La crisi afghana è al centro del dibattito internazionale e le conseguenze del ritiro delle truppe statunitensi ha un impatto sugli equilibri interni ed esterni. Il 15 ottobre, la dottoressa Laura Rusconi ha intervistato la dottoressa Simona Lanzoni, vice presidente Fondazione Pangea Onlus.


L: Fondazione Pangea Onlus nasce nel luglio 2002 con l’obiettivo di lavorare in Italia e nel mondo per contribuire a migliorare le condizioni di vita  e l’accesso e l’uso dei propri diritti in zone estremamente povere e di post conflitto. L’azione di Pangea mira a  costruire Pace, contrastare le discriminazioni e la violenze su donne e sui bambini, prevenire e proteggere chi la subisce; promuovere l’empowerment economico e sociale, l’inclusione lavorativa, le pari opportunità e l’avanzamento dei diritti umani per le donne e le persone in generale di ogni età.

Come Pangea lavoriamo in Afghanistan da 20 anni con progetti che favoriscono lo sviluppo economico e sociale delle donne e delle loro famiglie attraverso strumenti quali l’istruzione, l’educazione ai diritti umani, l’educazione igienico-sanitaria e alla salute riproduttiva, la formazione professionale, il microcredito. In questi 20 anni Pangea ha coinvolto oltre 7.000 donne e 40.000 bambini e bambine, portando consapevolezza dei propri diritti, pace ed empowerment.

R: Cosa sta facendo Pangea in questo momento in Afghanistan, cosa è già stato fatto e cosa farete? 

L: L’emergenza afghana ha visto Pangea in prima linea, per fronteggiare rapidamente situazioni non prevedibili, riuscendo a evacuare e trasferire in Italia e in altri Paesi centinaia di donne con le loro famiglie. Fin dall’inizio abbiamo detto che non lasceremo il paese ma proseguiremo la nostra attività in Afghanistan dove abbiamo aperto diverse case rifugio per accogliere donne con le loro famiglie che non sono riuscite a fuggire e che sono minacciate dai talebani per il ruolo che hanno svolto nella Loro vita prima

Che i talebani arrivassero o perché non vogliono accettare di sposare qualcuno di loro.

R: Come si può contribuire alla vostra attività?

L: Ognuno di noi può fare qualcosa per sostenere il lavoro di Pangea. Diciamo sempre che dopo l’emergenza nasce il bisogno e di bisogni la popolazione Afghana ne ha e ne avrà molti. Dobbiamo lavorare alacremente sia per chi è riuscita a fuggire, sia per chi è rimasto. Per questo Pangea sta lavorando per sostenere la popolazione civile, donne come uomini, in questo percorso. Ma per farlo servono risorse e per questo abbiamo attivato una raccolta fondi. È Possibile effettuare una donazione andando sul sito si Pangea al link https://pangeaonlus.org/contributo/emergenza-afghanistan/

R: Qual è la situazione delle donne afghane in questo momento? Che testimonianze potete portare?

L: Ci sono oltre milioni  di persone che non riusciranno mai a uscire dall’Afghanistan, e sono principalmente le donne e bambini che pagheranno più di tutti il prezzo di questa crisi.

I Talebani hanno iniziato a obbligare le donne a sposarsi dopo i 18 anni se non lo fanno le sposano loro e puniscono i familiari. Non possono più fare riprese dal cellulare, non possono più studiare oltre i 12 anni e quindi tant’è insegnanti sono senza lavoro. In sintesi, non possono più vivere come prima del regime talebano.

Noi di Pangea sentiamo forte la loro richiesta Fondazione Pangea Onlus nasce nel luglio 2002 con l’obiettivo di lavorare in Italia e nel mondo per contribuire a eliminare le discriminazioni e la violenza sulle donne; prevenire e proteggere chi la subisce; promuovere l’empowerment economico e sociale, l’inclusione lavorativa, le pari opportunità e l’avanzamento dei diritti umani.

Come Pangea lavoriamo in Afghanistan da 20 anni con progetti che favoriscono lo sviluppo economico e sociale delle donne e delle loro famiglie attraverso strumenti quali l’istruzione, l’educazione ai diritti umani, l’educazione igienico-sanitaria e alla salute riproduttiva, la formazione professionale, il microcredito e la microfinanza. In questi 20 anni Pangea ha coinvolto oltre 7.000 donne e 40.000 bambini e bambine, portando consapevolezza dei propri diritti, pace ed empowerment.

