Scenario Siria: abbattuto aereo militare russo in territorio siriano nella notte di martedì 18 settembre. Operazione “fuoco amico” o strumento di copertura dei caccia israeliani? L’intervista a Matteo Bressan a cura di Giulia Guastella
Matteo Bressan è Emerging Challenges Analyst per il NATO Defense College Foundation e si occupa di Medio Oriente e sicurezza per la rubrica Gli occhi della guerra sul Giornale.it. È stato coordinatore didattico e docente del corso sul terrorismo svoltosi lo scorso novembre (2016) presso la SIOI di Roma. È curatore insieme ad Alessandro Politi, Domitilla Savignoni e Stefano Felician Beccari di Eurasia e jihadismo – Guerre ibride sulla Nuova Via della Seta (Carocci 2016). È autore insieme a Laura Tangherlini di Libano nel baratro della crisi siriana (2014), premiato dalla sezione Unuci di Lucca con il Premio Cerruglio 2015 per la sezione saggistica, e di Hezbollah Tra integrazione politica e lotta armata (2013). Ha collaborato con Rivista Militare (periodico dell’esercito italiano) e Informazioni della Difesa (l’organo pubblicistico dello Stato Maggiore della Difesa). Ha conseguito nel 2007 il master in Studi Internazionali strategico-militari presso il Centro Alti Studi per la Difesa (Casd).
Buonasera Dott. Bressan,
Siamo stati resi edotti di una notizia che da martedì scorso ha accresciuto il nostro livello di attenzione suscitando anche alcune preoccupazioni. Le nostre principali osservazioni, in qualità di ricercatori per l’Istituto Mediterraneo Studi Internazionali e di studenti di Relazioni Internazionali, non sono soltanto circa le conseguenze palesemente disastrose che tale avvenimento ha prodotto sul territorio, ma anche, e soprattutto, sugli effetti che potrebbe aver innescato sulle dinamiche geopolitiche consequenziali ad esso.
Lei è docente di Relazioni Internazionali presso la LUMSA, coordinatore didattico e docente del corso sul terrorismo della SIOI ed analista del NATO Defence College Foundation. Abbiamo dunque pensato di tornare a rivolgerle alcune domande, anche questa volta avendo sullo sfondo lo scenario mediorientale.
Giulia: Torniamo a parlare di Siria. Risale allo scorso martedì, 18 settembre, la notizia dell’abbattimento di un aereo da trasporto russo in territorio siriano, con a bordo 15 militari rimasti brutalmente uccisi. Possiamo sposare la tesi secondo la quale sia stato frutto di un “errore” o, meglio, di uno uso maldestro di un velivolo della Forza aerospaziale russa – un quadrimotore turboelica ad ala bassa Ilyushin-20 M – da parte dei militari israeliani, che l’hanno usato come scudo per difendersi dall’arma contrerea siriana? Il premier Benjamin Netanyahu ha espresso forte dolore a nome dello Stato d’Israele per quanto avvenuto. Ma cos’è successo esattamente?
Matteo Bressan: In questi giorni abbiamo assistito a varie ricostruzioni, circa le dinamiche che hanno indotto all’errore i sistemi di difesa anti – aerea siriana e quindi a determinare un classico esempio di “fuoco amico”. Possiamo dire che abbiamo assistito alla più grave crisi tra Russia ed Israele da quando Mosca ha dispiegato il suo contingente in Siria nel settembre del 2015. Fino ad oggi, vi erano state comunicazioni tra Russia e Israele per evitare incidenti nello spazio aereo. Quanto accaduto la scorsa settimana potrebbe cambiare le regole del gioco nel campo di battaglia siriano.
Lorenzo: Crede che l’attacco israeliano, ufficialmente limitato alle basi iraniane in Siria, possa avere anche dirette conseguenze sull’offensiva siriana su Idlib?
Matteo Bressan: Non ci sono elementi per mettere in relazione i due avvenimenti.
