Daphne Caruana Galizia: il primo ministro Muscat fissa i termini delle sue dimissioni a metà gennaio prossimo, mentre la delegazione UE inviata da Bruxelles a Malta si dice preoccupata per le condizioni dello stato di diritto sull’isola.
Il ciclone che ha travolto larga parte dell’esecutivo maltese a quasi due anni e due mesi dall’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia non accenna ad esaurirsi. È di qualche giorno fa la notizia che vede fissati i termini per l’interruzione dell’esperienza al governo maltese del primo ministro Joseph Muscat per il 18 gennaio data che, secondo il premier, darebbe il tempo al partito laburista di scegliere un nuovo leader. In realtà si tratta di un vero passo indietro dato che, alla fine di novembre, Muscat non sembrava intenzionato a lasciare la guida del governo dell’isola prima della conclusione delle indagini sull’omicidio della giornalista cinquantatreenne.
Ma chi vuole così ardentemente le dimissioni immediate del premier ? Larga parte dell’opinione pubblica, uno schieramento interno al partito laburista con alla testa Miriam Dalli e, ovviamente, la famiglia Caruana Galizia che ha anche presentato un esposto proprio contro il premier per violazione della Costituzione. In ogni caso il potere di Muscat è ancora forte all’interno della compagine laburista tanto da aver incassato il sostegno unanime del partito fino alla fine della sua esperienza di governo.
C’è da considerare che gli attriti fra l’attuale primo ministro e la giornalista cominciarono nel 2013 quando durante le elezioni di quell’anno Caruana Galizia ruppe il silenzio politico postando un video satirico proprio riguardo Muscat. Ancora, poco prima di essere uccisa il 16 ottobre di due anni fa, Caruana Galizia aveva denunciato le intenzioni del premier di vendere la cittadinanza maltese, e quindi europea, per la cifra di un milione di euro a persone facoltose . Nel 2017 invece era stata la moglie di Muscat a finire nel mirino della giornalista d’inchiesta nell’ambito dei Panama Papers, ovvero informazioni su società offshore registrate a Panama che permettono ai loro proprietari di mettere al riparo i propri profitti da tasse troppo elevate e controlli efficienti.
È proprio in questo ambito che vanno inquadrati gli arresti e le dimissioni di diversi membri del governo maltese. Keith Schembri, ex capo di gabinetto di Muscat arrestato il 27 novembre dopo essersi dimesso, Konrad Mozzi, ex ministro del turismo e Chris Cadorna ex ministro delle finanze autosospesosi anche loro sono tutte persone legate alle indagini della giornalista uccisa.
Gli arresti più recenti sono quelli di Vincent Muscat e i fratelli George e Vince Degiorgio, considerati gli esecutori materiali dell’assassinio per mezzo di una bomba contenente quattrocento grammi di tritolo sistemata nell’auto della giornalista. Questi nomi sono stati resi noti agli investigatori da Melvin Theuma, ovvero l’intermediario, anch’egli agli arresti, fra l’imprenditore Yorgen Fenech e i tre sicari ai quali avrebbe consegnato 150mila euro. Fenech invece è ufficialmente considerato il mandante dell’omicidio, anche alla luce di suoi sospetti collegamenti con la mafia, che avrebbe fornito proprio i materiali per la costruzione della bomba. Ad ogni modo Fenech si dichiara innocente e punta il dito contro Keith Schembri a sua detta reale mandante dell’omicidio e si è anche reso disponibile a fornire informazioni in merito all’ex capo di gabinetto di Muscat previa concessione della grazia che, tuttavia, gli è stata rifiutata. Non a caso anche il nome di Fenech si lega alle indagini di Daphne Caruana Galizia sul possesso di fondi fiduciari e società a Panama tramite i quali l’imprenditore faceva pressioni per l’assegnazione di appalti a Malta.
Come se tutto questo non bastasse anche l’Unione Europea aumenta la pressione sul governo dell’isola. Il 2 dicembre è arrivata sul suolo maltese una delegazione del parlamento europeo per esaminare lo stato di diritto nel paese e l’indipendenza della magistratura da influenze politiche. L’esame della delegazione si è concluso giorno 5 dicembre con un inasprimento delle preoccupazioni dei membri in merito alla mancanza di indagini sui membri di governo arrestati o dimissionari e alla gestione della crisi da parte di Muscat.
A questo punto però ci si trova costretti a porsi qualche domanda. Perché l’Unione Europea si è svegliata soltanto adesso riguardo a questa vicenda? Perché i parlamentari si sono resi conto soltanto adesso della veridicità delle indagini perpetuate da Caruana Galizia sulla corruzione dilagante nella classe dirigente del proprio Paese? E in maniera così incisiva tanto da dubitare sull’operato del primo ministro e premere per l’apertura di indagini a scapito dei vertici del governo?
E se qualcuno, soprattutto in Italia, si è posto domande di questo tipo allora vuol dire che la memoria corre ancora veloce. E ci si ricorda delle parole di un certo magistrato che diceva che in Italia bisogna morire per diventare credibili. Non solo nel nostro paese, pare. Da questo punto in poi il parallelo tra le due storie si costruisce saldamente, attraverso le profondità delle indagini, l’area criminale nella quale i personaggi di queste indagini si muovono, fino alle modalità dell’esecuzione. Poco importa se Daphne Caruana Galizia era una giornalista d’inchiesta straniera, la sua storia ma di più, tristemente, la sua fine, non può che riaprire vecchie ferite e ci costringe, ancora una volta, a ripensare noi stessi e il nostro modo di agire in un mondo che continua ad aver bisogno di martiri.