Il 2020 è stato per il nostro Pianeta l’anno dei tristi record ambientali: gli incendi boschivi in Australia, gli uragani in America, le inondazioni in Italia, lo scioglimento senza precedenti dei ghiacciai, il mese più caldo della storia, il sorpasso dei materiali creati dall’uomo rispetto al volume della biomassa terrestre[1].
Il Covid-19 è stato sicuramente il disastro naturale più eclatante poiché è stato l’unico in grado di arrestare la società fortemente globalizzata in cui viviamo. Questo è stato anche un po’ il merito di questa pandemia, cioè aver sospeso o rallentato le attività umane, fornendo un’occasione storica per riflettere ed osservare le conseguenze delle nostre azioni sulla Terra. Non a caso sono stati condotti nuovi studi scientifici, altrimenti irrealizzabili, i cui risultati hanno svelato importanti informazioni riguardo al tema della salvaguardia ambientale. Ad esempio, in questi mesi si è assistito ad una diminuzione dell’inquinamento atmosferico in Italia e nel mondo, grazie alla riduzione degli spostamenti, dei trasporti e delle produzioni industriali[2]. Si è potuto osservare che durante il lockdown generale i picchi di rilevamento delle polveri sottili (PM10) non coincidono con il traffico veicolare ma piuttosto con l’aumento del riscaldamento domestico e con gli spandimenti dei reflui in agricoltura[3].
A proposito di agricoltura, secondo gli scienziati, nei prossimi dieci anni ci sarà un aumento di domanda mondiale di prodotti agricoli del 15%, che provocherà ulteriori rischi, quali la diffusione di malattie delle piante e degli animali (si pensi ancora al Covid-19), l’aumento di eventi climatici estremi, oltre che possibili interruzioni di forniture di risorse dovute alle crescenti tensioni commerciali tra i Paesi (un esempio è la corsa al vaccino anti Sars-Cov-2)[4]. Una maggiore produzione di alimenti – determinata anche da un’incessante crescita demografica – va di pari passo con l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra, con circa un quarto di esse provenienti dall’agricoltura e dalle attività forestali. L’Unione europea è uno dei principali produttori di prodotti alimentari al mondo[5]. Per cercare di mitigare la propria impronta ecologica, nel 2019 l’UE ha presentato il nuovo «Green Deal», un progetto ambizioso che intende far raggiungere la neutralità climatica al continente europeo entro il 2050. Tra gli obiettivi dell’accordo vi è quello di trasformare l’UE in una società in cui la crescita economica sia dissociata dall’uso delle risorse naturali, evitando di compromettere gli habitat e la biodiversità. Questo accordo dovrebbe rappresentare la tabella di marcia per tutte le iniziative legislative, integrandosi coerentemente con l’«Agenda 2030» dell’ONU e gli «Accordi di Parigi» adottati in seno alla COP21 del 2015[6]. Purtroppo, si tratta soltanto di strumenti di soft law, dotati di un potere più o meno intenso, la cui efficacia però è stata più volte contestata[7].
Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Nature, il cambiamento climatico sta alterando gli habitat, motivo per cui i pipistrelli hanno lasciato alcune aree per trasferirsi in altre regioni della Cina, portando con sé i famigerati Coronavirus. È stato dimostrato che alcune zoonosi (la trasmissione di malattie dagli animali all’uomo) sono strettamente legate ad un aumento del contatto umano con la fauna selvatica portatrice di patogeni, causato a sua volta dall’intensificazione dell’agricoltura, della caccia e dall’espansione delle aree urbane a discapito di quelle naturali[8].
Quale potrebbe essere lo strumento più idoneo per ridurre il rischio di future ricadute ed evitare nuove pandemie? Innanzitutto, secondo gli scienziati, è fondamentale introdurre misure per proteggere gli habitat terrestri e marini, imponendo norme rigorose sulla caccia e il commercio degli esemplari, come già previsto da alcune convenzioni internazionali (ad es. la Convenzione CITES del 1973, ratificata sia dall’Italia che dall’UE). La conversione di habitat naturali per uso agricolo, industriale o urbanistico causa, infatti, una forte perdita di biodiversità.
Salvaguardare la biodiversità diventa cruciale anche per l’economia. Metà del PIL mondiale – inclusi alcuni settori economici fondamentali come l’edilizia – dipende dalla natura e dai servizi che essa fornisce[9]. In questo contesto, le aree protette sono considerate gli strumenti principali per ridurre e contrastare la perdita della biodiversità[10].