Salvo: In quale misura questo episodio potrebbe essere paragonato a quello dell’abbattimento di un altro aereo russo, avvenuto nel novembre del 2015?
Matteo Bressan: I due episodi sono molto differenti. Nel 2015 ci fu una chiara volontà da parte della Turchia di abbattere il caccia Sukhoi – 24 che aveva violato per una frazione di secondi lo spazio aero turco. In questo caso invece vi è stato un errore, provocato secondo la ricostruzione di Mosca, dai caccia israeliani. Non credo tuttavia che Mosca, al di là delle proteste e delle accuse ad Israele di questi giorni, voglia intraprendere un cambio di strategia nei confronti di Israele. Penso, invece, che Mosca potrebbe approfittare di questo incidente per rafforzare le sue capacità di controllo aereo nel Mediterraneo orientale.
Giulia: Crede che il vertice di Sochi si rivelerà coerente con la volontà russa di non compromettere l’alleanza con la Turchia nel territorio siriano visto che entrambe, Russia e Turchia, sono partner nella strategia di contenimento curda in Siria?
Matteo Bressan: Ad oggi il vertice di Sochi ha di fatto raggiunto un primo obiettivo: Russia e Turchia hanno congelato la possibile escalation militare nella provincia di Idlib. Il fatto che le due potenze sembrano essersi accordate per contrastare le formazioni terroristiche di Hayat Tahrir al – Sham HTS9 ed abbiano stabilito di effettuare dei pattugliamenti congiunti, è un segnale importante che conferma quanto i due paesi vogliano trovare una soluzione “bilaterale” per quanto riguarda il futuro di Idlib.
Salvo: Quali potrebbero essere le imminenti condizioni della fine delle ostilità in Siria dopo l’intervento diplomatico di Russia e Turchia? E quali sarebbero, soprattutto, le prerogative internazionali alla fine della guerra in Siria, se una fine è prevista?
Matteo Bressan: Ritengo che gli esiti dell’accordo di Sochi saranno valutabili verso la metà del mese di ottobre, quando appunto si dovrà capire se l’area demilitarizzata di 20 chilometri, che dovrà dividere le forze ribelli da quelle governative e dei russi, dovrebbe entrare in vigore. È presto per parlare di assetti definitivi in Siria in questo momento. L’assetto del Nord della Siria e, in particolare, il Nord Est, resta un rebus molto complesso in cui si stanno confrontando Russia, Turchia, Stati Uniti, Iran, Damasco e milizie curde dell’YPG. Già da tempo sia le autorità di Damasco che l’Iran contestano la presenza americana nel Nord Est della Siria, ritenendola non più giustificata, ora che le forze dell’ISIS sono residue.
Giulia: In definitiva, ad un anno dalla pubblicazione di “Siria, il perché di una guerra”, cosa sente di dirci sul conflitto siriano? Sappiamo che le implicazioni sono notevoli e molteplici, che non riguardano solo alcuni paesi come la Russia e la Turchia. Ci sono state delle evoluzioni in relazione agli obiettivi strategici dal 2011?
Matteo Bressan: Il mondo e la Siria del 2011 sono totalmente differenti da quello a cui stiamo assistendo in queste settimane. In questi otto anni il conflitto si è evoluto e sarebbe fuorviante continuare ad analizzare quello che sta accadendo con le stesse lenti interpretative del marzo del 2011. Dalla protesta interna, alla rivolta armata, fino allo scontro di milizie jihadiste e all’ascesa dello Stato Islamico, il conflitto è oggi molto diverso. Siamo di fronte ad una nuova fase, in cui alla rivolta interna si è andato a sostituire un confronto militare e diplomatico per ridefinire l’equilibrio di potenza nella regione e il rafforzamento della Russia nel Mediterraneo Orientale.
Giulia: È sempre un piacere ricevere il suo parere su queste tematiche, in quanto esperto. IMESI la ringrazia del suo prezioso contributo e si augura di tornare a consultarla presto sulle questioni che attraversano gli scenari del caldo Medioriente e non solo.