Emergenza Rifugiati: Lipa e i respingimenti alle frontiere esterne dell’Unione Europea


Tra il gelo dei Balcani e il disinteresse dell'Europa, la vita impossibile dei migranti a Lipa - Wired

Introduzione

Parallelamente all’incremento della libertà di movimento fra i confini interni dell’Unione Europea, si assiste all’erezione di barriere alle frontiere esterne. Questi muri sono sinonimo, talvolta, di importanti violazioni dei diritti umani, in special modo nei confronti dei più deboli. L’articolo si propone di esporre il corpus normativo relativo ai controlli alle frontiere esterne dell’Unione e di portare all’attenzione un importante caso di soprusi al confine fra Croazia e Bosnia ed Erzegovina.

Controlli alle frontiere dell’Unione Europea e diritto

Il 14 giugno 1985, cinque dei dieci Paesi allora membri della Comunità Economica Europea firmarono il trattato internazionale di Schengen[1]. Da allora, prese vita quello che chiamiamo “spazio Schengen”, uno spazio senza frontiere creato dall’insieme di accordi e norme che lo regolano (il c.d. acquis di Schengen) e che oggi comprende 26 paesi. L’adesione da parte di diversi Stati dell’Unione Europea al sistema Schengen ha comportato un abbattimento generale delle frontiere interne all’Unione Europea, ma anche la contemporanea adozione di misure atte a rafforzare i controlli alle frontiere esterne, come richiesto dal Trattato sull’Unione Europea (TUE)[2].

L’acquis di Schengen relativo alle frontiere esterne ha portato all’adozione di un’ampia gamma di misure: il Codice Frontiere Schengen[3], il sistema d’informazione Schengen (SIS), il Fondo sicurezza interna per frontiere e visti, il Sistema di ingressi/uscite (EES)[4] e l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex)[5]. È stato inoltre istituito un sistema europeo d’informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS), affiancato da sistemi informatici centralizzati per la raccolta e il trattamento delle informazioni per la cooperazione in materia di sicurezza[6].

Dal 2015, le numerose perdite di vite umane nel Mediterraneo e il crescente afflusso di migranti verso il territorio europeo, hanno generato una vera e propria crisi per l’Unione Europea[7].  Fino a quel momento solo tre paesi avevano fatto ricorso all’erezione di recinzioni alle frontiere esterne per impedire ai migranti e ai rifugiati di raggiungere il loro territorio (Spagna, Grecia e Bulgaria), violando, tra l’altro, le disposizioni relative al Codice Frontiere Schengen[8]. Tuttavia, con la crisi del 2015, diversi Stati membri hanno costruito muri o barriere[9] – sia all’interno dello spazio Schengen sia ai confini con paesi terzi, sulle frontiere esterne dell’UE – al fine di evitare che migranti e richiedenti asilo accedessero ai loro rispettivi territori nazionali[10].

A tal proposito, assume rilievo il concetto di esternalizzazione del controllo delle frontiere e del diritto dei rifugiati, fenomeno che consiste nell’insieme di azioni economiche, giuridiche, militari e culturali – extraterritoriali, ma non solo – finalizzate ad impedire l’accesso ai migranti (e, tra essi, i richiedenti asilo) nel territorio di uno Stato. Questo genere di attività fa sì che lo straniero non possa usufruire delle garanzie previste in tale Stato, rendendo legalmente e materialmente impossibile il suo ingresso e la domanda di protezione internazionale[11]. Se l’obiettivo perseguito dagli Stati membri è quello di concretizzare questo modello di esternalizzazione, infatti, esso determina al contempo una mancanza di tutela giuridica per migranti e potenziali richiedenti asilo, i quali non avranno concretamente la possibilità di accedere ad un territorio sicuro.

Tuttavia, il Codice Frontiere Schengen – che disciplina la sorveglianza alle frontiere esterne dell’UE e stabilisce che gli Stati membri sono tenuti a istituire un sistema efficace di sorveglianza delle frontiere per impedire l’ingresso non autorizzato[12] – all’articolo 4 vieta un’applicazione delle norme tale da configurare un respingimento o una discriminazione illegittima, affermando la necessità del rispetto dei principi fondamentali[13].

