Storie di migranti: dalla Libia alla Sicilia


Storie di migranti: dalla Libia alla Sicilia

 

L’analisi di un fenomeno di vaste proporzioni, quello attuale, vale a dire l’immigrazione, si presta alle dovute riflessioni di carattere politico, economico e umanitario. L’Italia è da sempre terra di approdo, di speranza per le migliaia di persone che ogni settimana giungono in Sicilia dalla Libia, percorrendo la rotta che unisce Zuara a Lampedusa. Nel mese di Marzo oltre 5000 migranti sono stati salvati nel Canale di Sicilia e portati in salvo nei diversi centri dell’isola, grazie alla coalizione internazionale in azione di pattugliamento sul tratto di mare tra l’Italia e la Libia. Ed è sulle banchine dei porti siciliani che si possono incrociare i visi, i sorrisi, i ringraziamenti e  le emozioni dei migranti che hanno rischiato la vita per trovare un nuovo inizio in Europa.

 

Solo due giorni fa, giovedì 31 Marzo, la Marina Militare Italiana è giunta al porto di Palermo alle ore 17:45, direttamente dall’operazione di salvataggio nelle acque italiane tra la Libia e Lampedusa. I militari indossavano la classica divisa di emergenza, totalmente bianca e antibatterica, e due grandi gruppi di migranti, posti ai lati dell’imbarcazione, applaudivano all’approdo. Nuclei familiari e migranti appartenenti alla stessa regione geografica  sono stati riuniti nello stesso scomparto: Somali, Eritrei ed Etiopi da un lato, dall’altro sub-sahariani e appartenenti all’area occidentale. Sulla banchina, in attesa di dare le prime cure, c’erano la Croce Rossa Internazionale e le principali organizzazioni internazionali in tema di sicurezza e protezione umanitaria. Un percorso umanitario accompagna i migranti dalla scaletta della nave fino al first aid, il punto di primo soccorso. È un mosaico multiculturale, dove si possono ascoltare più lingue: francese, inglese, arabo, dialetti.  Dopo il primo step, i medici dell’ASP hanno effettuato il primo check fisico generale, e sono intervenuti in casi gravi di malnutrizione o disidratazione. Nel caso in cui le operazioni di riconoscimento avvengano nel porto di approdo, la Prefettura si adopera per la foto segnalazione e il rilascio dei primi documenti. Un momento importante dal loro arrivo sul suolo nazionale è la dichiarazione di età che ciascun immigrato deve prestare. Da una parte vengono sistemati i minori di età, dove Save The Children contribuisce all’assistenza materiale e fisica, seguendo caso per caso i minori e in particolare i non accompagnati, spesso in gran numero,  i quali vengono maggiormente seguiti dai funzionari delle Agenzie per la protezione dei minori per sopperire alla mancanza di parenti e amici. I nuclei familiari, invece, sono rari ma sempre presenti, vengono fatti accomodare in un’altra area del percorso umanitario e assistiti dalle Agenzie internazionali. Una volta terminate le procedure sia ospedaliere, burocratiche e di supporto i migranti sono stati trasferiti con appositi pullman nei vari centri siciliani o italiani, passando dagli hotspot per l’identificazione. Minori,  nuclei familiari e richiedenti asilo, in base alla provenienza, vengono invece trasferiti nei CPA in attesa di ricevere i documenti per la protezione internazionale.

 

È interessante ai fini delle nostre analisi, la testimonianza di un minore proveniente da un paese dell’Africa centrale, raccolta proprio nel corso dell’ultimo sbarco al porto di Palermo. Il giovane ha intrapreso il suo lungo viaggio in solitudine più di tre mesi addietro, percorrendo una delle tante rotte dell’immigrazione che parte dal centro-Africa e giunge fino le coste della Libia. Appassionato di medicina e per la quale stava iniziando gli studi nel suo Paese, questo ragazzo ha deciso di mettere a repentaglio la propria vita, conoscendo la difficoltà del viaggio, soprattutto se quel viaggio decidi di farlo in un bus carico di migranti, attraverso il deserto che nasconde sempre mille insidie. Dopo lunghe settimane, senza poter mangiare e bere, è giunto in Libia. Qui vi ha trascorso circa due mesi e mezzo. Racconta che per gli africani è impossibile poter camminare in strada, la polizia o le forze ribelli catturano chiunque non sia libico. Per tale ragione, ha trascorso quasi due mesi chiuso in una casa della periferia di Tripoli in attesa di trovare il giusto momento per potersi imbarcare, ma ciò non è bastato per non passare inosservato dai ribelli libici. Questi ultimi durante il giorno effettuano dei veri e propri rastrellamenti, casa per casa alla ricerca di possibili migranti africani. Il giovane è stato scorto da una finestra e minacciato con una fucile. Catturato, insieme ai suoi compagni africani che abitavano con lui,  trasferito in una delle tante carceri libiche, veri e propri centri di torture. Qui vi ha trascorso più di un mese e porta ancora i segni di bruciature e percosse. Il cibo delle carceri consisteva in un piccolo pezzo di pane, gettato a terra, che doveva essere diviso tra i compagni di cella, niente più per una settimana. La bevanda, un’acqua di pozzo mista ad acqua di mare. Se si aveva sete era l’unica fonte per dissetarsi, o meglio disidratarsi, e se provavi a ribellarti venivi ucciso. Svegliato dai ribelli, e autorizzato a lasciare immediatamente la prigione, insieme ad altri 150 africani, il giovane si è imbarcato in un gommone verso l’Italia. Senza pagare alcun prezzo, è stato scelto per riempire i cosiddetti barconi della speranza. E’ stato salvato, come accade in molti casi, in pieno mare, dalla Marina militare inglese e portato in salvo in uno dei porti siciliani.

 

 

Sicuramente, l’instabilità politica che si sta vivendo in Libia e con l’elezione, in ultimo, del nuovo premier, mal voluto dai ribelli, e dalla sempre più probabile azione delle forze della coalizione internazionale, sta scatenando una serie di ricatti, cioè inondare l’Italia e quindi l’Europa di migranti, in modo tale da portare l’instabilità non più solo verso la Grecia, dove ormai la rotta balcanica appare sempre più chiusa e complicata, ma verso il sud Europa, cioè a Lampedusa e in Sicilia. Diventa allora fondamentale che l’Europa faccia il suo dovere. La Sicilia, è risaputo, ricopre un ruolo di primissimo piano all’interno del sistema-immigrazione, cosi come Lampedusa, che spesso sembra essere abbandonata dalle Istituzioni Europee. La visita, in ultimo, del premier Renzi ha voluto dare una risposta significativa alla vicinanza dell’Italia e richiamato e bacchettato i principali premier europei dai quali ha preteso maggiore impegno e vicinanza per sostenere Lampedusa nella gestione dei migranti, che si prospetta molto complicata.

Davide Daidone

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