LA PAROLA ALL’ESPERTO
La rubrica mensile di IMESI che riporta la voce degli esperti sulle maggiori tematiche di politica internazionale
Quale Unione europea?
a cura di
Rosario Fiore docente di diritto internazionale Università degli Studi di Palermo
Questa
Europa così com’è non è certamente quella tratteggiata, sognata, invocata da
Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi nel famoso Manifesto di Ventotene. Che
cos’è oggi l’Unione Europea? Una via di mezzo, un ibrido tra una confederazione
di Stati e uno Stato federale, una organizzazione internazionale sui generis
che, proprio perché ne’ carne ne’ pesce, rischia di essere un niente. Spesso
molti dicono che all’unione economica e monetaria non sia corrisposta una
incisiva unione politica. Verissimo! Le istituzioni europee, ad eccezione del
Parlamento, non sono organi a rappresentanza politica diretta degli interessi
dei cittadini. Il Consiglio dell’ Unione, che condivide, in posizione dominante
con il Parlamento Europeo, la funzione legislativa e di bilancio, è un organo a
composizione ministeriale, che raggruppa i ministri dei Paesi membri in ragione
delle materie da trattare. Il che implica che in quella sede le decisioni
politiche, che sono le più importanti per l’ UE, non vengono assunte in ragione
dell’interesse generale, ma vengono mediate tra i contrapposti interessi
particolari dei singoli Stati, soprattutto di quelli più forti, come la
Germania. Già, la Germania con le sue aspirazioni pangermanistiche, con la intramontabile
idea della Grande Germania, di una Europa a guida tedesca. Passano i secoli, ma
cambia poco nella politica estera tedesca, nel loro tentativo di inglobare il
resto del vecchio continente, nel fare risorgere, in una sorta di renovatio
imperii, il glorioso Sacro Romano Impero. In questa ottica, tutti gli Stati
europei dovrebbero limitarsi a svolgere esclusivamente il ruolo di vassalli
dell’impero tedesco, come accadde a partire da Carlo Magno fino ad arrivare
all’ultimo imperatore tedesco Guglielmo II di Hohenzollern ed oggi con Angela
Merkel. La vittoria di Tsipras in Grecia deve fare riflettere molto: non vince
la sinistra estrema in quanto tale, ma vince l’idea del fallimento dell’Unione
Europea, di una moneta unica che somiglia più ad un vecchio franco tedesco. Ha
vinto la ribellione contro il pangermanesimo in salsa merkeliana, ha vinto
l’idea di una Europa solidale contro l’idea di una Europa dal rigorismo
asfissiante, che se da un lato tiene a posto i conti, dall’altro frena lo
sviluppo e la crescita, a danno soprattutto delle classi più povere. Ecco
allora che queste spinte antieuropeiste, in Italia sostenute dalla Lega e dal
M5S e non dalla sinistra radicale di Vendola e compagni, rischiano di diffondersi
sempre più in maniera incisiva, fino all’estrema conseguenza di una Unione
Europea sempre più debole e sempre più lontana dai popoli. Cosa serve? Se
Unione deve essere, allora bisogna che sia una unione politica, il che
significa che ciascuno stato deve rinunciare non ad una parte della propria
sovranità, ma alla propria totale sovranità e dare vita ad un nuovo foedus,
cioè ad un nuovo patto federativo tra tutti gli Stati che, in tal modo cessano
di essere tali e diventano macro regioni all’interno degli Stati Uniti d’
Europa: unica politica estera, unica politica di difesa e sicurezza, unica
politica monetaria, in altre parole serve passare dall’ Unione Europea all’
Europa Unita. Solo in questo modo, quando non esisteranno più la nazione
italiana, la nazione francese, la nazione tedesca e così via, ma esisterà un
unico grande Stato federale, con un Parlamento federale unico detentore della
funzione legislativa, senza più la presenza di organismi di mediazione degli
interessi nazionalistici, tra cui anche la stessa Commissione Europea, allora
avremo compiutamente realizzato il sogno di Ventotene, saremo finalmente
cittadini europei. Certamente, il Trattato di Lisbona ha compiuto dei passi in
avanti in questa direzione, anche se la mancata approvazione della prima vera
Costituzione europea, fa si che ancora una volta il compromesso al ribasso, che
ha mantenuto in piedi il costrutto bicefalo tra rappresentatività popolare e
rappresentanza statale, ha finito con l’ accentuare le condizioni politiche per
il proliferare delle spinte antieuropeiste. Troppo poco e troppo al ribasso il
compromesso di Lisbona: serve di più, serve più coraggio, serve rinunciare
all’idea di sovranità nazionale in favore della piena sovranità europea, al
netto del pangermanesimo ovviamente.