Investire di più e meglio sulle aree naturali protette può contribuire, quindi, a raggiungere dei compromessi tra la tutela dell’ambiente e lo sviluppo economico dei territori. Recenti studi della Commissione europea hanno stimato che i benefici economici derivanti dall’istituzione delle aree naturali protette si aggirano attorno ai 200-300 miliardi di euro all’anno, a fronte di un investimento annuo di 6 miliardi di euro il mantenimento dei siti, generando altresì 174 mila nuovi posti di lavoro[11]. Per il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP 2021-2027), l’UE ha stanziato 1.824,3 miliardi di euro. Nella ripartizione della spesa, la voce «Risorse naturali e ambiente» è al secondo posto con 373,9 miliardi di euro, che saranno erogati attraverso i fondi strutturali (FESR, FEASR, LIFE+, Fondo per la transizione ecologica).
Questi finanziamenti, se ben gestiti, possono rappresentare una fonte di investimento preziosa e a lungo termine. I policy makers nazionali ed internazionali dovrebbero puntare di più sull’adozione di misure di «green» e «blue economy», piuttosto che rinforzare i provvedimenti a pioggia, che vanno a discapito delle generazioni future e non risolvono i problemi strutturali del nostro Paese.
D’altronde, far conciliare le esigenze economiche con quelle di salvaguardia dell’ambiente è una sfida difficile ma indispensabile per la sopravvivenza umana. Come si è potuto notare in questi mesi di crisi sanitaria, l’economia e la salute dipendono in larga parte dallo stato di salute dell’ambiente.
Purtroppo, come si evince dal grafico a torta in basso, gli studenti che affrontano temi relativi salvaguardia ambientale sono in minoranza. Dalla Tabella 1 si può notare anche che molti di questi studenti che non hanno mai studiato qualcosa inerente alla salvaguardia ambientale possiedono persino una laurea.
Bisognerebbe promuovere campagne di divulgazione, sensibilizzazione e formazione, anche attraverso programmi di studio obbligatori nelle scuole e Università, affinché i cittadini possano sviluppare un maggior interesse in questo ambito, da cui può derivare un atteggiamento collaborativo per l’effettivo successo delle politiche pubbliche ambientali.
Francesco Russo
[1] Elhacham, E., Ben-Uri, L., Grozovski, J. et al. Global human-made mass exceeds all living biomass. Nature 588, 442–444, 2020
[2] La qualità dell’aria in Italia. Edizione 2020, SNPA, Rapporti 17/2020, Roma, 1° dicembre 2020
[3] Liguori F., Lorenzet K., Marson G., et al., Effetti del lockdown durante l’emergenza COVID-19 in Veneto. Valutazione dei livelli di inquinanti in aria e delle emissioni in atmosfera, ARPA Veneto, 2020, p. 42 e passim
[4] Le Prospettive agricole OCSE-FAO 2019-2028, OECD Publishing, Paris/FAO, OECD/FAO, 2019, Roma, pp. 4 e 43-44
[5] COM (2017) 713 final, Il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico E Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Bruxelles, 29 novembre 2017, p. 3
[6] COM (2020) 80 final, «Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (UE) 2018/1999 (legge europea sul clima)», Bruxelles, 4 marzo 2020, pp. 1-2
[7] Bin R., Pitruzzella G., Le fonti del diritto, Giappichelli Editore, Torino, 2009, p. 27
[8] Beyer R. M., Manica A., Morac C., Shifts in global bat diversity suggest a possible role of climate change in the emergence of SARS-CoV-1 and SARS-CoV-2, Science of The Total Environment, Elsevier, 2021
[9] New Nature Economy. The Future of Nature and Business, Report del World Economic Forum, Ginevra, 2020, p. 19
[10] Porporato A., «la tutela della fauna, della flora e della biodiversità», in Trattato di diritto dell’ambiente, Crosetti A. (a cura di), Giuffrè Editore, 2014, p. 759
[11] Marucci A. et al., Analisi della gestione e dei finanziamenti riguardo ai servizi ecosistemici. Report del Progetto “Making Good Natura” (LIFE+11 ENV/IT/000168), 2013, CURSA, Roma, p. 18