Siria, un accordo tra scetticismo e nuovi orizzonti di conflitto
Sembrerebbe che un’intesa sia stata raggiunta tra il segretario di stato di Washington, John Kerry, ed il corrispettivo ministro degli esteri di Mosca, Sergey Lavrov, per una tregua in Siria. Diversi erano stati gli incontri nel corso della scorsa settimana ed anche se alla fine l’accordo è stato siglato, l’aria che si respira in territorio siriano resta comunque tutt’altro che serena. Alto è infatti lo scetticismo che circola tra gli analisti di geopolitica ed allo stesso tempo tra i piani alti degli stati coinvolti in questo interminabile conflitto.
Un conflitto che fino ad oggi ha visto schierate due diverse coalizioni, le quali divergono in primo luogo rispetto ad uno specifico tema: il destino di Bashar Assad. Da una parte i primi nemici schierati sul campo il presidente siriano ce li ha sempre avuti in casa, per questioni principalmente religiose (Assad è fedele alla minoranza alauita, corrente sciita), a sostegno dei ribelli troviamo poi gli Stati Uniti, che non godono di buoni rapporti col presidente siriano, seguiti dalla Turchia, coinvolta oltre che per i pessimi rapporti con Assad anche per la costante fobia delle mire indipendentiste dei curdi siriani, e l’Arabia Saudita, con l’ambizione di elevare il proprio status di “potenza regionale” sopratutto in funzione anti-iraniana. Dall’altra parte abbiamo visto la Russia, che da sempre vanta buoni rapporti con la famiglia Assad, l’Iran, in funzione anti-saudita e, anche se non ufficialmente, il popolo curdo, che difende il primis la propria autonomia raggiunta nel nord della Siria. In questo contesto del tutto instabile trovano spazio, anche se ultimamente hanno perso terreno, anche il gruppo Stato Islamico ed il Fronte Al Nusra.
Il suddetto scetticismo nei suddetti ambienti pare sia dovuto, in primo luogo, per alcuni controversi punti focali di questa intesa che stabilirebbe un termine fissato per mezzogiorno di Venerdì 26 Febbraio entro il quale i ribelli siriani, primi protagonisti contro il governo di Bashar Assad, dovrebbero annunciare ufficialmente di aderire alla tregua, con la promessa messa su carta, che l’aviazione di Damasco smetterà di bombardare quegli stessi gruppi che aderiranno all’accordo. Restano però esclusi dalla tregua il gruppo Stato Islamico ed il Fronte Al Nusra, il gemello siriano di Al Qaeda, che non potranno esprimersi in questo senso. Esclusioni coerenti con la linea portata avanti fino ad oggi dalle due coalizioni presenti in Siria (eccezion fatta per la controversa posizione della Turchia) rispetto al non riconoscimento di questi gruppi come entità politiche con cui provare a dialogare. Anche se d’altra parte si potrebbe pensare a questo accordo nei termini di una dichiarazione di resa per quelle forze che da tempo hanno provato ad eliminare la scottante figura del presidente alauita e che inizialmente avevano visto dalla loro l’ala protettiva statunitense.
Ora però sembra che ai ribelli non resti che accettare una tregua che non hanno mai voluto, o acquisire lo status di “gruppi terroristici” ed essere trattati alla stregua di Isis ed Al Nusra. Causando così una possibile reazione a catena che potrebbe addirittura riportare gli effetti opposti rispetto a quelli che, almeno formalmente, le due grandi potenze dichiarano di voler perseguire, elevando di fatto il livello di conflittualità nell’intera area. A questo si aggiungono poi le dichiarazioni del ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, il quale ha affermato che la Turchia, aldilà di ogni sorta di tregua, considera e continuerà a considerare i curdi siriani alla stregua di terroristi ed andranno avanti a colpirli con tutti i mezzi a loro disposizione. Considerando tali premesse, aldilà dell’accordo raggiunto, sembra allora che il conflitto siriano possa essere destinato a rimanere nelle prime pagine delle diverse testate del globo ancora per diverso tempo, almeno fino a che le volontà messe sul piatto degli accordi resteranno le suddette.
Giovanni Tranchina
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