Non tutti gli Stati membri dell’UE sono, però, parte dell’area Schengen, allo stesso modo in cui il sistema Schengen si estende oltre i confini dell’UE. Ciò nonostante, seppur non vincolati dall’aderenza all’accordo Schengen e quindi dall’art. 4 del Codice appena menzionato, i Paesi facenti parte dell’Unione Europea[14], nell’applicare misure di controllo alle frontiere esterne, devono confrontarsi con gli obblighi in materia di diritti umani e, in particolare, con il divieto di respingimento.

Sebbene, infatti, gli Stati godano del diritto sovrano di controllare l’ingresso, la permanenza e l’espulsione degli stranieri sul loro territorio, sia il diritto europeo che quello internazionale pongono dei limiti all’esercizio di tale sovranità. Il principio di non respingimento, infatti, che figura all’art.78 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)[15], richiama direttamente il principio di non refoulement stabilito nella Convenzione di Ginevra[16], ed è centrale fra i diritti fondamentali dell’Unione stessa.

Anche la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, nota anche come Carta di Nizza, tratta del divieto di respingimento[17], applicandosi agli Stati membri quando questi operano nell’ambito del diritto dell’Unione, anche alle frontiere o fuori dal territorio dell’UE. Infine, ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU)[18], gli Stati devono garantire i diritti della Convenzione a chiunque si trovi sotto la loro giurisdizione e, in via eccezionale, questa può sussistere anche fuori dal loro territorio[19].

Fra le garanzie della Convenzione, l’art. 3 CEDU[20] tutela il richiedente asilo non solo contro un respingimento illegittimo, ma anche contro le condizioni di povertà materiale estrema. Questo è quanto stabilito dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nel caso M.S.S. c. Belgio e Grecia[21]: gli Stati non possono respingere o trasferire un richiedente asilo verso Paesi che non assicurano l’accesso a effettive procedure di asilo e ad adeguate condizioni di accoglienza; la mancanza di un sistema di asilo funzionante e la detenzione in condizioni degradanti violano il divieto di tortura ex art. 3 CEDU[22].

Le succitate disposizioni riflettono gli obblighi internazionali assunti dagli Stati membri dell’UE in materia di diritti umani e includono non solo il divieto di respingimento, ma anche l’obbligo generale di rispettare i diritti umani. In conformità con il corpus normativo in materia di asilo, questi devono garantire che le persone che giungono alle frontiere esterne e che potrebbero aver bisogno di protezione internazionale siano adeguatamente informate e, qualora richiedano tale protezione, indirizzate verso le competenti autorità nazionali, poiché l’accesso alle procedure di asilo deve esistere per legge e di fatto[23].

Anche dove uno Stato abbia eretto recinzioni alle frontiere, dunque, è necessario che siano previsti dei punti accessibili in cui le persone possano agilmente richiedere la protezione internazionale[24], com’è necessario che i diritti fondamentali vengano rispettati nella loro pienezza. Ad ogni modo, quel che è certo è che gli atti discrezionali dei singoli Stati, volti a perseguire questo fenomeno di esternalizzazione, vengono giustificati sulla base di distinzioni – tra migranti economici e rifugiati politici, o tra migranti regolari e migranti irregolari – fondate sul concetto di una regolarità in realtà fittizia, poiché creata da norme decise dagli Stati europei[25]. Queste azioni producono già oggi un risultato – un esempio verrà di seguito esposto – tale per cui si necessiterebbe di risposte politiche adeguate al contesto.

Migliaia di migranti in condizioni disumane in Bosnia - Giornale di brescia

Condizioni inumane a Lipa e la violenza delle autorità croate

Alla vigilia di Natale 2020, il campo profughi di Lipa, nella regione di Bihac, all’estremo nordovest della Bosnia-Erzegovina e a pochi chilometri dalla frontiera croata, è stato distrutto da un incendio in circostanze ancora non chiare, lasciando quasi mille profughi, migranti arrivati all’ultimo tratto della rotta balcanica, senza un riparo in balia di neve e gelo[26]. La situazione in Bosnia-Erzegovina rispetto alla gestione del fenomeno migratorio era già da tempo fragile (i migranti dormono in edifici abbandonati o in sistemazioni improvvisate prive del minimo indispensabile per sopravvivere) e lo stesso campo di Lipa era stato considerato inadeguato in questi termini. Peter Van der Auweraert, coordinatore per questi luoghi di OIM (Organizzazione Internazionale per i Migranti), ha dichiarato che “in Bosnia e Erzegovina stiamo assistendo a una catastrofe umanitaria”[27] e che “Lipa è divenuta una prigione invernale”[28].

