Quest’anno, il 2020, è il trentesimo senza Sandro Pertini. Come scrisse Cicerone, “la memoria è tesoro e custode di tutte le cose”. Ma, si sa, la memoria è selettiva, specialmente in politica. O meglio in certa politica. Così, se da un lato Pertini resta una delle personalità politiche più amate e rispettate del secolo scorso, c’è anche chi del passato preferisce dare una propria personale interpretazione.
Mi riferisco alla polemica scatenata alcuni giorni fa da Filippo Frugoli, Consigliere Comunale di Massa, che nel suo profilo Facebook pubblica un post al vetriolo proprio su Pertini, in risposta alla proposta avanzata dall’Associazione Trentuno Settembre di intitolare a quest’ultimo un ponte in città.
“Ho appreso dalla stampa che un’associazione ha chiesto di intitolare un ponte a Sandro Pertini.-scrive appunto Frugoli- Lo stesso Sandro Pertini che elogiò Stalin il giorno della morte, lo stesso Sandro Pertini che concesse la grazia al partigiano Toffanin che uccise molteplici persone, lo stesso Sandro Pertini capo partigiano che uccise una marea di persone accusate di essere fasciste o collaborazioniste con i fascisti (una sorta di caccia alle streghe), lo stesso Sandro Pertini che annunciò di essere “un brigatista rosso”. Ci vuol del coraggio a fare una richiesta simile! Se gli verrà dedicato un ponte chiederò di dedicare qualche via alle stragi partigiane, qualche via alle vittime dei partigiani e qualche via alle vittime delle brigate rosse”.
Il post scompare dopo appena venti minuti dalla pubblicazione ma su internet le notizie corrono veloci e del post è già stato fatto uno screenshot, in breve tempo condiviso su tutti i principali social e ripreso da numerose testate di informazione online. Le parole del giovane Consigliere Comunale creano una bufera mediatica, tanto da spingerlo a scrivere un lungo post di scuse per le proprie precedenti affermazioni.
“Spero di mettere fine a ciò che si è sviluppato sui social in questi giorni, tra i miei possibili errori, auguri di morte ed offese. Chiedo scusa se qualcuno pensa io possa aver offeso la memoria di Sandro Pertini e ribadisco, probabilmente non avrei dovuto fare quel post. Chiedo scusa se ho sbagliato. Avevo cercato di rimediare subito, rimuovendo il post dopo 20 minuti ma era già stato fatto uno screen e quindi non ho potuto più rimediare”. E continua: “tutti sbagliano nella vita, a 21 anni forse è ancora più facile sbagliare e penso anche che esistano errori molto più gravi. Comunque, non cerco giustificazioni, sono una persona seria e non sono uno scemo, per questo mi assumo le mie responsabilità. Concludo, ed il resto potrete leggerlo nell’articolo qui sotto, chiedendo scusa nel caso in cui questo post possa aver leso l’immagine dell’Amministrazione o del mio Partito, ma come detto la responsabilità va solo ed esclusivamente a me, Filippo Frugoli”.
Questo avvenimento, e il dibattito mediatico e politico che ne è scaturito, è indicativo di una generalizzata mancanza di consapevolezza storica, nonché di una superficialità e una miopia imperanti. Non si spiega altrimenti la leggerezza con cui alcune gravi accuse vengano rese pubbliche, né le scuse successive, prive di un’argomentazione chiara a sostegno di una qualsiasi delle posizioni emerse nell’ambito di questo dibattito, neppure della propria. Tutto in fin dei conti si riduce a un problema di “immagine”, ad un involucro vuoto dietro cui nulla si cela.
Cosa resta oggi, a distanza di trent’anni, dell’eredità politica di Sandro Pertini, e cosa ne resterà in futuro? È questa la domanda che dovremmo porci di fronte a tutte le parole sprecate in questi giorni. Quanto e cosa sanno le giovani generazioni, quelle che Pertini non lo hanno conosciuto, se non tramite una foto in bianco e nero su un libro, della storia di questo paese e di quella di chi questo paese lo ha consegnato nelle loro mani, nelle nostre mani? Che la risposta a questa domanda debba necessariamente essere sconfortante non è detto. La giovane età, una tra quelle che Frugoli chiama in causa come giustificazioni alle proprie affermazioni, non è sinonimo di ignoranza o scarsa consapevolezza; ma è pur vero che, affinché la memoria, per riprendere Cicerone, sia custode delle cose, è necessario che essa sia tramandata.
E a proposito di memoria tramandata, compiamo un breve salto temporale, a qualche giorno prima rispetto alla pubblicazione del post di Filippo Frugoli. È il 21 gennaio 2020, cinema Rouge et Noir a Palermo. Il film è “Il giovane Pertini”. Una sala attenta ascolta l’introduzione dell’On. Valdo Spini, che Pertini lo ha conosciuto personalmente e del prof. Stefano Caretti, del Centro studi e documentazione Sandro Pertini.
