In questi giorni di permanenza forzata a casa, la cui causa va attribuita a un nemico comune ormai al genere umano nella sua totalità, il COVID-19, ho trovato il tempo di riascoltare quella discografia che mi era appartenuta anni fa ma che avevo dimenticato e perso nel tempo; tra questi brani ho riscoperto un pezzo composto dal cantautore (anche se non basta definirlo con questo termine per poter descrivere la sua capacità artistica a 360° gradi) Giorgio Gaber.
Il brano a cui faccio riferimento fa parte dell’album del 1974 ,“Anche per oggi non si vola” ed è intitolato “La Peste”, apparentemente riconducibile all’ epidemia attuale ma che, ad una attenta analisi, assume un altro significato. Non sempre tutto, del resto, deve essere necessariamente epidemico.
Il brano, infatti, è caratterizzato da una forza immensa a livello testuale, è crudo e duro, e descrive della peste in Italia concentrandosi soprattutto sugli effetti a livello emozionale e comportamentale dell’uomo. La sua potenza però non raggiungerebbe il suo apice senza l’arrangiamento strumentale, con un crescendo graduale che accompagna la diffusione sempre più forte dell’epidemia e che decresce con l’inizio della psicosi che terminerà con una progressiva indifferenza da parte della popolazione; inizialmente circoscritta solo a quella milanese ma che andrà a raggiungere infine anche il resto della penisola italiana.
Da analizzare anche attentamente è la parte vocalica, poiché accompagna perfettamente le note e le particolarità della canzone, inizia con una tranquillità piatta, quasi sottovoce, ma che arriva a dei punti specifici in cui Gaber tende quasi ad urlare rendendo più forte il concetto e il messaggio che vuole far arrivare.
Reputo il brano molto complesso, perché a primo acchito arriva un messaggio molto semplice, narrativo e descrittivo di una comune peste, ma ascoltandolo attentamente riusciamo a carpire il vero significato dell’opera. La composizione parla dell’Italia degli anni di piombo e della ripresa degli ideali vicini al fascismo trattandoli come un virus o, ancora meglio, trascrivendo le parole della canzone: “[…]la peste incalza e viene avanti/si dilaga, si scatena agguerrita/è anche peggio di quella del venti […]” (negli anni venti si sono registrati gli ultimi casi di peste in Europa).
Riconosciamo quindi un valore antifascista e fortemente critico nei confronti anche di chi governava “[…]l’infezione è trasmessa da topi usciti dalle fogne/ma hanno visto abilissime mani lanciarli dai tombini/sono le solite mani nascoste e potenti/che lavorano sotto, che son sempre presenti”, parlandone in maniera estremamente negativa, disegnando gli appartenenti al movimento fascista come topi che vengono comandati da mani di cui non riusciamo a riconoscere le facce e i nomi, creando paura e caos in tutta la nazione.
Ricordiamo che gli anni di piombo sono stati un periodo di estrema confusione e contraddittorietà, esempi ne sono il caso Pinelli, la bomba a Piazza Fontana (ancora senza un reale colpevole) e così via; Gaber ne ha fatto semplicemente un riassunto, non certo soffermandosi nei minimi particolari di ciò che ha portato a classificare quel periodo con la negativa definizione oggi adottata ma con quello che ha provato qualsiasi cittadino a viverci dentro.
“La Peste”, quindi, è un’eredità lasciataci da uno dei capisaldi dell’arte italiana, un ascolto a mio parere obbligatorio da affrontare almeno una volta nella vita, che si ascolti attentamente soffermandosi sul testo che la compone o che la si ascolti senza impegno; e in un momento negativo come questo non credo ci sia condizione migliore per prendere questa responsabilità.
Flavio Neri
Carissimo Flavio ne sono assolutamente convinto che il nostro amico Giorgio,è tutt’oggi più che vivo, e questo pezzo “La peste” è lungiminante. Grazie e sono pienamente d’accordo su ció che hai scritto….
Massimiliano