 Gli uomini e le donne a Lipa hanno dovuto inizialmente rifugiarsi nei boschi, come documentato dal Guardian[29], fino a quando l’esercito bosniaco non ha optato per una soluzione provvisoria: la costruzione di una tendopoli in attesa della ricostruzione del campo[30]. Nonostante questo intervento, però, le condizioni in Bosnia restano estremamente precarie, poiché gli ospiti del campo devono tuttora convivere con il gelo, avendo forniture di acqua limitate, servizi igienici insufficienti, e mancando di calzature e indumenti adeguati a riscaldarli, oltre che di acqua calda ed elettricità[31].

Parallelamente, mentre uomini, donne e bambini tentano di sopravvivere senza risorse, si sviluppano proteste cittadine anti-migranti e strategie istituzionali bosniaco-erzegovesi atte a precludere l’apertura di qualsiasi sistemazione alternativa per i profughi[32]. Inoltre, i cittadini bosniaci non esitano a trasmettere il loro messaggio di rifiuto verso questi esseri umani appiccando incendi ai tuguri dove questi improvvisano il loro giaciglio[33].

Come se non bastasse, ai migranti che tentano di proseguire il viaggio in cerca di un riparo più adeguato in un altro Stato, viene impedito l’accesso alla frontiera croata con le prassi violente, ormai purtroppo ben note, della polizia di confine. Già in novembre, il Border Violence Monitoring Network (BVMN) – una rete di organizzazioni di controllo che documenta respingimenti illegali e atti di polizia violenti commessi dalle autorità degli Stati Membri – pubblicava un report, con tanto di immagini e video, a testimonianza dei soprusi perpetrati alla frontiera croata, mostrando prove di abusi fisici e psicologici da parte delle autorità croate contro i migranti che tentavano di oltrepassare il confine[34].

Silvia Maraone, a capo del progetto di costruzione di un capannone per i migranti in Bosnia con Caritas-Ipsia, ha affermato che la parte peggiore del suo lavoro a Lipa è assistere alle violenze subite dai ragazzi alla frontiera: “Vediamo minori con le braccia rotte, con frustrate sulla schiena”[35]. Le organizzazioni per i diritti umani da anni denunciano pestaggi, e trattamenti umilianti come obbligare i migranti a togliersi vestiti e scarpe e farli camminare per ore sulla neve o sulla superficie ghiacciata dei fiumi[36], per non parlare dei tremendi abusi fisici e sessuali[37].

Alla luce di quanto visto nel paragrafo precedente relativo all’acquis normativo in tema di asilo, possiamo dunque affermare che la Croazia sta violando non solo i propri obblighi internazionali ed europei in merito al divieto di respingimento, ma sta anche ignorando il parere della Corte EDU sul divieto di rimandare i richiedenti asilo verso un territorio dove questi siano sottoposti a situazioni di misera inumane e degradanti. Il tutto, praticando per giunta abusi di tipo fisico e psicologico.

Balcani, Lipa: 900 sfollati in ripari di fortuna. L'aiuto di Acli e Caritas - Vatican News

Il ruolo dell’Unione Europea

Mentre l’Unione Europea sbandiera il successo della riduzione degli arrivi irregolari nel suo territorio dal 2015 ad oggi[38], su spinta di Amnesty International, si parla della responsabilità della Commissione europea sulla violazione dei diritti dei migranti ad opera delle autorità croate alla frontiera, le cui attività sono finanziate proprio dall’Unione stessa. Eve Geddie, direttrice di Amnesty International presso le Istituzioni europee, ha affermato che la Commissione aveva ignorato le denunce di violazioni dei diritti umani da parte della polizia croata e nulla aveva fatto allo scopo di monitorare le attività lungo i propri confini, in gran parte finanziate dai fondi di emergenza all’assistenza dell’Unione Europea[39].

