É passato un mese dall’approvazione in Ungheria della legge che dà “pieni poteri” al primo ministro Viktor Orbán. La legge ha istituito lo stato d’emergenza a tempo indeterminato e conferito il potere all’esecutivo di governare per decreto nell’ambito dell’emergenza senza dover consultare il parlamento, potendo anche modificare o annullare autonomamente le leggi in vigore. É stato proibito inoltre lo svolgimento di elezioni e sono stati previsti da 1 a 5 anni di carcere per chi diffonde fake news sull’epidemia.
Come era possibile immaginare, la legge è stata approvata senza nessuna difficoltà dal momento che la maggioranza dei due terzi necessaria secondo la Costituzione ungherese a far passare la legge sullo stato d’emergenza corrisponde alla maggioranza parlamentare che sostiene il Governo in carica. Si ricorda infatti che la coalizione che appoggia il Governo di Orbán, formata da Fidesz, il partito da lui presieduto, e dal Partito Popolare Cristiano Democratico, conta 133 parlamentari sui 199 che compongono il Parlamento, il che lascia davvero uno spazio esiguo all’opposizione. Inoltre, la maggioranza dei due terzi è anche quella che servirebbe, unitamente alla firma del presidente della repubblica ungherese, membro fondatore di Fidesz ed alleato del primo ministro, per revocare la legge. Insomma il requisito della maggioranza dei due terzi, sommato alla marginalità numerica dell’opposizione, fanno sì che sia praticamente impossibile per il Parlamento ungherese porre degli argini al nuovo colpo di mano di Orbán.
Il presente articolo si propone di mettere in luce le criticità della legge sotto il profilo del rischio per la democrazia e di illustrare i tentativi di reazione dell’Unione Europea.
- Le disposizioni controverse della legge
Innanzitutto a preoccupare gli osservatori è l’assenza di un vincolo temporale predeterminato a cui la legge sia sottoposta. A differenza infatti degli altri stati occidentali impegnati nella lotta al Coronavirus, in Ungheria lo stato d’emergenza è stato istituito a tempo indeterminato e questo può certamente concedere margini di manovra temporalmente più ampi a chi si trova al potere nel momento presente.
Per ciò che riguarda il nuovo potere dell’esecutivo di governare per decreto nell’ambito dell’emergenza, la ratio della norma risiederebbe nella necessità di agire il più velocemente possibile nella gestione della pandemia; tuttavia la nuova legge è già stata usata per emanare una serie di decreti dagli scopi poco chiari come quello che permette al ministro per l’innovazione di accedere ai dati personali degli ungheresi senza che ne sia specificata la finalità o quello con cui si è licenziato il consiglio di amministrazione della società quotata in borsa Kartonpack sostituendolo con uomini vicini a Orbán[i].
In fine a destare inquietudine è quella disposizione che introduce il carcere da uno a cinque anni per chi si renda responsabile della diffusione di fake news. Nel contesto ungherese, caratterizzato da una libertà di stampa già fortemente compromessa poiché in gran parte controllata dal Governo, non è chiaro chi possa essere accusato di diffondere notizie false. Il timore è che la norma possa prestarsi ad ampie interpretazioni ed essere quindi applicata a qualsiasi genere di opposizione e denuncia della gestione dell’emergenza.
Oltre alle disposizioni fin qui illustrate vi è un altro aspetto che rende la gestione ungherese “particolarmente atipica” per una democrazia: la militarizzazione dell’emergenza. Secondo quanto infatti riferito dai pochi media indipendenti rimasti nel paese, pochi giorni dopo l’approvazione della legge il governo ha disposto l’insediamento di comandanti militari ai vertici degli ospedali ungheresi col fine, tra gli altri, di liberare 36.000 posti letto attraverso la dimissione forzata di malati cronici[ii]. I medici che si sono opposti a tali disposizioni sono stati licenziati.
Analogamente, i militari sarebbero stati inviati in 150 aziende strategiche del paese per controllare che esse continuino l’attività durante la pandemia.
- Il contesto europeo
Nel settembre 2018 il Parlamento europeo a larga maggioranza aveva approvato contro l’Ungheria l’attivazione dell’Articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), la cosiddetta “opzione nucleare”, denominata in tal modo per la sua gravità. Tale attivazione dà inizio ad un procedimento che, a partire dalla constatazione del rischio di violazione grave di uno dei valori fondamentali sanciti dall’Articolo 2 TUE, come ad esempio il rispetto della dignità umana e della democrazia, può culminare nella sospensione di alcuni diritti per lo Stato membro responsabile della violazione, come quello di voto in sede di Consiglio europeo.
Il problema è che si tratta di un procedimento articolato e complesso che prevede tra l’altro la regola dell’unanimità in sede di Consiglio europeo nella fase di effettiva constatazione della violazione grave. Attualmente sull’Ungheria si è addirittura fermi ancor prima di questa fase poiché il Consiglio non ha preso una decisione sull’effettiva constatazione del rischio. La procedura si trova quindi in una sostanziale fase di stallo che rende chiaro come la prospettiva a prevalere in seno al Consiglio nella maggior parte dei casi non sia quella europea e della salvaguardia dei suoi valori, ma quella dei singoli Stati nazionali, alcuni dei quali evidentemente non hanno né l’interesse né l’intenzione di punire l’Ungheria.