R: Cosa sta facendo Pangea in questo momento in Afghanistan, cosa è già stato fatto e cosa farete? 

L: L’emergenza afghana ha visto Pangea in prima linea, per fronteggiare rapidamente situazioni non prevedibili, riuscendo a evacuare e trasferire in Italia e in altri Paesi centinaia di donne con le loro famiglie. Fin dall’inizio abbiamo detto che non lasceremo il paese ma proseguiremo la nostra attività in Afghanistan dove abbiamo aperto due case rifugio per accogliere la popolazione che non è riuscita a fuggire e che ad oggi rappresentando un “faro” per molte donne afghane.

R: Come si può contribuire alla vostra attività?

L: Ognuno di noi può fare qualcosa per sostenere il lavoro di Pangea. Diciamo sempre che dopo l’emergenza nasce il bisogno e di bisogni la popolazione Afghana ne ha e ne avrà molti. Dobbiamo lavorare alacremente sia per chi è riuscito a fuggire, sia per chi è rimasto. Per questo Pangea sta lavorando alacremente per sostenere la popolazione civile in questo percorso. Ma per farlo servono risorse e per questo abbiamo attivato una raccolta fondi. È Possibile effettuare una donazione andando sul sito si Pangea al link https://pangeaonlus.org/contributo/emergenza-afghanistan/

R: Qual è la situazione delle donne afghane in questo momento? Che testimonianze potete portare?

L: Ci sono oltre tre milioni e mezzo di persone che non riusciranno mai a uscire dall’Afghanistan, sono principalmente donne e bambini che pagheranno più di tutti il prezzo di questa crisi.

I Talebani hanno iniziato a punire le donne e i loro familiari e alcune rischiano addirittura la vita. Non possono più fare riprese dal cellulare, non possono più studiare su testi laici né vestirsi come vogliono. In sintesi, non possono più vivere come prima del regime talebano.

Noi di Pangea sentiamo forte la loro richiesta di libertà, di diritti, di pace. Siamo coscienti che la loro lotta è anche la nostra, contro tutti i fondamentalismi misogini che ostacolano la vita, l’avanzamento dei diritti e la liberazione di tutte le donne nel mondo.

R: Come credete che dovrebbero comportarsi i Paesi dell’Unione europea in questa situazione?

L: La gestione di questa nuova crisi umanitaria in Afghanistan è nelle mani della comunità internazionale che se ne deve fare carico. Occorre sbloccare i fondi che consentano alle organizzazioni umanitarie di operare nel Paese in sicurezza, per svolgere quel ruolo fondamentale che ricoprono da anni al fianco della popolazione afghana.

Per tutto questo come Pangea chiediamo protezione e aiuti umanitari per le persone che hanno deciso di restare, un piano straordinario di evacuazione umanitaria per chi vuole lasciare il paese, con particolare attenzione alle donne che hanno maggiori difficoltà a trovare vie di fuga, risorse e finanziamenti certi per la popolazione. I bambini e le bambine in Afghanistan sognano ancora di diventare dottori o ingegnere, per questo non possiamo lasciarli indietro ma dobbiamo lavoriamo affinché abbiamo accesso all’educazione e alla salute di libertà, di diritti, di pace. Siamo coscienti che la loro lotta è anche la nostra, contro tutti i fondamentalismi misogini che ostacolano la vita, l’avanzamento dei diritti e le libertà che sono anche delle donne nel mondo.

R: Come credete che dovrebbero comportarsi i Paesi dell’Unione europea in questa situazione?

L: La gestione di questa nuova crisi umanitaria in Afghanistan è nelle mani della comunità internazionale che se ne deve fare carico. Occorre sbloccare i fondi che consentano alle organizzazioni umanitarie di operare nel Paese in sicurezza, per svolgere quel ruolo fondamentale che ricoprono da anni al fianco della popolazione afghana.

Per tutto questo come Pangea chiediamo protezione e aiuti umanitari per le persone che hanno deciso di restare, un piano straordinario di evacuazione umanitaria per chi vuole lasciare il paese, con particolare attenzione alle donne che hanno maggiori difficoltà a trovare vie di fuga, risorse e finanziamenti certi per la popolazione. I bambini e le bambine in Afghanistan sognano ancora di diventare dottori o ingegnere, per questo non possiamo lasciarli indietro ma dobbiamo lavoriamo affinché abbiamo accesso all’educazione e alla salute.

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