“Radio Bruxelles”
La nuova rubrica dell’Istituto Mediterraneo Studi Internazionali per raccontare l’Europa
Le fonti dell’Unione Europea
Le fonti dell’Unione Europea
Dopo avere trattato il tema del fondamento giuridico, nella nostra Costituzione, della partecipazione dell’Italia all’Unione Europea, esaminiamo brevemente quali sono gli atti normativi più importanti dell’Unione. Incominciamo col dire, che gli atti normativi dell’Unione si distinguono in due categorie fondamentali:
A.Diritto primario;
B.Diritto derivato.
Gli atti giuridici dell’Unione figurano all’articolo 288 del TFUE. Si tratta dei regolamenti, delle direttive, delle decisioni, delle raccomandazioni e dei pareri. Le istituzioni dell’UE possono adottare atti giuridici di questo tipo solo se i trattati conferisce loro la dovuta competenza. Il principio di attribuzione, su cui si fonda la delimitazione delle competenze dell’Unione, è esplicitamente sancito all’articolo 5, paragrafo 1, del TUE. Il trattato di Lisbona precisa la portata delle competenze dell’Unione, suddividendole in tre categorie: competenze esclusive, competenze concorrenti e competenze di sostegno, in base alle quali l’UE adotta misure a sostegno o a complemento delle politiche degli Stati membri. I settori oggetto di questi tre tipi di competenza sono elencati agli articoli 3, 4 e 6 del TFUE. In mancanza dei poteri di azione necessari per realizzare uno degli obiettivi previsti dai trattati, le istituzioni possono fare ricorso, nel rispetto di alcune condizioni, alle disposizioni dell’articolo 352 del TFUE. Dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il numero di atti giuridici dell’Unione è stato ridotto in un’ottica di semplificazione. In effetti, in seguito al trattato di Lisbona, il metodo comunitario si applica a tutte le politiche europee, ad eccezione della politica estera e di sicurezza comune. Il trattato di Lisbona ha altresì eliminato gli strumenti giuridici dell’ex «terzo pilastro». Di conseguenza, le istituzioni adottano ormai esclusivamente gli strumenti giuridici elencati all’articolo 288 del TFUE: fanno unicamente eccezione le politiche estera, di sicurezza e di difesa comune, che continuano a essere soggette al metodo intergovernativo. In questo ambito, le strategie comuni, le azioni comuni e le posizioni comuni sono sostituite dagli «orientamenti generali» e dalle «decisioni» che definiscono le azioni e le posizioni che l’Unione deve adottare, come pure le relative modalità di attuazione (articolo 25 del TUE). Ciò premesso, vediamo di capire la gerarchia delle norme di diritto derivato dell’Unione. Il trattato di Lisbona instaura una gerarchia delle norme di diritto derivato compiendo una precisa distinzione, agli articoli 289, 290 e 291 del TFUE, tra gli atti legislativi, gli atti delegati e gli atti di esecuzione. Si definiscono atti legislativi gli atti giuridici adottati mediante la procedura legislativa ordinaria o speciale. Per contro, gli atti delegati sono atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo. Il legislatore (Parlamento e Consiglio) può delegare alla Commissione il potere di adottare tali atti. L’atto legislativo definisce gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere come pure, all’occorrenza, i procedimenti d’urgenza. Il legislatore fissa inoltre le condizioni cui è soggetta la delega, che possono essere il diritto di revoca della delega, da un lato, e il diritto di sollevare obiezioni, dall’altro. Gli atti di esecuzione sono generalmente adottati dalla Commissione, che è competente a farlo nei casi in cui siano necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti. Gli atti di esecuzione sono adottati dal Consiglio soltanto in casi specifici debitamente motivati e nei settori della politica estera e di sicurezza comune. Nel caso in cui l’atto di base sia adottato secondo la procedura legislativa ordinaria, il Parlamento europeo o il Consiglio possono, in qualsiasi momento, comunicare alla Commissione che, a loro avviso, un progetto di atto di esecuzione eccede le competenze di esecuzione previste nell’atto di base. In questo caso, la Commissione deve rivedere il progetto di atto in questione. Esaminiamo i diversi tipi di atti del diritto secondario dell’Unione.