Poche settimane fa, la delegazione degli europarlamentari composta da Brando Benifei, Pietro Bartolo, Alessandra Moretti e Pierfrancesco Majorino, si è recata nel campo di Lipa per dare massima evidenza pubblica alla situazione e per richiamare la necessità di un intervento. Benifei ha energicamente sottolineato le condizioni inumane in cui la delegazione si è imbattuta, affermando la necessità che la comunità europea e quella internazionale non ignorino quanto stia accadendo[40]. Inoltre, i dem, che volevano controllare le operazioni anti-immigrazione della polizia croata alla frontiera, sono stati inseguiti e fisicamente bloccati nella foresta di Bojna, per impedire loro di raggiungere il posto di controllo dove i migranti vengono ricacciati indietro. L’ostruzione da parte delle autorità croate è stata giustificata sostenendo che “la presenza dei parlamentari avrebbe potuto incentivare azioni illegali dei migranti che si trovano sul lato bosniaco”[41], generando, chiaramente, lo scetticismo degli esponenti di Bruxelles, i quali hanno richiesto provvedimenti.

Recentemente, è stata presentata un’interrogazione parlamentare alla Commissione con oggetto “Respingimenti diffusi alle frontiere esterne dell’UE”[42] sulla spinta di due articoli pubblicati sul giornale Le Monde[43] che segnalavano respingimenti illegali diffusi alle frontiere esterne dell’Unione – in Ungheria, Grecia e, appunto, Croazia – denunciando l’attività di Frontex e la mancata presa in considerazione dei diritti umani da parte della suddetta agenzia. Nell’interrogazione si chiede se Frontex abbia mai informato la Commissione riguardo ai respingimenti nei Paesi citati nell’articolo, ci si interroga sui meccanismi di monitoraggio fruibili da parte della Commissione e, in ultimo, si domanda come la Commissione intenda, in tale contesto, garantire la conformità allo stato di diritto nell’Unione Europea.

Conclusioni

Alla luce delle importanti rivelazioni sull’inimmaginabile crudeltà subita dai migranti al confine croato-bosniaco, ci si chiede quale sia la responsabilità dell’Unione Europea di fronte a questo scempio. La costruzione di barriere esterne, senza un controllo sulle modalità in cui queste vengono difese, ha causato e tuttora causa la violazione dei diritti umani che la comunità europea tanto osanna, perlomeno a parole. Auspicando, grazie anche all’azione degli eurodeputati, una reazione da parte della comunità europea tutta, non si può che sperare in una presa di coscienza e in un pronto intervento atto a garantire le risorse che a queste vittime spettano di diritto.

A cura di Laura Rusconi 
Dottoressa in Giurisprudenza 
Studentessa del Master in International Migration and Refugee Law presso la Vrije Universiteit of Amsterdam 

Per l’Osservatorio Migrazioni IMESI


Bibliografia

  • Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione (ASGI), “L’esternalizzazione delle frontiere e della gestione dei migranti: politiche migratorie dell’Unione Europea ed effetti giuridici”, 2019;
  • d’Argenio A., “Migranti, la Croazia ferma gli eurodeputati al confine” in la Repubblica, 30 gennaio 2021;
  • Manuale sul diritto europeo in materia di asilo, frontiere e immigrazione” dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali e Consiglio d’Europa, Lussemburgo 2020;
  • Ourdan R., “En Bosnie, une inhumaine route migratoire” in Le Monde, 18 gennaio 2021;
  • Rivera A., “La «crisi dei rifugiati» è la crisi dell’Unione europea” in Teoria Politica, 1° giugno 2016;
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Sitografia

  • Amnesty International, “Corte europea dei diritti umani si esprime sul casoS.S. c. Belgio e Grecia”, 27 gennaio 2011;
  • Amnesty International, “Inchiesta dell’Ue: complicità europea nella violenza delle forze croate contro migranti e rifugiati”, 10 novembre 2020;
  • ANSA, “Migranti: Lipa, il campo-simbolo dei disperati della rotta balcanica”, 21 febbraio 2021;
  • Border Violence Monitoring Network, “Illegal push-backs and border violence reports in the Balkan region”, novembre 2020;
  • Caritas Italiana, “Catastrofe umanitaria per i migranti in Bosnia e Erzegovina e lungo la rotta balcanica”, 4 gennaio 2021;
  • Consiglio dell’Unione Europea e Consiglio europeo: https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/migration-flows/;
  • FRA (Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali), “Fundamental rights at land borders: findings from selected European Union border crossing points”, 2014;
  • FRA (Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali), “Gestione delle frontiere esterne – linee guida su come ridurre il rischio di respingimento (refoulement) lavorando in paesi terzi o con essi”, 2016;
  • FRA (Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali), “Handbook on European law relating to asylum, borders and immigration”, 2014;
  • FRA (Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali), “Scope of the principle of non-refoulement in contemporary border management: evolving areas of law”;
  • Gadzo M., “Refugees allege physical, sexual abuse by Croatian authorities” in Aljazeera, 22 ottobre 2020;
  • Graziani N., “La Caritas sta costruendo un capannone per i migranti in Bosnia” in Agenzia Italiana (AGI), 10 febbraio 2021;
  • Melting Pot Europa, “Inchiesta dell’Ue: complicità europea nella violenza delle forze croate contro migranti e rifugiati”, 11 novembre 2020;
  • Melting Pot Europa, “Report dall’ultimo viaggio al confine tra la Bosnia-Erzegovina e la Croazia”, 8 febbraio 2021;
  • Parlamento Europeo, “Gestione delle frontiere esterne” in Note tematiche sull’Unione europea;
  • Pirovano A., “Muri in Europa: la paura dell’immigrazione costruisce mille km di barriere” in Osservatorio Diritti, 19 novembre 2018.
  • Santangelo L., “Nel campo di Lipa, inferno gelato dei migranti sulla rotta balcanica: ‘Meglio in prigione’”, in Fanpage, 16 febbraio 2021;

