Da poco più di un mese, in Italia, è stata dichiarata una grave emergenza epidemica che risponde al nome di “COVID19”, laddove “Co” sta per Corona, “Vi” per Virus, “D” per desease (malattia) e 19 indica l’anno in cui il virus si è manifestato per la prima volta nel mondo, ovvero in Cina. Posto che le informazioni circa la diffusione di questa nuova malattia risultano, almeno ad oggi, quanto mai approssimate, frammentate e spesso fuorvianti, sono comunque affidate al buon senso del singolo la volontà e la maturità di procurarsi un’informazione anzitutto responsabile, al fine di poter contribuire, nel proprio piccolo, ad assicurare la limitazione del contagio.
Cosa è un coronavirus?
I coronavirus sono una famiglia di virus comuni, chiamati così per le punte sulla loro superficie che formano una specie di corona. Possono causare malattie che vanno dal comune raffreddore a sindromi respiratorie più gravi come la Mers (sindrome respiratoria mediorientale) e la Sars (sindrome respiratoria acuta grave). Data la forte resistenza del virus, oltre alla sua acclamata velocità diffusiva, oggi la Comunità Scientifica globale si sta impegnando per la sperimentazione di un vaccino che si possa diffondere nel breve periodo. Nel frattempo, il miglior comportamenti da tenere è quello di uniformarsi con estrema precisione alle disposizioni dettate dai decreti d’urgenza emanati in questi giorni dal Governo, in ossequio ai quali è fatto fermo divieto di spostarsi fuori dal proprio Comune di residenza per svolgere attività che non risultano essere dettate da comprovati motivi di necessità o di salute, nonché di creare assembramenti per la durata di quelle strettamente necessarie (come munirsi di beni di prima necessità quando ci si trova all’interno di supermercati e/o farmacie, tabacchi, etc).
Cosa prevede il DPCM 9 marzo 2020
Il Dpcm del 9 marzo 2020, in quello che è l’Articolo n.1 dettante “Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale”, al secondo comma recita:
<<Sull’intero territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico » e al terzo comma ha sostituito la precedente lettera d) dell’art. 1 Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 8 marzo 2020 con la seguente: « d) sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati […]; lo sport e le attività motorie svolti all’aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro ».
E’ evidente come quanto espresso non rappresenti un imperativo a tutti gli effetti, quanto più un’esortazione. Questo già basta affinché il messaggio giunta chiaro e lineare, e perciò stesso non sottoposto a particolari artifici interpretativi. Inoltre, col rinvio al precedente Dpcm, e più precisamente all’art. 4 del Dpcm 8 marzo 2020, lo stesso articolo 1 ha esteso all’intero territorio nazionale e fino alla data del 3 aprile, le disposizioni concernenti le conseguenze della mancata osservazione delle misure di prevenzione che, in tema di responsabilità, rispondono al regime dell’art. 650 del nostro Codice Penale. Se infatti risulta materialmente improbabile per ciascun Paese infettato pervenire a delle misure di risoluzione immediata del problema, nulla impedisce allo stesso di adottare delle misure di contenimento il più possibile stringenti, più o meno com’è avvenuto in Cina dove i casi di tampone positivo, nelle ultime due settimane, si sono notevolmente ridotti. Grazie al portale del Ministero della Salute che ci permette la fruizione dei dati aggiornati sulla situazione di tutte le regioni e le province del territorio italiano, ci siamo dati un obiettivo. Nella misura delle nostre possibilità e competenze, che non sono certamente mediche, vogliamo provare a fornirvi un quadro clinico che sia al minimo esaustivo sulla vicenda. Occorre, in primo luogo, chiarire dove hanno origine i focolai del Coronavirus e com’è stato possibile che questo, a sua volta, si sia diffuso all’estero raggiungendo anche il nostro Paese. Pertanto, quella che in Italia alla fine del mese di gennaio si era presentata come un’emergenza riferita a un caso isolato, il famoso paziente 1 di Codogno, in sole due settimane, grazie ad una variabile fondamentale di cui avrò modo di parlare più avanti, che è il fattore – Tempo, è divenuta un’epidemia a tutti gli effetti. L’emergenza epidemica – che alla fine del mese di febbraio era ormai divenuta un fatto a tutti gli effetti – piuttosto