a.I regolamenti
Di portata generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili, i regolamenti devono essere pienamente rispettati dai destinatari (singoli individui, Stati membri, istituzioni dell’Unione). I regolamenti sono direttamente applicabili in tutti gli Stati membri a partire dalla loro entrata in vigore (alla data specificata o, in assenza di indicazione, venti giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea), senza necessità di recepimento nel diritto nazionale. I regolamenti sono volti a garantire l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri. Ne consegue che le norme nazionali incompatibili con le clausole sostanziali contenute nei regolamenti sono rese inapplicabili dagli stessi.
b.Le direttive
Le direttive vincolano lo Stato membro o gli Stati membri cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Il legislatore nazionale deve adottare un atto di recepimento (ossia una «misura nazionale di esecuzione») nel diritto interno che adatta la legislazione nazionale rispetto agli obiettivi definiti nella direttiva. In sostanza, ai singoli cittadini vengono attribuiti diritti e imposti obblighi solo una volta adottato l’atto di recepimento. Gli Stati membri dispongono di un certo margine di manovra per il recepimento che permette loro di tenere conto di specifiche circostanze nazionali. Il recepimento deve avvenire entro il termine stabilito nella direttiva. Nel recepire le direttive gli Stati membri sono tenuti ad assicurare l’efficacia del diritto dell’Unione, in virtù del principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del TUE. In linea di principio, le direttive non sono direttamente applicabili. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha statuito che alcune disposizioni di una direttiva possono, in via eccezionale, produrre effetti diretti in uno Stato membro senza che quest’ultimo abbia in precedenza adottato un atto di recepimento se: a) la direttiva non è stata recepita o è stata recepita in modo errato nell’ordinamento nazionale; (b) le disposizioni della direttiva sono, da un punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente chiare e precise, e (c) le disposizioni della direttiva conferiscono diritti ai singoli. Qualora sussistano tali presupposti, i singoli possono invocare le disposizioni della direttiva dinanzi alle autorità pubbliche. Le autorità degli Stati membri hanno l’obbligo di tener conto della direttiva
non recepita anche qualora la disposizione in questione non accordi alcun diritto al privato e sussistano solo il primo e il secondo presupposto di cui sopra. Detta giurisprudenza si fonda soprattutto sui principi dell’effetto utile, della prevenzione delle violazioni del trattato e della tutela giurisdizionale. Per contro, il privato non può invocare direttamente nei confronti di un altro privato (cosiddetto «effetto orizzontale») l’effetto diretto di una direttiva non recepita . Secondo la giurisprudenza della Corte (sentenza Francovich) , il privato è autorizzato a chiedere a uno Stato membro il risarcimento dei danni subiti a causa del mancato rispetto del diritto dell’Unione da parte di quest’ultimo. Se si tratta di una direttiva non recepita o recepita in modo insufficiente, tale ricorso è possibile se: (a) la direttiva mira a conferire diritti ai singoli, (b) il contenuto dei diritti è desumibile dalla direttiva stessa e c) esiste un legame di causa ed effetto tra la violazione dell’obbligo di recepimento da parte dello Stato e il danno subito dal privato. In tal caso è possibile stabilire la responsabilità dello Stato membro senza dover dimostrare una colpa a suo carico.
c.Le decisioni.
Le decisioni sono obbligatorie in tutti i loro elementi. Se designano i destinatari (Stati membri, persone fisiche o persone giuridiche), sono obbligatorie soltanto nei confronti di essi e trattano situazioni specifiche a detti Stati membri o a dette persone. Il privato può far valere diritti attribuiti mediante una decisione destinata a uno Stato membro solo se quest’ultimo ha adottato un atto di recepimento. Le decisioni possono essere direttamente applicabili alle stesse condizioni previste per le direttive. Assai importanti sono poi i principi generali del diritto dell’Unione, menzionati di rado nei trattati. Tali principi sono stati prevalentemente sviluppati attraverso la giurisprudenza della Corte (certezza del diritto, equilibrio istituzionale, legittimo affidamento, ecc.) e sono ormai sanciti dall’articolo 6, paragrafo 3, del TUE, che fa riferimento ai diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, come pure dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Rosario Fiore e Marco Caradonna