Europa così com’è non è certamente quella tratteggiata, sognata, invocata da
Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi nel famoso Manifesto di Ventotene. Che
cos’è oggi l’Unione Europea? Una via di mezzo, un ibrido tra una confederazione
di Stati e uno Stato federale, una organizzazione internazionale sui generis
che, proprio perché ne’ carne ne’ pesce, rischia di essere un niente. Spesso
molti dicono che all’unione economica e monetaria non sia corrisposta una
incisiva unione politica. Verissimo! Le istituzioni europee, ad eccezione del
Parlamento, non sono organi a rappresentanza politica diretta degli interessi
dei cittadini. Il Consiglio dell’ Unione, che condivide, in posizione dominante
con il Parlamento Europeo, la funzione legislativa e di bilancio, è un organo a
composizione ministeriale, che raggruppa i ministri dei Paesi membri in ragione
delle materie da trattare. Il che implica che in quella sede le decisioni
politiche, che sono le più importanti per l’ UE, non vengono assunte in ragione
dell’interesse generale, ma vengono mediate tra i contrapposti interessi
particolari dei singoli Stati, soprattutto di quelli più forti, come la
Germania. Già, la Germania con le sue aspirazioni pangermanistiche, con la intramontabile
idea della Grande Germania, di una Europa a guida tedesca. Passano i secoli, ma
cambia poco nella politica estera tedesca, nel loro tentativo di inglobare il
resto del vecchio continente, nel fare risorgere, in una sorta di renovatio
imperii, il glorioso Sacro Romano Impero. In questa ottica, tutti gli Stati
europei dovrebbero limitarsi a svolgere esclusivamente il ruolo di vassalli
dell’impero tedesco, come accadde a partire da Carlo Magno fino ad arrivare
all’ultimo imperatore tedesco Guglielmo II di Hohenzollern ed oggi con Angela
Merkel. La vittoria di Tsipras in Grecia deve fare riflettere molto: non vince
la sinistra estrema in quanto tale, ma vince l’idea del fallimento dell’Unione
Europea, di una moneta unica che somiglia più ad un vecchio franco tedesco. Ha
vinto la ribellione contro il pangermanesimo in salsa merkeliana, ha vinto
l’idea di una Europa solidale contro l’idea di una Europa dal rigorismo
asfissiante, che se da un lato tiene a posto i conti, dall’altro frena lo
sviluppo e la crescita, a danno soprattutto delle classi più povere. Ecco
allora che queste spinte antieuropeiste, in Italia sostenute dalla Lega e dal
M5S e non dalla sinistra radicale di Vendola e compagni, rischiano di diffondersi
sempre più in maniera incisiva, fino all’estrema conseguenza di una Unione
Europea sempre più debole e sempre più lontana dai popoli. Cosa serve? Se
Unione deve essere, allora bisogna che sia una unione politica, il che
significa che ciascuno stato deve rinunciare non ad una parte della propria
sovranità, ma alla propria totale sovranità e dare vita ad un nuovo foedus,
cioè ad un nuovo patto federativo tra tutti gli Stati che, in tal modo cessano
di essere tali e diventano macro regioni all’interno degli Stati Uniti d’
Europa: unica politica estera, unica politica di difesa e sicurezza, unica
politica monetaria, in altre parole serve passare dall’ Unione Europea all’
Europa Unita. Solo in questo modo, quando non esisteranno più la nazione
italiana, la nazione francese, la nazione tedesca e così via, ma esisterà un
unico grande Stato federale, con un Parlamento federale unico detentore della
funzione legislativa, senza più la presenza di organismi di mediazione degli
interessi nazionalistici, tra cui anche la stessa Commissione Europea, allora
avremo compiutamente realizzato il sogno di Ventotene, saremo finalmente
cittadini europei. Certamente, il Trattato di Lisbona ha compiuto dei passi in
avanti in questa direzione, anche se la mancata approvazione della prima vera
Costituzione europea, fa si che ancora una volta il compromesso al ribasso, che
ha mantenuto in piedi il costrutto bicefalo tra rappresentatività popolare e
rappresentanza statale, ha finito con l’ accentuare le condizioni politiche per
il proliferare delle spinte antieuropeiste. Troppo poco e troppo al ribasso il
compromesso di Lisbona: serve di più, serve più coraggio, serve rinunciare
all’idea di sovranità nazionale in favore della piena sovranità europea, al
netto del pangermanesimo ovviamente.
Il manifesto di Ventotene rimane un documento strettamente FEDERALISTA. Temo a volte si faccia confusione quando si accenna ad una SuperNazione europea che superi le singole statualita'. Ad ogni modo credo non si possa prescindere da due prospettive, storica e di governance quando si parla di costruzione europea. Il rischio di cadere nel retorico, parlando del "dover essere" della UE a prescindere dalle prospettive di cui sopra e' dietro l'angolo. Spero di poter avere uno spazio migliore per contribuire con qualcosa di piu' articolato alla discussione. (scusate per l'ortografia e la punteggiatura ma scrivo con una tastiera greca)
Luca non tema confusione o retorica, a parte la sua ovviamente. Ribadisco il mio concetto: se non nasce uno Stato federale europeo, oltre le attuali nazioni, e quindi se non vi è una piena sovranità dell'Europa unità, credo che si faranno solo chiacchiere inutili.
Non vorrei essere frainteso. Ha sicuramente ragione. Se mi limitassi alla pur lodevole e certamente impegnata disquisizione sul "dover essere" sarei certamente retorico, e fa bene ad ammonirmi. Spero di chiarire presto la mia suggestione.
Magari possiamo organizzare, tramite l' I.ME.SI, un seminario sull'argomento, con una prospettiva di riflessioni storiche, filosofiche, economiche e giuridiche. Su questo mi trova disponibile