che esser contrastata, è stata corroborata da un’ attenzione oltremodo superficiale prestatavi dalla maggior parte della popolazione italiana. Le conseguenze, che al netto del sentire comune non erano in quel momento percepibili, si sono rivelate devastanti, dando sfogo ad una vera e propria pandemia, così come dichiarata a reti unificate dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l’11 marzo 2020. Ben inteso, è solito dichiararsi situazione di “pandemia” quando un nuovo agente patogeno per il quale le persone non hanno immunità si diffonde rapidamente e con facilità in una zona molto più vasta e diffusa rispetto a quella solitamente interessata da un’epidemia. Risaliamo dunque all’ingresso del coronavirus in Italia, che secondo lo studio effettuato dall’equipe dei ricercatori guidata dal professor Massimo Galli, Direttore del reparto malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, è avvenuto il 20 gennaio 2020. Quel giorno l’Italia aveva ricevuto il primo paziente affetto da coronavirus, un trentottenne di Codogno che veniva immediatamente ricoverato all’Ospedale Civico della città del Basso Lodigiano. La domanda che si sono posti gli esperti è stata: come ha fatto il paziente 1 a contrarre il virus? E’ partita così la caccia al paziente 0. Sul tavolo diverse ipotesi andavano dal cittadino cinese, al manager italiano rientrato dalla Cina passando per un soggetto proveniente dalla Germania. Secondo lo studio del professor Galli, il 22 gennaio in Germania veniva isolato il virus contratto da un manager tedesco a sua volta infettato da una collega cinese di Shanghai, se non fosse che – essendo già in piena circolazione – aveva già contagiato una persona italiana proveniente dalla zona del Basso Lodigiano. La stessa che, una volta rientrata in Italia, ha fatto partire involontariamente l’epidemia. È questo l’identikit del paziente 0, ritrovato dopo poco più di una settimana di incessanti ricerche. Il problema, a questo punto, è chiarire come sia avvenuta la diffusione del virus e, solo dopo, il relativo contagio, partendo da alcune precisazioni mediche. La diffusione del virus: un approccio clinico Ogni virus, è contraddistinto da un valore che è il cosiddetto r con 0. A questo valore corrisponde una cifra che indica il numero di persone che, colui che è affetto dal virus, è in grado di contagiare. Quindi se, a titolo di esempio, l’r con 0 del morbillo è 1, significa che un soggetto affetto da morbillo può contagiare una sola persona, la quale a sua volta potrà contagiarne un’altra e così via; quindi, in questo caso, il morbillo rappresenta potenzialmente veicolo di epidemia. L’r con 0 del corona virus è di 2,5. Questo dato sta a indicare che, colui che contrae il virus, potrà contagiare dalle due alle tre persone, se non fosse che questo valore non è fisso ma varia in considerazione di un parametro fondamentale di cui accennavo più sopra, ovvero il Tempo. Quanto più veloce è il contagio, e quanto più alta è la carica diffusiva del virus, tanto più si è vicini al momento in cui lo si è contratto, che in altre parole significa: se X contrae il virus nel periodo immediatamente successivo alla contrazione, il virus avrà una capacità di contagiare terzi molto più elevata rispetto a quella che ha nel lungo periodo. Alcuni esponenti della Comunità Scientifica ritengono che la contagiosità del coronavirus si estingua secondo dopo una settimana, altri dopo due settimane. Se dopo il periodo medio di contagiosità del virus (che abbiamo detto essere massimo di due settimane), il virus non raggiunge n persone, l’epidemia si arresta. La contagiosità, dunque, si spegne. Questo è uno dei motivi per cui in questi giorni, sfortunatamente, sul Web circolano anche delle pericolose fake news, dando modo di credere che in Cina il virus sia passato. La realtà è ben diversa da come viene raccontata e quello che nel Paese di Mezzo non è un problema del tutto risolto, è stato d’altra parte contenuto notevolmente perchè la gente ha correttamente osservato il regime di quarantena e le regole precauzionali. La dittatura della Repubblica Popolare Cinese prevede infatti pene asperrime per chi occulta i sintomi derivanti da incubazione di coronavirus e, nelle more del giudizio, quelli che potrebbero essere già dieci lunghi anni di reclusione a seconda del capo d’accusa che risponderà alla fattispecie del crimine