6 gennaio 2021: l’epifania dei fantasmi interiori di Zio Sam 1


Paura e delirio a Washington: le immagini terrificanti dell'assalto al  Congresso USA | National Geographic


First reaction: shock! La democrazia americana sfiora il Ko

I fatti del 6 gennaio 2021 a Capital Hill hanno lasciato il mondo intero scosso e pieno di domande. Il faro della democrazia occidentale stava per cadere sotto i colpi di un terrorismo domestico. Diversamente la pensano manifestanti che parlano di un golpe “democratico”. Molti studiosi hanno tentato immediatamente di dare risposte a volte affrettate, altri invece hanno pazientato e studiato l’evento per cercare di carpirne le cause profonde. E come per tutti i grandi eventi non è stato possibile rintracciarne solo una, dimostrando come a situazioni complesse corrispondono cause diversificate. D’altronde si parla degli Stati Uniti d’America, che della pluralità hanno fatto la loro bandiera sia nella composizione etnica dei loro cittadini sia nell’ordinamento istituzionale che non a caso è federale. Il primo dato da cui partire per comprendere a fondo ciò che è avvenuto è scandagliare la massa che ha preso parte alla rivolta. È possibile dividere le persone in due categorie: i membri delle milizie armate e uomini e donne ricolmi di rabbia che per l’occasione hanno alzato “torce e forconi”. Seppur uniti da un solo obbiettivo (mettere a ferro e fuoco il Parlamento) nutrono tuttavia un odio di natura diversa verso l’establishment. Sarà quindi opportuno sviscerare i due orizzonti ideologici in cui si muovono.

Alle armi! La cacciata dell’usurpatore Americano

Il fenomeno delle milizie armate prende forma da alcuni pilastri della cultura americana:
Nativismo: llusoria e ingenua credenza che gli Americani del presente siano i soli, veri e unici Americani.
Cospirazionismo: la paura di complotti architettati dai governi ai danni del popolo
Eccezionalismo: l’idea che l’America per la sua peculiare storia e per il suo sistema politico sia speciale e unica e per questo grandiosa.
Il destino manifesto: la convinzione che il destino degli States sia di diffondere la sua progredita democratica civiltà nel mondo.
Frontierismo: misto tra spirito di avventura, arrivismo sociale e difesa personale
Individualismo: teoria sociologica per cui l’individuo è considerato al di sopra della collettività e scevro da qualsiasi condizionamento. è la base dell’autorealizzazione e della competizione sfrenata di stampo neoliberista.
Sacralità del secondo emendamento: la ferma convinzione nella necessità di possedere armi per difendere se stessi e i propri cari, che risale alla Rivoluzione americana contro il tiranno britannico.
Le prime milizie nacquero negli anni ’90 quando il presidente George H.W. Bush in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica lanciò lo slogan del Nuovo Ordine Mondiale riferendosi ad un mondo post-Guerra Fredda. Gli Americani non erano vergini di teorie complottiste soprattutto dopo lo scandalo Watergate e l’Irangate e successivamente la falsità della presenza di armi di distruzione in Iraq. La presidenza Clinton di stampo progressista iniziò a mettere in crisi quel sistema valoriale che una fetta degli Americani crede essere tipico dell’American Way of Life e da qui l’impressione di un complotto mondiale di stampo socialista con lo scopo di distruggere gli USA attraverso una campagna persecutoria nei confronti di chi si sarebbe opposto al nuovo regime. Nella mentalità americana è radicata la convinzione che l’usurpatore vada combattuto con le armi (da qui il secondo emendamento) con sommosse popolari e guerriglie. Con la presidenza del secondo Bush le cose sembrarono calmarsi salvo poi inasprirsi di nuovo con la presidenza Obama che si è da subito identificata con un piano di riforma culturale ed economica preciso: multiculturalismo, no-armi e ampliamento del Welfare. Ecco che nuovi e minacciosi nemici si presentano all’orizzonte: governo collettivista, immigrati e musulmani.
Il successore Donald Trump ha attinto a piene mani da questo sostrato culturale offrendo, durante e dopo la campagna elettorale, nuova linfa a vecchi odi e creandone di nuovi: Deep State (Stato dentro lo Stato composto da magnati e lobby), latinos (soprattutto Messicani), Antifa, Blm e il lockdown. Le sue azioni contro le organizzazioni internazionali come l’Onu e l’OMS, la disarticolazione del Nafta e lo sbeffeggiamento delle teorie scientifiche durante la pandemia lo hanno fatto apparire come l’ultimo baluardo contro le lobby mondiali, il dilagare di correnti mollaccione, assistenzialiste nei confronti dei meno abbienti e aperturiste nei confronti degli stranieri. E proprio in quest’ultimo punto le milizie armate cadono in una profonda contraddizione: al loro interno troviamo elementi non ascrivibili alla “razza bianca”: è il caso del capo dei Proud Boys che ha origini afrocubane, ovvero il mix più odiato da un suprematista. Questo prova come i valori più tradizionalisti dell’America non guardino né razza né etnia, ma si muovono all’interno di un orizzonte colour-blind e ciò impedisce di trattarlo semplicisticamente come razzismo dilagante: bisogna agire sulle fondamenta della società americana.
In molti si sono chiesti dopo l’attentato al Campidoglio come sia possibile che la polizia americana, tra le più capaci al mondo, non abbia sventato prematuramente l’attacco. In verità il Department of Homeland Security (Dhs) dell’FBI già da quindici anni mette in guardia dall’infiltrazione di estremisti di destra all’interno delle forze dell’ordine e dei militari, ma le autorità governative non hanno preso sul serio la pericolosità di questo flusso di uomini e di idee dentro la compagine statale sino ai fatti del 6 gennaio.