[1]Testo dell’Accordo di Schengen, “Accordo fra i Governi degli Stati dell’Unione economica Benelux della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni”, disponibile online.

[2]Trattato sull’Unione Europea (TUE)(7 febbraio 1992), art. 3(2): “L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima.”.

[3]Regolamento (UE) 2016/399 (9 marzo 2016).

[4]Regolamento (UE) 2017/2226 (30 novembre 2017).

[5]Regolamento (UE) 2019/1896 (13 novembre 2019).

[6]Regolamento (UE) 2019/817 (20 maggio 2019).

[7]Per un approfondimento sul tema A. Rivera, “La «crisi dei rifugiati» è la crisi dell’Unione europea” in Teoria Politica, 1° giugno 2016, pp. 273-286.

[8]Codice Frontiere Schengen (Regolamento 2016/399) già citato, art. 14(2): “Il respingimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise.”.

[9]A. Pirovano, “Muri in Europa: la paura dell’immigrazione costruisce mille km di barriere” in Osservatorio Diritti, 19 novembre 2018, disponibile online.

[10]Si veda “Gestione delle frontiere esterne” in Note tematiche sull’Unione europea, sito del Parlamento Europeo visitato il 6 marzo 2021.

[11]Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione (ASGI), “L’esternalizzazione delle frontiere e della gestione dei migranti: politiche migratorie dell’Unione Europea ed effetti giuridici”, 2019, p. 4, disponibile online.

[12]Codice Frontiere Schengen (Regolamento 2016/399) già citato, art. 13 (Sorveglianza di frontiera): “La sorveglianza si prefigge principalmente lo scopo di impedire l’attraversamento non autorizzato della frontiera, di lottare contro la criminalità transfrontaliera e di adottare misure contro le persone entrate illegalmente. (…)”.

[13]Codice cit., art. 4 (Diritti fondamentali): “In sede di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri agiscono nel pieno rispetto del pertinente diritto unionale, compresa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta»), del pertinente diritto internazionale, compresa la convenzione relativa allo status dei rifugiati firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 («convenzione di Ginevra»), degli obblighi inerenti all’accesso alla protezione internazionale, in particolare il principio di non-refoulement (non respingimento), e dei diritti fondamentali. Conformemente ai principi generali del diritto unionale, le decisioni adottate ai sensi del presente regolamento devono essere adottate su base individuale.”.

[14]Si veda “Manuale sul diritto europeo in materia di asilo, frontiere e immigrazione” dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali e Consiglio d’Europa, Lussemburgo 2020, parr. 1.2 e 1.4.

[15]Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)(come modificato 13 dicembre 2007), art. 78: “L’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti.”

[16]Convenzione sullo status dei rifugiati (28 luglio 1951).

[17]Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (7 dicembre 2000), art. 18 (Diritto di asilo): “Il diritto di asilo Ł garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato che istituisce la Comunità europea.”; art. 19 (Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione): “1. Le espulsioni collettive sono vietate. 2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.”.

[18]Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) (4 novembre 1950), art. 1 (Obbligo di rispettare i diritti dell’uomo): “Le Alte Parti contraenti riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione.”.

[19]Corte EDU, Hirsi Jamaa e al. c Italia, 23 gennaio, 2012, No. 27765/09.

