Dietro le quinte di un’umanità ritrovata: il piano tedesco


 

 Dietro le quinte di un’umanità ritrovata: il piano tedesco

 

Famiglie in festa, applausi e messaggi di benvenuto. C’è chi alza le mani al cielo in segno di vittoria. Poi strette di mano, cori e lacrime di gioia. Sui cartelli si può scorgere la scritta “Welcome to Munich”, sui volti dei migranti, illuminati dai sorrisi, un’espressione di felicità. I volontari accolgono il flusso umano offrendo cibo, coperte e giocattoli per i bambini, inconsapevoli del dramma che quotidianamente li accompagna. Salutano e ringraziano i migranti, prevalentemente siriani, che da Budapest sono giunti alla stazione di Monaco di Baviera.
L’immagine del volto della bambina palestinese, bagnato da lacrime amare, di fronte alla rigidità e alla freddezza chirurgica delle parole del cancelliere tedesco Angela Merkel sembra un lontano ricordo. Il ricordo di una Germania che volta pagina, cambia profilo e si riscopre solidale e accogliente. Oggi, la Germania chiede una rapida integrazione e mette sul tavolo 6 miliardi di euro per l’accoglienza dei profughi. Un’umanità ritrovata o c’è dell’altro? Forse le immagini, crude e contestate, del corpo del piccolo Aylan, riverso senza vita sul litorale di Bodrum, in Turchia, hanno scosso le coscienze. Oppure, il più tragico e spietato degli scenari, si tratta di un’ulteriore ipocrisia dell’Occidente capitalista. Nulla di più conveniente. Il flusso di migranti potrebbe rappresentare un bacino di lavoratori da impiegare nella macchina economica tedesca. Altra manodopera a basso costo, per lanciare un’ulteriore sferzata alla competitività salariale iniziata con la riforma del mercato del  lavoro dei primi anni 2000, che ha garantito enorme successo ai prodotti Made in Germany.
Un esercito industriale di riserva altamente qualificato, nuovi schiavi del salario che farebbero comodo per rilanciare una crescita che ha subito qualche rallentamento negli ultimi tempi. L’ondata di migranti potrebbe rappresentare la soluzione a quella crisi demografica di una Germania che vede una popolazione in costante invecchiamento e una necessità di giovani lavoratori qualificati sempre più impellente. «Non si replica il passato? Certo che si può», direbbe Jay Gatsby, protagonista del capolavoro di F. Scott Fitzgerald. Oggi come ieri, quando i turchi rappresentarono la soluzione per sopperire alla mancanza di manodopera nel paese.
Intanto, la Danimarca sblocca i collegamenti con la Germania e gli Stati Uniti si dicono pronti ad accogliere 10 mila siriani. Sul fronte ungherese la situazione resta tesa, mentre in Macedonia il governo sta esaminando la possibilità di costruire un muro al confine con la Grecia. «È il tempo dell’umanità», tuona da Strasburgo, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che ha esposto il suo piano innanzi al Parlamento. Un piano che prevede la ridistribuzione di 160 mila migranti, un rafforzamento di Frontex e un’offensiva diplomatica in Libia e in Siria per risolvere la situazione di crisi. Una crisi che tocca le vite tormentate di ogni profugo e davanti alla quale non possiamo più fare finta di nulla. Di Europa e di Unione, è quello di cui abbiamo bisogno. Di umanità, di accoglienza e di solidarietà. Una solidarietà in grado di abbattere i muri, fisici e dell’indifferenza, è quello che l’Europa deve ritrovare.Gabriele Messina 

 

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