Intervista a Matteo Bressan
Il punto su “Siria, il perchè di una guerra”, a cura di Matteo Bressan e Domitilla Savignoni, Salerno Editrice Roma, 2017
Il 16 Novembre usciva “Siria, il perchè di una guerra” edito da Salerno Editori ed a cura di Matteo Bressan, che ne è coautore insieme con Domitilla Savignoni, giornalista e conduttrice televisiva per Mediaset. Bressan, invece, è analista presso la NATO Defence College Foundation e contestualmente insegna analisi di contrasto al terrorismo presso la SIOI di Roma. Da circa un mese è impegnato nella presentazione del suo saggio in alcune città italiane, tra cui Terni e Roma. Siamo andati a intervistarlo per saperne qualcosa in più.
Buonasera Dott. Bressan, è un piacere incontrarla. In questi giorni la stiamo seguendo un po’ dappertutto, sia sui social che last but not least a Roma dove con la Dott.ssa Savignoni avete aperto al centro congressi “La Nuvola”, in occasione della Fiera del Libro di Roma.
Il piacere è mio. Esattamente, abbiamo trascorso un bel pomeriggio in compagnia del Senatore Nicola Latorre e del Professore Lucio Caracciolo.
Bene. Non voglio toglierle troppo tempo, dunque le farò delle brevi domande, sperando di toccare i punti nevralgici della vostra analisi. “Siria”. Perché proprio la Siria?
È un conflitto che nonostante sia in corso da ormai quasi sette anni, divide ancora molto l’opinione pubblica, non è stato pienamente compreso e soprattutto ridisegnerà gli equilibri del Medio Oriente.
Il termine “conflitto” mi fa pensare ad Aleppo. Che importanza ha oggi la battaglia di Aleppo?
Aleppo è un episodio, nonostante i numerosi video e testimonianze non ha prodotto la reazione che invece a Sarajevo.
La Siria non è solo un campo di battaglia militare, è anche e soprattutto un campo di battaglia mediatico, da sempre. Sullo stesso avvenimento sono pervenute infatti ricostruzioni spesso in contrasto tra loro.
Quando si sente dire “una parte di Aleppo è stata liberata”, ciò non significa che il regime di Assad venga riabilitato ma ci sono evidenti difficoltà interpretative, proprio per le difficoltà di reperire notizie certe dal campo di battaglia.
Quando parla di video e testimonianze mi fa pensare ad un paragrafo del suo libro, dove lei e la Dott.ssa parlate di una “social media war”. Di che si tratta?
Beh perchè tendenzialmente è così, oggi l’informazione in Siria è gestita dai social media. Canali come Twitter, YouTube e LiveLeak sono diventati fondamentali per diffondere messaggi alla Nazione, anche video e foto considerate utili alla propaganda. Lo stesso Assad li ha usati spesso.
A proposito di Assad, che ruolo occorrerebbe dargli oggi?
Assad deve la sua sopravvivenza ad Hezbollah e alla Russia, e all’Iran. Il suo futuro dipende molto probabilmente da chi lo ha sostenuto in questi anni.
Hezbollah è un vero rischio per Israele?
Hezbollah si è rinforzata in questi anni, ma ha anche avuto numerose perdite in Siria. Inoltre Israele ha condotto una guerra parallela in Siria per evitare il trasferimento di armi in Siria agli Hezbollah e l’installazione di strutture militari a ridosso del confine del Golan. Credo che gli stessi Hezbollah siano consapevoli che aprire un fronte di guerra con Israele significherebbe esporsi a delle conseguenze durissime.
Di questi tempi stiamo vivendo senz’altro un periodo storico molto particolare. Cosa significa l’annuncio di Putin di ritirarsi dalla Siria?
Il fatto che Putin abbia annunciato di volersi ritirare dalla Siria non significa automaticamente che abbandonerà il paese a sé stesso. Già nel marzo 2016 aveva fatto un annuncio di questo tipo; Putin sa che c’è una fetta dell’opinione pubblica russa che ha paura di rivivere un nuovo Afghanistan.
Bisogna ora capire se la vittoria di Putin da militare si possa trasformare anche in diplomatica. Se Mosca riuscisse a riportare in seno all’Onu e quindi al processo di pace di Ginevra, quanto già ottenuto tramite il tavolo di Astana con Iran e Turchia si potrebbero creare le condizioni per un coinvolgimento di altri paesi ancora assenti da questo processo: Stati Uniti e Arabia Saudita. Va detto infine che questo annunciato ritiro potrebbe, indirettamente, metter pressione allo stesso Assad.
Capisco. Le faccio un’ultima domanda. Cosa è rimasto della Siria? Sarà sempre la Siria del 2011 o una nuova Siria?
Quello che emerge oggi, è una divisione della Siria in aree d’influenza, tra nord e sud, est e ovest della regione. Lo stesso ISIS, sebbene sconfitto nelle sue roccaforti di Raqqa e Deir al Zur, è ancora presente nei pressi di Idlib e si sta scontrando con le restanti milizie qaediste. Possiamo dire che come con gli accordi tra Francia e Gran Bretagna decisero la divisione del Medio Oriente, con gli accordi di Sykes – Picot così oggi, assistiamo ad una ridefinizione degli equilibri dell’area, per mano di potenze regionali e internazionali.
La ringrazio Dottore, è stato molto chiaro ed esauriente. Le auguro buon lavoro a nome di tutto il centro I.ME.S.I., sperando di poterla incontrare anche a Palermo, qualora si dovesse trovare in Sicilia.
Senz’altro! Gli impegni mi trattengono a Roma al momento, ma Palermo è una splendida città. Intanto faccio un grande in bocca al lupo a voi giovani, che possiate trovare la vostra strada in questo irto ma interessantissimo campo delle Relazioni Internazionali.
Giulia Guastella