di “messa in pericolo della sicurezza pubblica mediante mezzi pericolosi” secondo il Codice Penale cinese, potrebbe trasformarsi nella pena capitale più severa che è la pena di morte. Al netto delle considerazioni fatte sulla popolazione cinese, poco resta da attribuire alla variabile temporale. Cioè a dire, se in Cina la contagiosità si è notevolmente attenuata è stato possibile perchè il popolo cinese si è mostrato disciplinato, osservatore delle regole, ed è frutto del comportamento delle singole persone che sono rimaste in casa propria. Passiamo ora ad analizzare i rischi che s’ intendono scongiurare. Occorre, come più sopra anticipato, tutelarsi anche dal contagio virtuale delle fake news. Alcune raccomandazioni igienico – sanitarie, come l’uso della mascherina e dei guanti in lattine quando ci si sposta fuori da casa, di starnutire nel gomito e di sanificare continuamente la propria persona e l’ambiente con l’acqua ossigenata sono veritiere. Tuttavia è scorretto dire che bisogna tutelare solamente gli anziani, gli immunodepressi o i soggetti con comorbilità come gli affetti da sindrome respiratorie e i soggetti asmatici perchè solo rispetto a questi pazienti il virus ha una reale capacità offensiva e può portare a complicanze quali addirittura il rischio di morte. Mentre negli altri soggetti, di norma, l’organismo reagisce abbastanza bene, c’è anche una percentuale minima di persone (il 20%, che non è poi così minima) che riporta patologie per le quali certamente non si rischia la vita, ma è richiesta una cura. Ed arriviamo al punto cruciale: nel momento in cui vengono contagiate persone che presentano queste caratteristiche, come sintomi di polmonite, insufficienza polmonare o renale, ovviamente aumenta il numero di persone ricoverate negli ospedali. Gli ospedali però, non possono garantire un numero illimitato di ricoveri e questo è un problema che non affligge solo alcune regioni d’Italia ma tutte indistintamente. In ospedale, non solo avvengono le nascite, ma quotidianamente si recano persone che hanno bisogno di un ricovero per qualsiasi motivo clinico. L’esigenza di tutela di un paziente anziano attaccato al respiratore è massima, ma se l’egoismo comune spinge a essere sprezzanti verso questa esigenza, basterà pensare all’ipotesi in cui tale esigenza ci dovesse riguardare in prima persona: se noi o un nostro caro, un familiare, un nonno, nella malaugurata ipotesi, avessimo bisogno di un ricovero d’urgenza e l’ospedale fosse pieno, non potremmo usufruire del trattamento sanitario adeguato. Senza considerare il numero di medici costretto a prestare servizio per noi, e che sarebbero esposti al contagio laddove si presentasse un’insufficienza di mascherine. Alla luce di questa indagine, benché approssimata, l’omessa osservanza delle regole di cautela dimostra una totale noncuranza sul piano morale rispetto al fenomeno storico che stiamo vivendo, alla quale si aggiunge il fatto che stiamo condannando il nostro paese al default dal punto di vista economico. Le disposizioni del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte hanno avuto efficacia immediata a far data dal 10 marzo, pur consapevoli degli effetti economici che il regime di quarantena potrà avere sull’economia italiana. Fermo restando che l’esigenza della tutela dell’anziano così come quella del malato oncologico e dell’immunodepresso è massima, il problema è ben di più ampio spettro: riguarda tutti noi e sottolinea la possibilità concreta che un domani recarsi all’ospedale pubblico possa essere un lusso. Il monito che dunque dobbiamo darci, da adesso in avanti, è quello di intraprendere la strada della responsabilità e dell’agire consapevole, nel rispetto ossequioso delle Istituzioni e finché non saremo partecipi di una ritrovata normalità.
Giulia Guastella
Dott.ssa in Relazioni Internazionali
Vicepresidente di IMESI
Sitografia:
Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5351&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto
Protezione Civile:
http://www.protezionecivile.gov.it/
Dipartimento della Protezione Civile, Opendata: http://opendatadpc.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/b0c68bce2cce478eaac82fe38d4138b1
Istituto Superiore della Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/aggiornamenti
OMS Official Website:
https://www.who.int/peh-emf/publications/italy_dis/en/
Il Giornale: