Diplomazia e politica estera, in uno scenario come quello contemporaneo fatto di alleanze, patti e concordati, risultano oggi armi ben più efficaci che in passato. Sono, a ben dire, la prima arma di difesa e di offesa a disposizione di ogni Stato, prima delle bombe e degli embarghi.
Maestri in questa nobile arte sono senza dubbio i vari governi che si sono susseguiti al potere in una delle più longeve istituzioni repubblicane attualmente esistenti, la Serenissima Repubblica di San Marino.
Ultima delle repubbliche a portare il titolo di “Serenissima”, questo lembo sovrano di terra che si estende lungo le pendici ed i territori circostanti al monte Titano ha più volte dato prova della propria lungimiranza in fatto di politica estera, così come di una attenta e scrupolosa analisi delle variabili in ogni scacchiere al quale ha preso parte. Con oltre, secondo la tradizione, 1.700 anni di indipendenza (la fondazione mitica indica come data il 301 d.C., nel pieno periodo della Tetrarchia Dioclezianea) vi sarebbero innumerevoli aneddoti, storie, racconti, analisi, confronti e paragoni da poter fare sulle azioni che hanno contraddistinto nei secoli l’operato della Repubblica. Verranno tuttavia di seguito analizzati esclusivamente quattro episodi simbolo, fondanti per ciò che oggi è la Serenissima.
Come sopra accennato, miticamente la Repubblica fa risalire la propria fondazione al 301 d.C. durante la Tetrarchia di Diocleziano. Si tratta di un periodo particolare, segnato dall’ultima grande persecuzione anticristiana nei territori orientali dell’Impero Romano (in Occidente, inversamente, sotto il governo di Costanzo Cloro non vi fu quasi alcuna persecuzione). È proprio nell’ottica di questa persecuzione che il santo fondatore – San Marino appunto – riconosciuto come un artigiano proveniente dalla Dalmazia, fugge in Italia con una comunità di fedeli stabilendosi nei territori del Titano. Per quanto un piccolo “esodo” di una comunità cristiana in pericolo fosse assolutamente possibile ai tempi ed è quasi certo la storia di fondo porti ampi margini di verità, questo non resta altro che un mito di fondazioni come tanti, paragonabile alla lupa romana.
Quello che resta, non è il mito in sé. A giocare un ruolo fondamentale in futuro sarà il presunto lascito del santo che, in punto di morte, avrebbe reso la comunità “libera da entrambi gli uomini”, intesi come il Papa e l’Imperatore. Su questa breve dichiarazione l’intera repubblica baserà gran parte della sua storia e ne ritroviamo un chiaro esempio nel primo caso che analizzeremo lungo questo articolo: si tratta di documento del 1296 ritrovato presso un convento francescano che testimonia l’esenzione dal pagamento delle imposte da parte di San Marino (all’epoca sotto la protezione del vescovo di Montefeltro). La comunità veniva esentata dal pagamento perché, cita il documento, “[Loro] Non pagano perché non hanno mai pagato. È stato il loro Santo a lasciarli liberi”. Si tratta di una stretta e forte volontà popolare di far valere quello che è un proprio diritto, rivendicato dalla cittadinanza, dalla popolazione e non per mezzo di un Privilegio Imperiale o una qualche esenzione ecclesiastica come era solito ai tempi: San Marino non pagava perché non aveva mai pagato prima, era stata creata libera da entrambi gli uomini.
Secondo caso esemplare portato all’attenzione avviene circa due secoli dopo, agli sgoccioli dell’epoca medievale. Nel 1460 cogliendo una ghiotta opportunità la Repubblica entrò nella coalizione che si opponeva ai Malatesta, allora signori di Rimini, capeggiata dal Pontefice e con la partecipazione del Ducato di Urbino. L’asse Pontificio-Sammarinese, che già da secoli era una realtà consolidata si rivelò ben presto vincente, con il conseguimento alcune vittorie sul campo. La lungimiranza politica e strategica di San Marino valse alla Repubblica, con la firma dei Patti di Fossombrone del 1463 e la conseguente ratifica papale firmata da Pio II, l’annessione di buona parte dei territori oggi presenti fra cui la stessa Serravalle, centro più popoloso del piccolo Stato. I confini di San Marino resteranno immutati da allora, nonostante numerosi tentativi nel corso degli anni.
Uno di questi tentativi lo farà un grande estimatore della piccola Repubblica, un uomo che avrebbe cambiato radicalmente le cartine politica d’Europa: Napoleone Bonaparte, l’erede Imperfetto della Rivoluzione Francese. Nel 1797 Napoleone discende la penisola italiana, annette e sottomette tutto ciò che incontra sul suo cammino. L’inarrestabile avanzata delle armate napoleoniche si prende tutto, incluse le storiche repubbliche come Genova e Lucca, ma non San Marino. Arrivato nei territori della Serenissima Napoleone si ferma, loda la piccola Repubblica per ciò che rappresenta, per gli ideali repubblicani e di libertà (cosa simile farà anche il presidente USA Lincoln, in una lettera indirizzata ai Capitani della Repubblica, nel 1861). Napoleone vedrà sempre in San Marino la sua prediletta, premurandosi di fare frequenti doni come ad esempio i quattro cannoni ed i mille quintali di grano che si ritrovano in una lettera inviata ai Capitani della Città. Proporrà, addirittura, quello sconvolgimento di confini con l’ipotesi di un’estensione della Repubblica fino alle coste adriatiche, prudentemente rifiutato. È proprio in questo rifiuto della proposta che sta la lungimiranza sammarinese: in caso di ampliamento dei confini sotto influenza napoleonica, con molta probabilità San Marino sarebbe finita sul “Banco degli Imputati” appena venti anni dopo, al Congresso di Vienna, fornendo carta bianca e liberi pretesti ai restaurati domini ducali italiani di occuparne militarmente il territorio. Ma il rifiuto non fu solo salvagente per l’indipendenza della Serenissima, fu anche riconoscimento internazionale: il Congresso si occupò infatti di far riconoscere San Marino come Stato Sovrano agli occhi delle potenze presenti.
Quarto, ed ultimo, caso rientra nell’ottica di una storia noi più recente, appartenente al XX secolo. Nel 1923, e successivamente con le elezioni del 1926, salì al potere nella Repubblica (per via della vicinanza culturale e politica con il Regno d’Italia) il Partito Fascista Sammarinese o PFS. Il Consiglio Grande e Generale venne sciolto ed instaurato al suo posto un Regime di stampo fascista nel Consiglio Principe e Sovrano. Nonostante la vicinanza con l’Italia e le circa 250 bombe alleate che caddero su San Marino, provocando una sessantina di morti civili, il regime sammarinese mantenne la neutralità che dai tempi del trattato di Fossombrone contraddistingueva i territori del Titano. Si premurò, anche, di dare rifugio a numerosi profughi, sfollati e partigiani italiani, arrivando a toccare negli ultimi anni di guerra circa i 100.000 residenti (oltre il triplo di quelli attuali). Sembra quasi una tradizione allora come ogni “risorgimento” italiano, come a buon diritto è chiamato il movimento di resistenza italiano durante la seconda guerra mondiale, passi dalla piccola Repubblica: la stessa terra che durante i moti italiani di metà ottocento aveva ospitato i grandi fautori del primo risorgimento (Garibaldi, uno fra tutti), circa un secolo dopo si trova ad ospitare i grandi protagonisti del secondo.
È da sottolineare, inoltre, un vanto unico di quello che fu il movimento di resistenza partigiano sammarinese. Questo iniziò le proprie azioni di sabotaggio ed opposizione al regime addirittura un anno prima della più conosciuta ma ugualmente vittoriosa resistenza italiana.
Daniele Morgante
Sitografia
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