Protezione speciale: cosa cambia fra Decreto Salvini e Decreto Lamorgese?


Nel corso degli ultimi anni il sistema della protezione internazionale ha subito diversi interventi normativi. Nel presente elaborato si ripercorrono le vicende attinenti all’istituto della ex protezione umanitaria, effettuando un confronto con l’istituto della protezione speciale attualmente in vigore1.

Dal Decreto Sicurezza al Decreto Lamorgese

Com’è noto, in Italia la protezione internazionale che può essere riconosciuta al richiedente asilo si divide fra status di rifugiato e protezione sussidiaria. Vi è inoltre una terza forma più generale, se si vuole, che è la ex protezione umanitaria, oggi protezione speciale.

Queste diverse forme di protezione partono tutte dal principio previsto all’articolo 10(3) della Costituzione:

Articolo 10 Cost.: “(3) Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.2.

Le norme direttamente applicabili discendenti da questo principio e che regolano l’istituto della protezione umanitaria erano inserite nel Testo Unico sull’Immigrazione (T.U.I.)3, ossia il d.lgs. 286/98. 

Fino al 2018, la protezione umanitaria era prevista all’articolo 5(6) del T.U.I. e prevedeva che, ove ricorressero seri motivi di carattere umanitario o derivanti da obblighi costituzionali o internazionali, allo straniero potesse essere riconosciuta questa forma di protezione. Nel 2018, il famoso Decreto Sicurezza4 di Salvini cancellò, all’articolo 1, ogni riferimento alla protezione umanitaria dal Testo. Il Decreto Sicurezza aveva tipizzato alcune forme di “protezione speciale”, facendo dunque una lista dei casi in cui la protezione internazionale poteva essere concessa5:

  • per cure mediche;
  • per contingenze di eccezionale calamità;
  • per atti di particolare valore civile;

Ciò non dava più la possibilità né alle Commissioni territoriali, né ai giudici di poter concedere la protezione anche per altri motivi interpretando la norma è adattandola alle situazioni particolari. 

Infine, il 21 ottobre del 2020, è stato emanato il Decreto Legge numero 130, c.d. Decreto Lamorgese6, tramite cui non sono state abrogate le disposizioni del decreto precedente, ma l’applicabilità della protezione speciale è stata certamente ampliata, consentendo alle Commissioni territoriali e ai magistrati di riconoscere una forma di protezione più aderente al caso specifico della persona quando questo non soddisfa i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria. 

Cos’è cambiato con il Decreto Lamorgese

La vecchia protezione umanitaria disponeva che, qualora ricorressero seri motivi di carattere umanitario risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato, veniva rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Questi motivi superavano i requisiti della protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e sono stati definiti nel corso del tempo, anche grazie alle varie pronunce delle corti. La definizione di carattere generale voleva che la protezione umanitaria venisse riconosciuta qualora ci fossero ipotesi di particolare vulnerabilità del richiedente, particolari motivi di salute, casi di grave instabilità politica nel Paese di provenienza, episodi di violenza o insufficiente rispetto dei diritti umani all’interno del Paese di origine.

Seguendo il percorso delle pronunce giurisprudenziali, si è arrivati ad una nota decisione della Corte di Cassazione7 che identificava anche il percorso di integrazione, paragonato alla situazione di provenienza, come uno dei motivi che potesse far arrivare a riconoscere questa protezione umanitaria8. La ratio era quella di non esporre i cittadini stranieri al rischio di condizioni di vita che non fossero rispettose del nucleo minimo dei diritti della persona, integranti la dignità della stessa. Il processo interpretativo ha portato all’ampliamento delle ipotesi che consentivano di riconoscere la protezione umanitaria.

Come detto, questo ampio ventaglio di ipotesi di riconoscimento della protezione umanitaria venne poi drasticamente limitato dai Decreti Salvini e nuovamente ampliato dal Decreto Lamorgese.

Per comprendere l’ampliamento effettuato da quest’ultima previsione normativa, è necessario prendere visione dell’articolo 19 del T.U.I.:

Articolo 19: “(1) In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. 

(1.1) Non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all’articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l’espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per  ragioni  di  sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione  della  salute  nel rispetto della  Convenzione  relativa  allo  statuto  dei  rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva  dalla  legge  24 luglio  1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine.”.