Successivamente nel marzo 2019 Fidesz, il partito ungherese presieduto da Viktor Orbán, era stato sospeso dal Partito popolare europeo (PPE) non solo per l’approvazione di leggi sempre più illiberali e anti-democratiche ma anche per aver finanziato con soldi pubblici una campagna politica contro alcune istituzioni dell’UE.
Nello scorso gennaio il Parlamento europeo ha cercato di riportare l’attenzione sulla necessità di azioni forti contro gli Stati che non rispettano i valori della democrazia e dello stato di diritto votando una risoluzione in cui si è affermato che le audizioni previste dall’Articolo 7 TUE in corso con l’Ungheria e la Polonia non hanno portato i due stati ad allinearsi ai valori fondamentali dell’Unione e in cui si chiede al Consiglio di rivolgere loro raccomandazioni concrete. I deputati hanno anche espresso profonda preoccupazione per il fatto di non aver potuto partecipare alle audizioni nonostante sia stato il Parlamento ad avviare il procedimento.
- Le reazioni dell’UE all’approvazione della legge
Subito dopo l’approvazione della legge che ha dato ad Orbán i pieni poteri, nel Parlamento europeo i socialdemocratici, i liberali e i Verdi hanno espresso pubblicamente la propria preoccupazione per quanto successo. Inoltre, tredici Paesi dell’Unione hanno rilasciato una dichiarazione congiunta[iii] in cui, in modo analogo a quella della Presidente della Commissione Ursula von der Layen[iv], si è sottolineato come i valori fondamentali dell’Unione non debbano essere sacrificati nella lotta al virus. L’Ungheria non viene però mai direttamente nominata.
All’interno del PPE, di cui Fidesz fa parte seppure ne sia stato sospeso, tredici leader hanno inviato una lettera al presidente del gruppo, Donald Tusk, in cui hanno espresso profonda preoccupazione per gli sviluppi ungheresi e hanno invitato il presidente ad espellere Fidesz dal gruppo. In generale all’interno del gruppo del PPE si nota una divisione tra quanti vorrebbero cacciare Fidesz, quanti dichiarano di non volere reagire per “non dare ad Orbán ciò che vuole” e quelli che invece più semplicemente si limitano al silenzio.
Ad un mese dall’approvazione della famigerata legge, sebbene gli Stati membri stiano comprensibilmente concentrando tutti i loro sforzi sul contrasto alla pandemia, vi è la preoccupazione che all’ennesima azione anti-democratica del primo ministro magiaro possano non seguire reazioni forti dell’Europa che pure dovrebbe difendere strenuamente il principio della democrazia in quanto suo valore fondante. Vi è tra l’altro anche il rischio che l’episodio ungherese possa rappresentare un pericoloso precedente per alcuni altri stati europei, come sembra stia già succedendo in Slovenia[v].
E’ chiaro che l’apparato burocratico di cui l’Unione si è dotata ed in particolare la complessa procedura sancita dall’Articolo 7 non faciliti la realizzazione di azioni forti e concrete neanche quando uno dei suoi principi fondamentali è messo pericolosamente a rischio. Lo stallo in cui si versa in relazione alla situazione ungherese permette ad Orbán di seguitare nella sua azione di sostanziale smantellamento della democrazia liberale pur continuando ad essere uno dei maggiori beneficiari dei fondi strutturali europei.
Emerge quindi forse la necessità di ripensare il meccanismo decisionale dell’UE che troppo spesso produce situazioni d’impasse anche davanti a questioni che hanno bisogno di soluzioni chiare ed immediate.
Sara Pola
Dott.ssa in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali
Sitografia
http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/telescopio/0029_desimone.pdf
Hospital Evacuations Stir Up Tension Between Medical Chamber and Gov’t
https://hungarianews.com/2020/04/22/cosa-sta-succedendo-nella-sanita-ungherese/
Strasburgo contro Ungheria e Polonia: condizione dello stato di diritto “deteriorata”
https://www.politico.eu/article/viktor-orban-hungary-13-countries-deeply-concerned-over-rule-of-law/
https://www.politico.eu/article/viktor-orban-hungary-13-countries-deeply-concerned-over-rule-of-law/
https://www.politico.com/news/2020/03/31/rule-by-decree-in-hungary-reopens-wounds-on-european-center-right-158366
[i] https://hungarianspectrum.org/7797-2/
[ii] https://hungarytoday.hu/hospital-evacuations-stir-up-tension-between-medical-chamber-and-govt/
[iii] https://www.government.nl/documents/diplomatic-statements/2020/04/01/statement-by-belgium-denmark-finland-france-germany-greece-ireland-italy-luxembourg-the-netherlands-portugal-spain-sweden
[iv] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_20_567
[v] https://www.balcanicaucaso.org/aree/Slovenia/Covid-19-e-lo-psicodramma-politico-sloveno-201006