La pellicola, realizzata da Giambattista Assanti, ha fatto il giro della penisola, ed è stata proposta ad un pubblico vario, anche a giovani e studenti, che la hanno accolta con grande entusiasmo e curiosità. Il punto di forza del film è proporre un approfondimento di un momento generalmente poco conosciuto della vita di Sandro Pertini, quello della giovinezza, del carcere duro, dell’esilio, della lotta in nome della libertà, come giustamente recita il titolo del film.
Ho avuto il piacere di confrontarmi con l’On Spini, già ministro della Repubblica, e con il prof. Caretti, del Centro Studi e Documentazione “Sandro Pertini”, e di fare loro alcune domande sul Pertini che tutti conosciamo ma di cui è necessario mantenere viva la memoria, una memoria lucida, critica, duratura.
On. Spini, lei ha conosciuto personalmente Sandro Pertini, se dovesse scegliere una parola per definirlo, come uomo e come politico, quale sarebbe e perché?
Lo definirei per vocazione un Presidente. Mi spiego. Nella sua lunga vita Pertini ha svolto e assolto con successo a tanti ruoli, a tante funzioni, sia di militante che di dirigente politico. Ma il meglio di sé stesso l’ha espresso da Presidente della Repubblica, quando dimostrò di sapere unire gli italiani in momenti difficilissimi e complicati della vita del paese. Non solo quindi Pertini fu ad altissimo livello un arbitro della battaglia politica in conformità alle regole costituzionali, ma seppe rivolgersi alle cittadine e ai cittadini di tutte le età, di tutte le classi sociali, delle varie appartenenze e inclinazioni politiche – naturalmente se disponibili a muoversi e ad agire rispettando le regole della democrazia. – e di saperle unire. Unire anche contro il terrorismo delle Brigate Rosse, a differenza di quanto sa o di quanto è stato detto al consigliere Filippo Frugoli. Un uomo delle istituzioni quindi? Senza dubbio, ma un uomo che nelle istituzioni agiva secondo quanto gli dettavano i principi e i valori della sua fede socialista.
In che modo il messaggio politico di Pertini è attuale ancora oggi, in un’Italia socialmente e politicamente diversa da quella in cui egli visse?
In un mondo in cui le disuguaglianze si accentuano, in cui le società si disarticolano e il prestigio delle istituzioni e delle classi politiche viene messo in dubbio, il messaggio essenziale di Pertini, non c’è vera giustizia sociale se non c’è libertà e non c’è un vero godimento delle libertà se non c’è giustizia sociale, mi sembra vivo ed attuale. Così pure è viva e attuale l’esigenza che i personaggi politici diano l’esempio con la loro stessa vita di fedeltà agli ideali e ai valori che rappresentano.
Il suo socialismo era una vera e propria fede, un costume, un abito mentale. E questo lo capivano e lo apprezzavano anche i non socialisti. Se si pensa che oggi per rilanciare la nostra convivenza civile, politica e sociale si possa prescindere da questi principi e da questi valori, si sbaglia e si sbaglia di grosso.
Prof. Caretti, oltre che Presidente del centro studi e documentazione Sandro Pertini, lei è docente di Storia Contemporanea presso l’Università di Siena, il che fa di lei un importante interlocutore con le giovani generazioni. In che modo gli studenti si approcciano alla figura di Sandro Pertini?
Nei miei frequenti incontri con gli studenti, nel corso di un decennio per presentare un docufilm su Pertini, ho sempre registrato un vivo interesse verso chi aveva sacrificato i migliori anni della sua vita in difesa dei valori democratici. La sua ininterrotta battaglia tra carcere, confino e resistenza lo fanno apparire ai loro occhi come un eroe. In particolare impressiona il suo rifiuto, benchè gravemente malato, della domanda di grazia inoltrata dalla madre. Uno dei commenti più frequenti è “fortunata la vostra generazione ad aver avuto personaggi come Pertini”.
Per entrambi, pensate che la produzione di un film come “Il giovane Pertini” possa essere uno strumento valido per veicolare la memoria di una figura tanto complessa? Qual è stato l’approccio di preparazione del film in termini di ricerca storica e approfondimento?
On. Spini: É indubbio che un film come veicolo di comunicazione è spesso più efficace di un discorso e di uno scritto anche se, naturalmente, deve mantenere tutta la sua autonomia artistica. Direi che ne esce rafforzato l’aspetto umano e che questo, lungi dal distogliere l’attenzione dalle vicende e dalle scelte politiche, può suscitare maggiore curiosità ed interesse verso queste. Per quanto riguarda “Il giovane Pertini” in particolare, personalmente cerco sempre di sottolineare come Pertini venga condannato a dieci anni e otto mesi di carcere e poi assegnato al confino senza soluzione di continuità fino alla caduta del fascismo il 25 luglio 1943, per un reato di mera propaganda politica, senza collegamenti ad atti di violenza od altro. E che questa è la migliore riprova di cosa era il fascismo e di cosa è un regime totalitario.
