#Specialeelezioni
La sfida elettorale e il dopo voto in Grecia
In queste ultime settimane i media nostrani e
internazionali stanno trattando la questione delle elezioni in Grecia, se non
in modo drammatico-catastrofista, molto spesso con toni scandalistici da tabloid
britannico. Cerchiamo
allora di mettere in chiaro le dinamiche elettorali del voto greco e le opzioni
politiche sottese. I principali
partiti che il 29 Gennaio si contenderanno il primato del voto popolare sono
notoriamente SYRIZA e Nea Democratia. Gli ultimi sondaggi (Gpo, e Università
della Macedonia per Skai) danno un vantaggio di circa 4-5 punti percentuali a
SYRIZA, stimata attorno al 31%, rispetto a Nea Democratia che si ferma intorno
al 26%. Gli altri partiti minori veleggiano su percentuali decisamente
inferiori, 6% il populista To Potami e
il neonazista Alba Dorata, 5% KKE (marxisti) e PASOK, la destra anti-austerità
dei Greci Indipendenti in discesa intorno al 3%. Ma facciamo
un passo indietro e diamo uno sguardo al sistema elettorale ellenico. Il sistema
elettorale greco è in sostanza un sistema di tipo proporzionale, con
aggiustamenti in senso maggioritario, in particolare la soglia di sbarramento
al 3% per i partiti (calcolata a livello nazionale) e il premio di maggioranza
(50 seggi) al partito che a livello nazionale ottiene il maggior numero di
voti. Premio che
garantisce la maggioranza assoluta dei seggi della “Boulé”, unica camera del
parlamento composta da 300 deputati, nel caso in cui la lista vincente ottenga
almeno il 40,5% dei voti. Ad essere
precisi dato il meccanismo di ripartizione dei seggi elettorali, qualora la
percentuale dei partiti, che non superano la soglia di sbarramento raggiunga il
15% (essendo esclusi dai 250 seggi assegnati col proporzionale), si potrebbe
ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento con solo il 34,5% dei suffragi.
Come si fa presto a notare le
possibilità di un governo monocolore sono piuttosto esigue, le alleanze
post-elettorali sembrano essere una strada obbligata. Stando ai
sondaggi probabilmente toccherà ad Alexis Tsipras, leader della coalizione
della sinistra radicale, condurre le trattative per cercare tra le forze
parlamentari un accordo possibile per la formazione di un Governo. Nea
Democratia e Alba Dorata, l’una per la confermata subalternità alla Troika,
l’altra per l’ispirazione neo-nazista, non possono considerarsi interlocutori
possibili. Lo stesso KKE, seppur di matrice ideologica più vicina, non sembra,
per le sue posizioni di radicale critica al progetto europeo e alla moneta
comune, disponibile ad accordi di governo. Un tentativo, sulla base di parole
d’ordine anti-casta e un ammorbidimento della linea anti-memorandum, potrebbe
essere fatto dunque con To Potami, il partito populista ma fortemente europeista
fondato nel 2014 da Stauros Theodōrakīs, un giornalista televisivo. La ormai
poco probabile vittoria di Nea Democratia , con la riproposizione dell’alleanza
col PASOK di questi ultimi anni, invece, garantirebbe alla Grecia un accordo di
governo meno estemporaneo e più collaudato, iscritto in una cornice di armonica
convivenza con BCE, Commissione e FMI. Ma lo
scenario che realmente rischia di isterizzare i mercati (la borsa di Atene è
costantemente al ribasso da un paio di settimane, sebbene ieri abbia rimbalzato
fortemente dopo il sì della BCE al Quantitative Easing di Draghi), è, più che
l’ipotesi per me remota, ma su cui torneremo, del famigerato “Grexit”, il
possibile stallo politico sulla falsa riga di quanto accaduto nel 2012. Se nessuna
forza politica riuscisse a formare un Governo, si verificherebbe una situazione
di ingorgo istituzionale, per cui il Parlamento appena insediato dovrà eleggere
il Presidente della Repubblica che indirà nuove elezioni, prolungando la fase
di tensioni interne e incertezza che preoccupa risparmiatori, creditori e
investitori esteri.
