#Pensatodavoi
Lo spazio settimanale, a misura di lettore, per le vostre riflessioni
Stati Uniti e Cuba: l’inizio di una nuova era dopo un disgelo lungo mezzo secolo
“Todos
somos americanos!”. Aveva aperto così il suo discorso il Presidente degli Stati
Uniti Barack Obama, lo scorso Dicembre, parlando del futuro delle relazioni
internazionali tra gli States e Cuba. Per l’occasione aveva perfino ringraziato
Papa Francesco per il grande esempio che quotidianamente trasmette dall’altra
parte del mondo. Il progetto di pace dunque nasceva allorché si gettavano le
basi per quello che sarebbe stato, di lì a poco, un summit delle Americhe al
completo: per la prima volta e dopo cinquant’anni di guerra fredda, anche Cuba
riceve la “partecipazione”. La stretta di mano a Panama, incorniciata in un
delizioso quadretto di reciproche riverenze, tra il leader americano Barack
Obama e quello cubano Raùl Castro è datata 11 Aprile 2015 e sugella, così, il
magnifico evento. E’ curioso peraltro notare come l’immagine rimandi alla
stretta di mano avvenuta un cinquantennio fa, per esattezza nel 1956, tra l’ex capo
di Stato Eisenhower e il dittatore Batista: un gesto cui, allora lo non si
poteva certo immaginare, avrebbe fatto seguito la rivoluzione cubana e che oggi
sancisce in parallelo l’avvio di una nuova rivoluzione, questa volta di
carattere pacifico. Il piano di riappacificazione Obama tocca, attraverso una
lista di punti fondamentali, quelli che sono i valori cardine di democrazia e
di rispetto che due paesi civili, a maggior ragione se facenti parte dello
stesso continente, dovrebbero oggi normalmente condividere. Una lista che
tuttavia è il caso di attenzionare in prospettiva e soltanto dopo aver svolto
un’obiettiva analisi della situazione non giuridica e, soprattutto, non
legittima in cui versava Cuba da un cinquantennio a questa parte. Il fenomeno delle strette misure che gli Stati Uniti hanno
severamente imposto a Cuba, noto sotto il nome di “El bloqueo”, è stato
tutt’altro che un semplice embargo economico, tanto da esser passato come un
vero e proprio blocco dell’isola. Infatti, preso per buono che esiste oggi una
generale libertà dei commerci per cui uno Stato è libero di intrattenere
relazioni economiche con chi preferisce, è pur vero che suddetta libertà non
può essere esercitata quando nuoce all’indipendenza politica e all’esistenza
stessa di un altro Stato: in tal caso si entra nel campo dell’uso illecito della forza. Inoltre nel
caso delle sanzioni statunitensi contro Cuba, la loro legittimità va constatata
alla luce delle regole generali della Carta delle Nazioni Unite concernenti il divieto di ingerenza negli affari interni
di altri Stati ed anche in relazione a quanto incidono nei confronti di Stati terzi che si vedono danneggiati
ed impediti nell’esercizio della loro libertà commerciale. Tale aspetto
controverso delle sanzioni ha infatti determinato la reazione di molti paesi
dell’Unione Europea che non ritenevano ammissibile l’atteggiamento talmente
risoluto degli Usa nel conferire efficacia universale alle proprie sanzioni
contro Cuba. Occorre aggiungere all’analisi sin’ora fatta un ultimo punto in
elenco, ma che probabilmente è il primo quanto ad importanza, riguardante gli
effetti perversi che tale blocco di sanzioni ha causato sulla società, soprattutto
quando adottato nei confronti di paesi in via di sviluppo non dotati di
strutture economiche forti e capaci di autosufficienza: le sanzioni hanno avuto
ben presto effetti gravi sugli strati più umili della popolazione facendo
mancare loro anche beni di prima necessità. In questo contesto è auspicabile
che eventuali sanzioni economiche non siano adottate in maniera unilaterale, ma
che siano anzi precedute da autorizzazioni ufficiose da parte delle Nazioni
Unite le quali potrebbero certo limitare gli effetti delle sanzioni stesse
sugli strati più disagiati delle popolazioni e su quegli Stati terzi che, pur
non essendone l’obbiettivo, finiscono col soffrirne le conseguenze sfavorevoli.
