25 NOVEMBRE 1999 – 25 NOVEMBRE 2016
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne non va confusa con la Giornata Internazionale della Donna che si celebra ogni anno l’8 Marzo. Non è infatti una giornata di festeggiamenti in famiglia in cui si rivolgono parole affettuose o tipici doni alle donne a noi vicine, alle donne della nostra vita. Non è niente di tutto ciò. La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una giornata in cui bisogna prendere posizione contro la violenza di genere, e non solo in rappresentanza delle donne che amiamo, madri, sorelle, amiche, ma di tutte le donne che ancora oggi hanno paura di camminare da sole nella notte, hanno paura di esprimere le proprie idee, hanno paura di rifiutare sessualmente il loro partner e soprattutto hanno paura di denunciare le violenze subite, che siano fisiche, sessuali e psicologiche.
La violenza sulle donne non è limitata infatti alla violenza fisica e/o sessuale che pur più comunemente evidenzia con tracce visibili sul corpo delle vittime la disuguaglianza di genere, ma include “ogni pratica sociale, violenta fisicamente o psicologicamente, che attenta all’integrità, allo sviluppo psicofisico, alla salute, alla libertà o alla vita della donna, col fine di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla sottomissione o alla morte della vittima nei casi peggiori.”[1]. Come sottolineato dalla relativa Dichiarazione[2], la violenza contro le donne è quindi “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini.”.
La violenza sulle donne e il femminicidio sono quindi fatti sociali: la donna subisce violenza in quanto tale, o perché non è la donna che l’uomo e la società patriarcale costruita su stereotipi e discriminazioni vorrebbero che fosse. A tal proposito, non sono certamente rare le occasioni in cui sopratutto nel mondo dello spettacolo e della pubblicità, l’immagine del corpo femminile venga meramente sfruttata per eccitare gli uomini e sminuire la donna stessa, la cui soggettività, personalità ed essenza vengono negate rendendola puro oggetto di potere. L’ambito pubblico è quindi il riflesso più spregevole della violenza di genere che, nonostante si manifesti con dati statisticamente significativi in ambito familiare, non può essere relegata ad una dimensione esclusivamente privata. Si tratta infatti di un fenomeno “glocale”[3] e trasversale che investe a livello globale e senza distinzione di classi il nucleo stesso di ogni comunità, la famiglia, e che proprio per il suo essere familiare spesso passa inosservato o viene addirittura giustificato.
Analizzando i dati ISTAT relativi all’anno 2015 sulla violenza di genere, risulta che il 35% delle donne nel mondo, pari a 1,28 miliardi di donne[4] ha subito almeno una violenza. Restringendo la ricerca quantitativa alla realtà italiana, nello stesso anno “6 milioni 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una violenza fisica o sessuale”[5]. Tra queste, ben il 12% non ha denunciato la violenza.
In che modo quindi la società dovrebbe cambiare al fine di debellare un fenomeno tanto odioso quanto radicato? Prima di qualsiasi volontà politica e legislativa atta a tutelare la donna, come ad esempio la recente introduzione nell’ordinamento italiano del delitto di stalking[6], preludio della violenza di genere e del femminicidio, è necessario guidare le donne verso un enpowerment forte e comune, ovvero verso un processo di crescita individuale radicato nell’incremento della fiducia in sé stesse, della consapevolezza di sé e dell’efficacia del proprio agire, garantendo loro la libertà di poter vivere il proprio sesso non più come una condanna ma come una ricchezza.
Gabriella Cinque
[1] Giuristi Democratici, “Violenza sulle donne: parliamo di femminicidio” (2006) p. 5
[2] Assemblea Generale delle Nazioni Unite, “Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne” (1993) Risoluzione 48/104 del 20 dicembre 1993
[3] Giuristi Democratici, “Violenza sulle donne: parliamo di femminicidio” (2006) p. 8
[4] Secondo quanto stabilito dal Dipartimento per gli affari economici e sociali (UN DESA) e dal “2015 Revision of World Population Prospects”, nel 2015 vi erano sulla terra 3,64 miliardi di donne.
[5] Repubbica.it, “Violenza sulle donne: i numeri dei femminicidi in Italia e nel mondo”, http://www.repubblica.it/cronaca/2015/11/25/news/violenza_sulle_donne_femminicidi_in_italia_e_nel_mondo-128131159/
[6] Art. 612 bis Codice Penale. Atti persecutori. “Stalking”