Come si evince dal testo dell’articolo 19 al comma 1, il Decreto Lamorgese ha previsto, fra le ragioni che giustificano il conferimento della protezione speciale, le persecuzioni per orientamento di genere ed identità sessuale. Il comma 1.1, invece, vede l’inserimento anche della previsione dell’impossibilità di respingimento ed espulsione in caso di rischio di trattamenti inumani e degradanti e qualora ricorrano gli obblighi di cui all’articolo 5(6) del T.U.I.; viene, dunque, richiamato direttamente l’articolo che in precedenza prevedeva la protezione umanitaria. Lo scopo di questo richiamo è quello di rimandare, nell’interpretazione della norma, direttamente a tutti gli obblighi umanitari che derivano da norme costituzionali o internazionali e che sono vincolanti per lo Stato italiano. Pertanto questo rimando ha l’effetto di riaprire a tutte le interpretazioni fatte dei trattati e degli accordi a cui aderisca l’Italia. 

Oggi, dunque, anche grazie alle recentissime modifiche, si può ottenere una tutela maggiore, soprattutto considerando che in materia vi è un’apertura verso la situazione privata, familiare e di integrazione del richiedente asilo. Nel corso della valutazione dei motivi per i quali riconoscere la protezione speciale, infatti, si dovrà tener espressamente conto: 

  • delle violazioni sistematiche gravi di diritti umani nel Paese d’origine (quindi un’analisi sulle circostanze di provenienza del richiedente la protezione internazionale);
  • delle conseguenze di un possibile allontanamento dal territorio italiano per quanto attiene una possibile violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare (a meno che, chiaramente, non ricorrano ragioni di sicurezza nazionale, ordine e sicurezza pubblica o di tutela della salute pubblica).

Conclusioni

Attualmente, vengono prese in considerazione non solo le ragioni che hanno spinto una persona a lasciare il suo Paese d’origine, ma anche le condizioni personali che si sono sviluppate nel frattempo nel Paese di accoglienza durante il suo percorso di integrazione. Ovviamente la “nuova vita” dei richiedenti protezione internazionale deve essere scrupolosamente bilanciata con le questioni che egli lascia nel Paese di provenienza, ma l’importante è che oggi venga complessivamente compiuta un’analisi a 360 gradi, capace di considerare diversi aspetti della vita umana che prima venivano lasciati da parte. Insomma, un risvolto positivo di questa nuova normativa che, almeno in questo contesto, ricuce le ferite apportate ad uno Stato democratico dai Decreti Salvini.

A cura di Laura Rusconi
Per l’Osservatorio Migrazioni IMESI

Note:

1.Questo lavoro si sviluppa seguendo l’intervento degli avvocati Enrica Inghilleri e Federico Lera, intervenuti durante il webinar del 4 marzo 2021 nell’ambito del progetto “Né un prima, né un dopo, né un altrove” (si tratta di incontri di formazione sul diritto dell’immigrazione organizzati da Avvocato di strada) disponibile online su https://youtu.be/Er8O1sn_lwg

2. Costituzione della Repubblica italiana, GU Serie Generale n. 298 del 27 dicembre 1947, disponibile all’indirizzo https://www.gazzettaufficiale.it/dettaglio/codici/costituzione

3. Decreto Legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, entrata in vigore del decreto 2 Settembre 1998. 

4. Decreto Legge n. 113 del 4 ottobre 2018, “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, entrata in vigore del provvedimento: 05 ottobre 2018; Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132, in G.U. N. 281, 03 dicembre 2018.

5. CIR rifugiati, “L’abolizione della protezione umanitaria (art. 1)” disponibile su https://www.cir-onlus.org/

6. Decreto Legge n. 130, 21 ottobre 2020, “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale”, GU Serie Generale n. 261 del 21 ottobre 2020, entrata in vigore del provvedimento: 22 ottobre 2020; Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173 in G.U. n. 314,  19 dicembre 2020.

7. Corte di Cassazione, I sezione civile, sentenza del 23 febbraio 2018, n. 4455. 

8. Per un approfondimento sul tema si veda C. Favilli, “La protezione umanitaria per motivi di integrazione sociale. Prime riflessioni a margine della sentenza della Corte di cassazione n. 4455/2018” in Questione Giustizia, 14 marzo 2018, disponibile su https://www.questionegiustizia.it/articolo/la-protezione-umanitaria-per-motivi-di-integrazion_14-03-2018.php

Sitografia:

 

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