[20]Convenzione Europea sui diritti dell’uomo cit., art. 3 (Proibizione della tortura): “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti

inumani o degradanti.”.

[21]Corte EDU, M.S.S. c Belgio e Grecia, 21 gennaio 2011, No. 30696/09.

[22]Amnesty International, “Corte europea dei diritti umani si esprime sul caso M.S.S. c. Belgio e Grecia”, 27 gennaio 2011, disponibile su Amnesty.it .

[23]Si veda, ad esempio, Corte EDU, M.A. and Others. v Lithuania, 11 Dicember 2018, No. 59793/17.

[24]Interessante approfondimento sulle linee guida per ridurre il rischio di respingimento dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), “Gestione delle frontiere esterne – linee guida su come ridurre il rischio di respingimento (refoulement) lavorando in paesi terzi o con essi”, disponibile online, 2016; o ancora sulla tematica del principio di non-refoulement e sulla situazione delle frontiere FRA, “Scope of the principle of non-refoulement in contemporary border management: evolving areas of law”, sempre online; e i più datati, ma altrettanto validi “Handbook on European law relating to asylum, borders and immigration”, 2014, e “Fundamental rights at land borders: findings from selected European Union border crossing points”, 2014.

[25]“L’esternalizzazione delle frontiere e della gestione dei migranti: politiche migratorie dell’Unione Europea ed effetti giuridici” cit., pp. 19-26.

[26]Si veda anche R. Ourdan, “En Bosnie, une inhumaine route migratoire” in Le Monde, 18 gennaio 2021; e cfr. Melting Pot Europa, “Report dall’ultimo viaggio al confine tra la Bosnia-Erzegovina e la Croazia”, 8 febbraio 2021, disponibile su meltingpot.org.

[27]Caritas Italiana, “Catastrofe umanitaria per i migranti in Bosnia e Erzegovina e lungo la rotta balcanica”, 4 gennaio 2021, disponibile online.

[28]Lipa location in #Bihac #BiH has become a winter prison”, così Peter Van der Auweraert su Twitter.

[29]L. Tondo, “A Bosnian winter: families bid to reach Europe’s heart – in pictures” in The Guardian, 2 febbraio 2021.

[30]ANSA, “Migranti: Lipa, il campo-simbolo dei disperati della rotta balcanica”, 21 febbraio 2021, disponibile online.

[31]Immagini della tendopoli di Lipa in L. Santangelo, “Nel campo di Lipa, inferno gelato dei migranti sulla rotta balcanica: ‘Meglio in prigione’”, in Fanpage, 16 febbraio 2021, online.

[32]Catastrofe umanitaria” cit.

[33]N. Scavo, “Rotta balcanica. Bosnia, così vengono dati alle fiamme i rifugi dei profughi” in Avvenire.it, 2 febbraio 2021.

[34]Border Violence Monitoring Network, “Illegal push-backs and border violence reports in the Balkan region”, novembre 2020, online.

[35]N. Graziani, “La Caritas sta costruendo un capannone per i migranti in Bosnia” in Agenzia Italiana (AGI), 10 febbraio 2021, disponibile online.

[36]Cfr. Melting Pot Europa, “Inchiesta dell’Ue: complicità europea nella violenza delle forze croate contro migranti e rifugiati”, 11 novembre 2020, su meltingpot.org.

[37]M. Gadzo, “Refugees allege physical, sexual abuse by Croatian authorities” in Aljazeera, 22 ottobre 2020, disponibile anche online.

[38]Cfr. https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/migration-flows/.

[39]Amnesty International, “Inchiesta dell’Ue: complicità europea nella violenza delle forze croate contro migranti e rifugiati”, 10 novembre 2020, su amnesty.it.

[40]A. d’Argenio, “Migranti, la Croazia ferma gli eurodeputati al confine” in la Repubblica, 30 gennaio 2021.

[41]N. Scavo, “Migranti nei Balcani, delegazione di eurodeputati bloccata da polizia croata”, in Avvenire.it, 30 gennaio 2021.

[42]Interrogazione prioritaria con richiesta di risposta scritta alla Commissione P-000881/2021

[43]L’UE accusée de refoulements illégaux” in Le Monde, 30 gennaio 2021; “Nouvelles accusations contre l’agence européene Frontex” in Le Monde, 8 febbraio 2021.

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