internazionali stanno trattando la questione delle elezioni in Grecia, se non
in modo drammatico-catastrofista, molto spesso con toni scandalistici da tabloid
britannico. Cerchiamo
allora di mettere in chiaro le dinamiche elettorali del voto greco e le opzioni
politiche sottese. I principali
partiti che il 29 Gennaio si contenderanno il primato del voto popolare sono
notoriamente SYRIZA e Nea Democratia. Gli ultimi sondaggi (Gpo, e Università
della Macedonia per Skai) danno un vantaggio di circa 4-5 punti percentuali a
SYRIZA, stimata attorno al 31%, rispetto a Nea Democratia che si ferma intorno
al 26%. Gli altri partiti minori veleggiano su percentuali decisamente
inferiori, 6% il populista To Potami e
il neonazista Alba Dorata, 5% KKE (marxisti) e PASOK, la destra anti-austerità
dei Greci Indipendenti in discesa intorno al 3%. Ma facciamo
un passo indietro e diamo uno sguardo al sistema elettorale ellenico. Il sistema
elettorale greco è in sostanza un sistema di tipo proporzionale, con
aggiustamenti in senso maggioritario, in particolare la soglia di sbarramento
al 3% per i partiti (calcolata a livello nazionale) e il premio di maggioranza
(50 seggi) al partito che a livello nazionale ottiene il maggior numero di
voti. Premio che
garantisce la maggioranza assoluta dei seggi della “Boulé”, unica camera del
parlamento composta da 300 deputati, nel caso in cui la lista vincente ottenga
almeno il 40,5% dei voti. Ad essere
precisi dato il meccanismo di ripartizione dei seggi elettorali, qualora la
percentuale dei partiti, che non superano la soglia di sbarramento raggiunga il
15% (essendo esclusi dai 250 seggi assegnati col proporzionale), si potrebbe
ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento con solo il 34,5% dei suffragi.
Come si fa presto a notare le
possibilità di un governo monocolore sono piuttosto esigue, le alleanze
post-elettorali sembrano essere una strada obbligata. Stando ai
sondaggi probabilmente toccherà ad Alexis Tsipras, leader della coalizione
della sinistra radicale, condurre le trattative per cercare tra le forze
parlamentari un accordo possibile per la formazione di un Governo. Nea
Democratia e Alba Dorata, l’una per la confermata subalternità alla Troika,
l’altra per l’ispirazione neo-nazista, non possono considerarsi interlocutori
possibili. Lo stesso KKE, seppur di matrice ideologica più vicina, non sembra,
per le sue posizioni di radicale critica al progetto europeo e alla moneta
comune, disponibile ad accordi di governo. Un tentativo, sulla base di parole
d’ordine anti-casta e un ammorbidimento della linea anti-memorandum, potrebbe
essere fatto dunque con To Potami, il partito populista ma fortemente europeista
fondato nel 2014 da Stauros Theodōrakīs, un giornalista televisivo. La ormai
poco probabile vittoria di Nea Democratia , con la riproposizione dell’alleanza
col PASOK di questi ultimi anni, invece, garantirebbe alla Grecia un accordo di
governo meno estemporaneo e più collaudato, iscritto in una cornice di armonica
convivenza con BCE, Commissione e FMI. Ma lo
scenario che realmente rischia di isterizzare i mercati (la borsa di Atene è
costantemente al ribasso da un paio di settimane, sebbene ieri abbia rimbalzato
fortemente dopo il sì della BCE al Quantitative Easing di Draghi), è, più che
l’ipotesi per me remota, ma su cui torneremo, del famigerato “Grexit”, il
possibile stallo politico sulla falsa riga di quanto accaduto nel 2012. Se nessuna
forza politica riuscisse a formare un Governo, si verificherebbe una situazione
di ingorgo istituzionale, per cui il Parlamento appena insediato dovrà eleggere
il Presidente della Repubblica che indirà nuove elezioni, prolungando la fase
di tensioni interne e incertezza che preoccupa risparmiatori, creditori e
investitori esteri.
È indubbio
dunque, che il 25 Gennaio non sarà altro che il fischio d’inizio della partita
greca (e chissà europea..), che si giocherà, tutta, all’indomani del voto.
Luca Scaglione
dunque, che il 25 Gennaio non sarà altro che il fischio d’inizio della partita
greca (e chissà europea..), che si giocherà, tutta, all’indomani del voto.
Luca Scaglione