Alla luce dell’annosa questione del sovraffollamento delle carceri italiane, con il decreto legge n.92 del 28.06.2014 e la successiva legge n.47 del 16.04.2015 è stata rivoluzionata la finalità della misura di custodia cautelare per far fronte al problema ed evitare sanzioni da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. A partire dal mese di Ottobre 2018, con l’ausilio del braccialetto elettronico verranno scarcerati mille detenuti al mese, per un totale di circa ventimila.
Il suo uso non è sconosciuto al panorama giuridico italiano, già previsto dall’art 275 bis comma 1 del Codice di Procedura penale che dispone quanto segue: “Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione alla custodia cautelare in carcere, il giudice, salvo che lo ritenga non necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione dei mezzi e strumenti anzidetti” (1)
Lo scopo del Legislatore è quello di applicare alla giustizia penale le nuove tecnologie, secondo programmi di “Front door” o “Back door” per rimodulare le misure alternative della pena e fornire delle risposte alle crescenti domande di sicurezza. (2)
Generalmente la misura è rivolta ad un soggetto che si trova nella condizione di scontare gli arresti domiciliari come misura cautelare personale a carattere interdittivo, come approntato dal Codice di procedura penale all’art 284 di cui il comma 1 dispone quanto segue.” Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza ovvero, ove istituita, da una casa famiglia protetta” (3)
L’uso del braccialetto ha cominciato a godere di discreta fama a partire dal 2013 quando venne utilizzato per coloro i quali venivano accusati di stalking, come previsto dall’art. 612 bis Codice del penale che dispone quanto segue: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punibile con la reclusione da sei mesi a cinque anni, chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.” (4) Nella fattispecie la legge prevede l’applicazione del braccialetto non solo al molestatore ma anche alla parte lesa, così da poter verificare che il primo si trovi ad una distanza tale da non violare la libertà della vittima e, nell’eventualità, rilevare se si stia avvicinando alla stessa.
La misura cautelare del braccialetto elettronico non si applica in maniera indiscriminata ma è rivolta a soggetti in capo ai quali pende una pena che non superi i tre anni di reclusione; questo permetterà di “alleggerire” la composizione numerica delle case circondariali (ed evitare al personale di polizia di impiegare risorse umane per sorvegliare i detenuti).
Questo tipo di pratica è equiparata, quanto agli effetti, alla pena carceraria, da vedersi invece come misura cautelare personale custodiale e coercitiva, che impone la limitazione della libertà dell’individuo, relativamente ai locali dell’istituto penitenziario, al fine di garantire l’effettivo percorso di recupero della persona.
Il braccialetto viene applicato alla caviglia del soggetto e grazie all’ausilio di un’unità di sorveglianza posta nella sua abitazione e collegata alla centrale operativa delle forze dell’ordine in modo da riceverne il segnale. Se il soggetto dovesse allontanarsi dalla sua abitazione o danneggiare l’apparato, il contatto fra i due strumenti, braccialetto e unità di sorveglianza viene meno, dunque scatta il segnale alle forze dell’ordine che, mettendosi in contatto con il soggetto, possono chiedere spiegazioni in merito all’assenza di collegamento. Qualora si dovesse verificare una manomissione o il soggetto non dovesse rispondere ai richiami, una pattuglia avrà il dovere di andare a controllare presso il domicilio del reo. (5)
La Corte Europea per i diritti dell’uomo ha a più riprese condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti contestualizzati all’ambiente penitenziario e per far fronte a tale situazione sono necessari interventi che possono essere di natura strutturale oppure il ricorso a misure alternative alla detenzione. Il caso ha assunto sembianze ancor più astruse a seguito della sentenza Torregiani in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che stabilisce quanto segue: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti” (6)
La pronuncia della Corte di Strasburgo ha messo in evidenza le difficoltà del sistema penitenziario italiano e ha risposto a quello che potremmo definire un problema strutturale che ricade sul funzionamento dello stesso. Difficoltà che, una volta di più, sono emerse nel caso delle carceri di Piacenza e Busto Arsizio denunciati per lunghi periodi di assenza di acqua calda e ventilazione nelle celle e le stesse troppo piccole (tre metri quadrati per ogni individuo). Il reo dunque, non deve trovarsi nelle condizioni di perdere il godimento dei diritti sanciti nella CEDU, anzi ove richiesto, è possibile ricorrere all’ausilio di strumenti che supportino la sua condizione e non lo inducano a ricadere in situazioni di sconforto o isolamento. (7)
Il sovraffollamento carcerario in Italia non riguarda solo i due istituti penitenziari sopra menzionati bensì, con lievi differenze, anche quelle di altre regioni, complessivamente si registra un “surplus” di 4000 detenuti a fronte di una possibilità carceraria di 49.545 posti. (8)
Dunque, l’annosa questione è rimessa nelle mani del giudice che può decidere se applicare una misura cautelare per pene che non prevedano una reclusione superiore ai tre anni oppure, come extrema ratio, il carcere, disposto quando le misure coercitive risultino inadeguate e il giudice si trovi a decidere in merito a reati di grave entità.
Maria Martina Bonaffini
(1) C.P.P.
(2)www.diritto.it/braccialetto-elettronico-un-alieno-nel-nostro-ordinamento/
(3) C.P.P.
(4) C.P.
(5) www.diritto.it/braccialetto-elettronico-un-alieno-nel-nostro-ordinamento
(6) CEDU
(7)www.giurisprudenzapenale.com/2013/04/01/torreggiani-strasburgo-condanna-italia/
(8)www.studiocataldi.it/articoli/21660-sovraffollamento-carceri-la-drammatica-situazione-italiana.asp