L’ansia cronica affila i forconi! La nostalgia del Welfare

Non meno preoccupante è la seconda categoria di manifestanti composta da semplici civili. Anche se non dilagano per il Paese compiendo attentati domestici, sono la prova di una fiacchezza e di un malcontento sociale generale che i governi democratici non sono riusciti a dissipare. Ma di quale insofferenza si tratta? Dalle dichiarazioni dei manifestanti è legata alla propria condizione socioeconomica. Gli studiosi hanno dato diverse spiegazioni. C’è chi sottolinea i profondi cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi trent’anni che hanno visto l’emergere delle etnie no-wasp con la conseguente perdita di privilegi dei bianchi. Sicuramente è un fattore incisivo, ma non può essere l’unico. Molto pesa la disuguaglianza economica che ogni anno si allarga sempre più e la statistica ci aiuta a capirne la portata: l’1% più ricco degli Americani sottrae 50 mila miliardi al 90% meno abbiente. Sono numeri spaventevoli che palesano il perché molti Americani siano costretti ad avere più di un lavoro. Ma se fosse questa la motivazione sarebbe relativamente facile chiudere la questione attraverso una redistribuzione più egalitaria della ricchezza. Ma con questa manovra non verrebbe meno la vera ragion d’essere della sofferenza popolare: l’insicurezza. L’americano medio soffre di una precarietà perenne provocata da un mercato instabile che assume e risputa lavoratori con grande facilità; era così anche nel florido trentennio che va dagli anni’50 agli anni ’80. Ciò che ha spezzato questa armonia è stato il progressivo assottigliamento dello Stato sociale, ad opera del neoliberismo introdotto da Reagan alla fine degli anni ’80 e in seguito appoggiato anche dai Democratici, Stato sociale che ammortizzava le anomalie dei mercati facendo dell’America un luogo sicuro in cui vivere. La percezione era di vivere in una realtà in cui in caso di pericolo ci sarebbe stato qualcuno a tenderti la mano. A poco è servito l’exploit del settore dei servizi dell’ultimo ventennio che ha creato sì nuovi posti ma mal paganti e traballanti. Trump si è presentato come il paladino degli interessi economici della classe media, soprattutto del Midwest, che ha salvaguardato attraverso politiche protezionistiche ma senza agire sul cuore del problema: il non-Welfare. Da qui emerge già una frattura tra gli interessi delle masse civili e le milizie armate: i primi chiedono più tutela statale, i secondi invece sono fermi neoliberisti.

Si stava meglio quando si stava peggio! Un Medioevo digitale

Adesso è opportuno chiedersi se l’insurrezione del 6 gennaio sia sbocciata naturalmente per il fermentare della rabbia oppure se è possibile imputare la causa ad un fattore “artificiale”.
Mai come nell’ultimo decennio i social network hanno spopolato tra tutte le fasce di età, anche grazie alla loro introduzione negli smartphone che ne consentono un uso perennis. Le app dei social network non sono solo entità digitali, ma delle vere aziende e quindi portatrici di interessi economici. Il loro obbiettivo è quello di tenere gli utenti incollati davanti allo schermo il più possibile attraverso la proposizione di contenuti, tra cui le news, che per noi sono allettanti. Per individuare i nostri gusti si servono delle info che traggono dai nostri click e attraverso un algoritmo ci ripropongono tutto ciò che vorremmo sapere. Non importa se giusto o sbagliato, vero o falso. Cosa c’è di più sensazionale di un complotto planetario ordito ai danni di tutti i Terrestri? L’importante è soddisfare la clientela. Gli stessi Zuckerberg (Facebook) e Dorsey (Twitter) in un’intervista per Vox nel 2017, hanno dichiarato di mantenere un approccio di laissez-faire e di non badare alla qualità delle notizie, perché il loro interesse era soddisfare l’utenza. Lo scandalo di Cambridge Analytica del 2018 che ha coinvolto il Presidente Trump, ha modificato gli umori generali. L’azienda britannica durante la campagna elettorale americana nel 2016 si era servita dei dati di ben 87 milioni di utenti Facebook americani per targhettizzare i post. Sono stati inoltrati ben 60 mila versioni differenti di uno stesso messaggio per adattarlo alla mentalità dell’utente. In modo speculare l’ex presidente Trump ha agito durante il suo mandato quadriennale, modificando repentinamente le sue convinzioni seguendo i flutti scostanti della massa e agitando infine la bandiera della ribellione contro presunte elezioni truccate.
Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica e soprattutto la rivolta al Campidoglio sono iniziate le prime censure dando vita ad un mondo digitale diviso in tanti regni in cui ogni sovrano impone le sue regole e deve arbitrariamente decidere cosa è o non è verità. L’idea di un universo digitale libero come era stato pensato dalla Sezione 230 del Degency Communication Act sta prendendo sempre più le sembianze di un’anarchia feudale. Sarà compito dello Stato nel prossimo futuro agire come fece il suo antenato storico nel Basso Medioevo integrando il particolarismo all’interno di una compagine territoriale, rinascendo più sicuro e stabile di prima.

Bibliografia e sitografia:
Auerback M., Precaria, diseguale, tradita. Ritratto dell’America forcaiola, in “Limes”, 1/21 (2021), pp. 67-72
Di Muro L., Delle milizie il catalogo è questo, in “Limes”, 1/21 (2021), pp. 85-95
Costa F., Questa è l’America, Mondadori, Milano, 2020
Pedemonte E., Trump e i social asociali, in “Limes”, 1/21 (2021), pp. 105-112
www.nytimes.com/ (New York Times)
www.ft.com/ (Financial Times)

Giuseppe Puleo

Docente di storia e geografia
Direttore del dipartimento studi e ricerca I.ME.S.I.


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