Il NO della democrazia e gli scenari post-Renzi
Cameron, Clinton, Renzi. Brexit, Trump, No al referendum costituzionale.
Gli schemi saltano, la democrazia prova a cambiare il corso della storia.
L’establishment perde ancora, è quello che si palesa nuovamente, anche se gli avvenimenti sopracitati sono molto diversi tra loro. Emerge però una costante: quando l’establishment si pronuncia il popolo gli vota contro.
JP Morgan, Obama, l’ambasciatore americano, Juncker, Merkel, le istituzioni europee. Tutti compatti nel sostegno a Renzi, tutti espliciti nel sostenere il SI al referendum.
La risposta? Davanti agli occhi di tutti, una grande manifestazione democratica con un dato di affluenza ai massimi storici, sopratutto se si considera che il quorum non era contemplato in questo caso. Una vittoria schiacciante del NO, 59,11%, contro il 40,89% del SI. Renzi si dimette in nottata e si aprono nuovi scenari nel paese.
Se entriamo nel merito del voto ed analizziamo, con onestà intellettuale, cosa gli italiani hanno voluto esprimere con questa votazione va rilevato innanzitutto che è stato un voto politico, un voto contro l’ormai ex Presidente del Consiglio. E questo risulta evidente dal dato dell’affluenza. Si è andati oltre al 68%, una percentuale che in Italia viene raggiunta soltanto alle politiche. D’altronde era stato lo stesso premier ad iniziare il gioco della personalizzazione. Un referendum in un primo momento personalizzato, spersonalizzato poi, per essere infine ripersonalizzarlo a giochi fatti. Alla fine però lo stesso presidente che era salito in carica senza passare dal voto popolare viene delegittimato da un referendum con un’altissima percentuale di votanti.
E’ un voto in difesa dell’espressione democratica del popolo. Il popolo italiano non vota il proprio governo dal 2009 (ben 7 anni!), e tra governi tecnici e governi politici non eletti e con un parlamento espressione di una maggioranza determinata con un sistema elettorale giudicato incostituzionale, la soglia di sopportazione era stata raggiunta e la voglia di dire la propria era tanta. Ed è quindi anche un’espressione popolare in difesa della Costituzione, che garantisce la possibilità di determinare democraticamente una maggioranza anche in Senato, ed un “no” ad un modus agendi politicamente arrogante di chi avrebbe voluto apportare un cambiamento rilevante per tutti con il sostegno della sola maggioranza di governo.
Ma quali scenari è possibile ipotizzare nel post-Renzi?
Già da ieri l’ex premier ha già annunciato l’ultimo consiglio dei ministri che si terrà oggi pomeriggio, a seguito del quale si presenterà davanti al Presidente della Repubblica per rassegnare le proprie dimissioni. Già da questo punto le possibilità che potrebbero verificare sono potenzialmente quattro:
1. il Presidente della Repubblica respinge le dimissioni di Renzi, e chiede al premier uscente di provare a formare un nuovo governo. Ipotesi scarsamente realistica;
2. Sergio Mattarella riceve le dimissioni ed apre le consultazioni con i rappresentanti dei gruppi parlamentari per verificare la possibilità che ci siano altre maggioranze nel parlamento che siano in grado di dare fiducia ad un altro governo. Anche questa è una possibilità remota, visto che nessuna forza politica ha voglia di accordarsi sulla base delle attuali maggioranze in Camera e Senato, e che già Lega e 5 Stelle hanno richiesto elezioni anticipate;
3. Mattarella scioglie le camere per convocare elezioni anticipate. A questo punto si andrebbe a votare con la legge elettorale Italicum (proporzionale anomalo, con premio di maggioranza e doppio turno) per il Parlamento e con il Consultellum (proporzionale puro) per il Senato. Ipotesi poco probabile perchè il Presidente della Repubblica non gradirebbe il doppio sistema elettorale.
4. Mattarella richiede ad una personalità politica che goda del sostegno della maggioranza del PD in Camera e Senato di assumere la carica di Presidente del Consiglio fino alla fine della legislatura, provare a cambiare la legge elettorale ed andare regolarmente alle elezioni nel 2018. Questo sembrerebbe lo scenario più accreditato e tra i papabili prossimi premier ci sarebbero l’attuale ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan,il ministro della cultura Dario Franceschini o il presidente del senato Pietro Grasso.;