Prof. Caretti: Come per il mio precedente documentario anche per il film ho constatato che i giovani seguono con maggiore attenzione immagini poi commentate che lunghi discorsi. Per la realizzazione della pellicola molto ha giovato la documentazione (lettere e documenti) pubblicata nel volume “Sandro Pertini combattente per la libertà” che insieme a Degl’Innocenti abbiamo curato proprio per le scuole. Edito da una piccola casa editrice il libro ha avuto nel tempo ben undici edizioni ed ha suscitato un ampio consenso tra gli studenti.
Nel corso del film viene più volte fatto riferimento alle lettere scritte dal giovane Pertini, lettere indirizzate alla madre, alla fidanzata, alle persone care al giovane Sandro, in cui tuttavia l’elemento politico è sempre presente. Qual è secondo voi la lettera più significativa in tal senso? E quanto sono intimamente legate le scelte di vita di Pertini e le sue idee e lotte politiche, sia in gioventù che in seguito?
On. Spini: Non c’è dubbio che la lettera fondamentale, quella più impressionante, è quella in cui Pertini rifiuta la grazia chiesta per lui da sua madre, Maria Muzio. Ma anche le altre, in particolare alla madre e alla fidanzata, testimoniano di un animo nobile e sensibile. É proprio questo animo sensibile a tutte le cause di giustizia e di libertà che costituisce il collegamento tra le sue idee e le sue scelte di vita.
Prof. Caretti: Tra le lettere, tutte interessanti, credo che la più importante sia quella inviata da Pertini al Tribunale Speciale dove rigetta con sdegno la domanda di grazia della madre che avrebbe macchiato la sua fede politica, più importante della sua stessa vita. E qui c’è tutto Pertini, che ricordiamo aveva già perso il polmone sinistro e rischiava di morire.
Facendo riferimento alla polemica scatenata dalle affermazioni di Filippo Frugoli, quale ritenete possa essere l’antidoto migliore contro le distorsioni storiche cui una figura tanto celebre come quella di Sandro Pertini può inevitabilmente essere sottoposta?
On. Spini: Studiare, conoscere, tramandare. Al consigliere Frugoli consiglierei di riflettere sulla frase con cui il leader dell’allora MSI, Giorgio Almirante, commentò il discorso di insediamento di Pertini: “ci ha costretti ad applaudirlo”, oppure il fatto che Sandro Pertini salva dalla fucilazione, come anni prima aveva annunciato di voler fare, proprio uno dei suoi carcerieri più accaniti.
Ridare il ruolo che merita nell’educazione e nella formazione alla storia, in particolare alla storia della nostra repubblica e della nostra costituzione.
Prof. Caretti: Il caso del consigliere comunale di Massa non sorprende. Da qualche anno i blog insistono con le più fantasiose accuse contro Pertini che ai tempi del MSI era al contrario apprezzato per il suo ruolo, già come Presidente della Camera, al di sopra delle parti. Ora emerge la vecchia divisione tra chi ha avuto in famiglia parenti che hanno fatto la Resistenza e chi aderì alla Repubblica di Salò. Una memoria che non potrà mai essere condivisa. La reazione indignata dei 129.000 followers della pagina Facebook “Sandro Pertini”, tra cui molti giovani, mi pare confortante.
Infine, quanto c’è dell’Italia sognata e costruita da Pertini nell’Italia di oggi?
On. Spini: Potremmo rispondere che ne siamo molto lontani. Ma dobbiamo subito dopo constatare ed aggiungere che se c’è oggi ancora un’Italia lo dobbiamo a persone come lui.
Prof. Caretti: A Pertini e alla sua generazione dobbiamo il ritorno alla libertà e una Costituzione democratica. Come afferma Pertini nell’ultima scena del film: “forse non abbiamo realizzato l’Italia che sognavamo, ma ce l’abbiamo messa tutta, per Dio se ce l’abbiamo messa tutta!”.
Il forte messaggio, il messaggio senza tempo, della lotta di Pertini per la libertà, è ciò che forse più lo caratterizza come figura di primo piano della storia della politica italiana, come Presidente, come uomo. Questo il senso del film “Il giovane Pertini”, questo il senso del ritratto offerto da chi lo ha conosciuto o di chi ha imparato a conoscerlo studiandone la storia e ripercorrendone la vita.
Quest’anno è il trentesimo senza Sandro Pertini, ma gli ideali per cui ha lottato e l’Italia che si è impegnato a costruire sono più che mai vivi negli occhi di chi guardava rapito, la sera del 21 gennaio, lo schermo di un cinema a Palermo.
Alessia Girgenti