l’area
circostante.
La
notizia fa velocemente il giro della Tunisia ed è forte l’empatia che il popolo
tunisino sembra sentire nei confronti di un figlio della propria terra che
condivide un dramma che non può essere certamente relegato ad una piccola parte
della popolazione. Il dato più rilevante è infatti che le stesse proteste si
diffondono velocemente in tutto il paese, e sopratutto si riascoltano nelle
piazze di gran parte delle città, in ben 16 dei 24 governatorati tunisini, gli
stessi slogan che riecheggiavano durante la Rivoluzione dei gelsomini.
notizia fa velocemente il giro della Tunisia ed è forte l’empatia che il popolo
tunisino sembra sentire nei confronti di un figlio della propria terra che
condivide un dramma che non può essere certamente relegato ad una piccola parte
della popolazione. Il dato più rilevante è infatti che le stesse proteste si
diffondono velocemente in tutto il paese, e sopratutto si riascoltano nelle
piazze di gran parte delle città, in ben 16 dei 24 governatorati tunisini, gli
stessi slogan che riecheggiavano durante la Rivoluzione dei gelsomini.
“Lavoro,
libertà e dignità”. Eppure era solo nell’Ottobre 2015 che alcuni membri
dell’attuale governo tunisino, successivo ai quei venti di libertà, e
capitanati dal presidente Essebsi, avevano ricevuto il “Nobel per la pace” per
aver indirizzato quegli stessi venti verso quella transizione democratica che
sembrava essere stata un’esperienza riuscita, e non è detto che non possa
esserlo in futuro. Ma oggi, esattamente come 5 anni fa, i tunisini chiedono a
gran voce uguaglianza sociale, chiedono di appianare non solo le disuguaglianze
sociali ma anche quelle territoriali, chiedono di porre fine al fenomeno della
corruzione (e non può essere una casualità il fatto che di queste problematiche
siamo abituati a sentir parlare anche nelle nostre metropoli).
libertà e dignità”. Eppure era solo nell’Ottobre 2015 che alcuni membri
dell’attuale governo tunisino, successivo ai quei venti di libertà, e
capitanati dal presidente Essebsi, avevano ricevuto il “Nobel per la pace” per
aver indirizzato quegli stessi venti verso quella transizione democratica che
sembrava essere stata un’esperienza riuscita, e non è detto che non possa
esserlo in futuro. Ma oggi, esattamente come 5 anni fa, i tunisini chiedono a
gran voce uguaglianza sociale, chiedono di appianare non solo le disuguaglianze
sociali ma anche quelle territoriali, chiedono di porre fine al fenomeno della
corruzione (e non può essere una casualità il fatto che di queste problematiche
siamo abituati a sentir parlare anche nelle nostre metropoli).
Quel
popolo afferma con forza di non poter accettare che un governo “in teoria” figlio
delle loro voci e rivendicazioni, possa continuare “nella pratica” a fare
orecchie da mercante di fronte a problemi così largamente diffusi nel paese. Ed
è poi lo stesso Essebsi ad ammettere: “La storia moderna della Tunisia ci ha
insegnato che abbiamo commesso molti errori che hanno a che vedere con il come
sono stati trattati i giovani”. La risposta però che le stesse istituzioni
tunisine sembrano dare a questa complessa situazione è la prosecuzione dello
“stato di emergenza” e l’istituzione di un coprifuoco a livello nazionale dalle
20,00 (in alcune zone dalle 18,00) alle 5,00 del mattino. Il governo però pare
si stia riunendo per cercare di venire a capo di una situazione che potrebbe
minare la stabilità statale, 2011 docet, e che, d’altra parte rischia di poter
essere momento d’infiltrazione di quelle frangie estremiste che non sembrano
però essere troppo presenti al centro delle proteste, che hanno coinvolto
perlopiù giovani e meno giovani disoccupati dalle diverse città.
popolo afferma con forza di non poter accettare che un governo “in teoria” figlio
delle loro voci e rivendicazioni, possa continuare “nella pratica” a fare
orecchie da mercante di fronte a problemi così largamente diffusi nel paese. Ed
è poi lo stesso Essebsi ad ammettere: “La storia moderna della Tunisia ci ha
insegnato che abbiamo commesso molti errori che hanno a che vedere con il come
sono stati trattati i giovani”. La risposta però che le stesse istituzioni
tunisine sembrano dare a questa complessa situazione è la prosecuzione dello
“stato di emergenza” e l’istituzione di un coprifuoco a livello nazionale dalle
20,00 (in alcune zone dalle 18,00) alle 5,00 del mattino. Il governo però pare
si stia riunendo per cercare di venire a capo di una situazione che potrebbe
minare la stabilità statale, 2011 docet, e che, d’altra parte rischia di poter
essere momento d’infiltrazione di quelle frangie estremiste che non sembrano
però essere troppo presenti al centro delle proteste, che hanno coinvolto
perlopiù giovani e meno giovani disoccupati dalle diverse città.
E’ senz’altro un momento importarte per lo stato tunisino che, messo alla prova
dal suo stesso popolo, dovrà dimostrare di avere a cuore le problematiche della
sua gente più degli imperat economici (e ideologici) con cui deve confrontarsi
nel “mondo globalizzato”. Non sembra poi, almeno a primo impatto, che questi
venti contemporanei possano diffondersi come in passato in altre aree ma, si sa
che la politica non è una scienza esatta. “Quel che però pare emergere da
questa situazione è che in Tunisia non siano gli stessi venti di primavera a
star tornando, ma che sia quella stessa Primavera non essersi mai
conclusa.”
Giovanni Tranchina
Fonti:
- Tunisia, la rivolta arriva nella capitale: notte di saccheggi e devastazioni. Coprifuoco notturno in tutto il paese in Il fatto quotidiano del 22 gennaio 2016
- Tunisia: la protesta dei giovani senza lavoro in Il corriere della sera del 22 gennaio 2016
- Maurizio Molinari Il Nobel ai democratici tunisini. Vince il quartetto delle riforme in La Stampa del 10 ottobre 2015
- Tunisia in piazza: muore un agente in La Stampa del 22 gennaio 2016
- La Tunisia torna in piazza in Internazionale del 22 gennaio 2016