La Risoluzione 47/19 approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il
24 novembre 1992 ne è, fortunatamente, una conferma in questo senso. Alla luce di queste premesse storico-giuridiche, appare
quantomeno doverosa e consequenziale, oggi, la volontà del Presidente degli Usa
Obama di stilare una serie di passi avanti nei confronti di Cuba, i quali
prevedono, senz’altro:
somos americanos!”. Aveva aperto così il suo discorso il Presidente degli Stati
Uniti Barack Obama, lo scorso Dicembre, parlando del futuro delle relazioni
internazionali tra gli States e Cuba. Per l’occasione aveva perfino ringraziato
Papa Francesco per il grande esempio che quotidianamente trasmette dall’altra
parte del mondo. Il progetto di pace dunque nasceva allorché si gettavano le
basi per quello che sarebbe stato, di lì a poco, un summit delle Americhe al
completo: per la prima volta e dopo cinquant’anni di guerra fredda, anche Cuba
riceve la “partecipazione”. La stretta di mano a Panama, incorniciata in un
delizioso quadretto di reciproche riverenze, tra il leader americano Barack
Obama e quello cubano Raùl Castro è datata 11 Aprile 2015 e sugella, così, il
magnifico evento. E’ curioso peraltro notare come l’immagine rimandi alla
stretta di mano avvenuta un cinquantennio fa, per esattezza nel 1956, tra l’ex capo
di Stato Eisenhower e il dittatore Batista: un gesto cui, allora lo non si
poteva certo immaginare, avrebbe fatto seguito la rivoluzione cubana e che oggi
sancisce in parallelo l’avvio di una nuova rivoluzione, questa volta di
carattere pacifico. Il piano di riappacificazione Obama tocca, attraverso una
lista di punti fondamentali, quelli che sono i valori cardine di democrazia e
di rispetto che due paesi civili, a maggior ragione se facenti parte dello
stesso continente, dovrebbero oggi normalmente condividere. Una lista che
tuttavia è il caso di attenzionare in prospettiva e soltanto dopo aver svolto
un’obiettiva analisi della situazione non giuridica e, soprattutto, non
legittima in cui versava Cuba da un cinquantennio a questa parte. Il fenomeno delle strette misure che gli Stati Uniti hanno
severamente imposto a Cuba, noto sotto il nome di “El bloqueo”, è stato
tutt’altro che un semplice embargo economico, tanto da esser passato come un
vero e proprio blocco dell’isola. Infatti, preso per buono che esiste oggi una
generale libertà dei commerci per cui uno Stato è libero di intrattenere
relazioni economiche con chi preferisce, è pur vero che suddetta libertà non
può essere esercitata quando nuoce all’indipendenza politica e all’esistenza
stessa di un altro Stato: in tal caso si entra nel campo dell’uso illecito della forza. Inoltre nel
caso delle sanzioni statunitensi contro Cuba, la loro legittimità va constatata
alla luce delle regole generali della Carta delle Nazioni Unite concernenti il divieto di ingerenza negli affari interni
di altri Stati ed anche in relazione a quanto incidono nei confronti di Stati terzi che si vedono danneggiati
ed impediti nell’esercizio della loro libertà commerciale. Tale aspetto
controverso delle sanzioni ha infatti determinato la reazione di molti paesi
dell’Unione Europea che non ritenevano ammissibile l’atteggiamento talmente
risoluto degli Usa nel conferire efficacia universale alle proprie sanzioni
contro Cuba. Occorre aggiungere all’analisi sin’ora fatta un ultimo punto in
elenco, ma che probabilmente è il primo quanto ad importanza, riguardante gli
effetti perversi che tale blocco di sanzioni ha causato sulla società, soprattutto
quando adottato nei confronti di paesi in via di sviluppo non dotati di
strutture economiche forti e capaci di autosufficienza: le sanzioni hanno avuto
ben presto effetti gravi sugli strati più umili della popolazione facendo
mancare loro anche beni di prima necessità. In questo contesto è auspicabile
che eventuali sanzioni economiche non siano adottate in maniera unilaterale, ma
che siano anzi precedute da autorizzazioni ufficiose da parte delle Nazioni
Unite le quali potrebbero certo limitare gli effetti delle sanzioni stesse
sugli strati più disagiati delle popolazioni e su quegli Stati terzi che, pur
non essendone l’obbiettivo, finiscono col soffrirne le conseguenze sfavorevoli.
La Risoluzione 47/19 approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il
24 novembre 1992 ne è, fortunatamente, una conferma in questo senso. Alla luce di queste premesse storico-giuridiche, appare
quantomeno doverosa e consequenziale, oggi, la volontà del Presidente degli Usa
Obama di stilare una serie di passi avanti nei confronti di Cuba, i quali
prevedono, senz’altro:
– La riapertura dell’ambasciata
statunitense all’Avana compresa di visita da parte dei funzionari americani a
Cuba in favore della condivisione di tematiche urgenti quali sanità,
immigrazione, lotta al terrorismo etc;
statunitense all’Avana compresa di visita da parte dei funzionari americani a
Cuba in favore della condivisione di tematiche urgenti quali sanità,
immigrazione, lotta al terrorismo etc;
– L’eliminazione di Cuba dall’elenco
degli Stati complici del terrorismo
degli Stati complici del terrorismo
– Il permesso ai cittadini cubani di
viaggiare verso gli Stati Uniti in piena libertà, di far circolare merci e
informazioni;
viaggiare verso gli Stati Uniti in piena libertà, di far circolare merci e
informazioni;
– La possibilità per i lavoratori cubani
di fondare dei sindacati per esprimere liberamente la propria opinione;
di fondare dei sindacati per esprimere liberamente la propria opinione;
Questi step, per quanto rilevanti, rappresentano solo la
punta dell’iceberg di una rivoluzione pacifica che sembra star prendendo campo
gradualmente e che, a detta di Castro, richiede “molta pazienza”. Presto detto:
da Dicembre 2014 è stato progettato un avvicinarsi cauto tra i due ex nemici,
sentiero imprescindibile per un nuovo approccio politico. Ciò dimostra come la
storia sia, ancora una volta, essenziale e maestra per capire i tortuosi meccanismi
dell’attuale politica internazionale.
punta dell’iceberg di una rivoluzione pacifica che sembra star prendendo campo
gradualmente e che, a detta di Castro, richiede “molta pazienza”. Presto detto:
da Dicembre 2014 è stato progettato un avvicinarsi cauto tra i due ex nemici,
sentiero imprescindibile per un nuovo approccio politico. Ciò dimostra come la
storia sia, ancora una volta, essenziale e maestra per capire i tortuosi meccanismi
dell’attuale politica internazionale.
Giulia Guastella