Un dialogo con Alessandro Politi, Direttore della NATO Defense College Foundation e Matteo Bressan, Professore di Relazioni Internazionali e Studi Strategici alla LUMSA e Professore di Analisi Strategica alla Link Campus University sulle dichiarazioni del Presidente francese Emmanuel Macron sulla morte cerebrale della NATO, il ruolo degli USA e il futuro della cooperazione con l’UE.
Il 7 novembre scorso, durante una intervista al settimanale Economist, il Presidente francese Emmanuel Macron ha detto che “Quello che stiamo vivendo è la morte cerebrale della NATO” riferendosi alla questione siriana. Qual è la chiave di lettura di questa affermazione?
Professor Politi : Leggendo con attenzione l’intera trascrizione dell’intervista al presidente francese si nota un doppio senso di frustrazione: in primis verso il partner statunitense che, per diversi motivi, non vuole più essere il paese guida dell’Alleanza e che intende usare un approccio commerciale nelle questioni di sicurezza NATO (io vi proteggo e voi comprate americano); in secundis, verso un’Europa che non sembra ancora dotarsi degli strumenti di una sovranità militare.
Al di là delle diagnosi, quello che conta è spesso la prognosi. La morte cerebrale della NATO a cosa porta? Se è verso la concezione di un’Europa a guida egemonica singola o binaria, non credo vi sarà il consenso di cui uno o due egemoni deboli abbisognano.
Entro quando si pensa di realizzare la sovranità militare europea? In un quinquennio come la Cattedrale di Note Dame e con la capacità di dissuadere ulteriori avventure russe e destabilizzazioni nel Mediterraneo? Un pilastro europeo nella NATO è credibile, se almeno i cinque maggiori paesi vanno veramente nella stessa direzione (per esempio, un solo caccia della V generazione), ma nel frattempo una NATO funzionante offre un sostegno prezioso sulla via della terra promessa.
La prima reazione a questa affermazione è arrivata da parte dell’Ambasciatrice statunitense alla NATO, Kay Bailey Hutchison, che ha mostrato tutto il suo “forte disaccordo verso la valutazione fatta dal Presidente Macron”. Come mai adesso Washington crede nelle potenzialità della NATO considerando che nel gennaio 2017 il Presidente Donald Trump l’aveva definita obsoleta?
Professor Politi : Credo sia sotto gli occhi di tutti una certa dicotomia fra la presidenza degli Stati Uniti ed il resto del paese che fa funzionare il paese. È un problema squisitamente interno e peraltro non esclusivo degli Stati Uniti.
Per il resto il buonsenso fa capire rapidamente che una buona polizza assicurativa non di dismette perché dura da tanti anni: tutte le coalizioni, tanto di moda a partire dal 1991, sarebbero state assai meno efficaci senza decenni di cultura, addestramento, interoperabilità tecnica e mentale e, soprattutto, fiducia reciproca tra alleati.
Molti paesi europei, tra i quali la Germania, hanno minimizzato le dichiarazioni del Presidente francese. Da un lato, hanno riconosciuto la reale esistenza di divergenze all’interno dell’Alleanza atlantica, dall’altro, hanno subito chiarito che Parigi si è espressa in “termini radicali”. A questo punto, la posizione del Presidente Macron, secondo lei, è isolata?
Professor Politi : Credo che bisogna uscire dall’illusione che, se si è i soli a rappresentare una posizione, allora si è deboli perché si è unici. Questo è un vizio di paesi la cui classe dirigente ha smesso di essere responsabile. I francesi sanno benissimo che il consenso nella NATO si costruisce con il consenso di tutti, anche del Lussemburgo: quindi sono in una posizione di catenaccio, cui poco importa se si è in compagnia o no. Gli alleati, saggiamente, intendono mettere in piedi una commissione per affrontare la sostanza dei problemi, come si è sempre fatto dagli anni ’50 del secolo scorso, quando c’erano questioni di fondo.
Nel marzo 2019 la Commissione ha adottato programmi di lavoro per cofinanziare, nel periodo 2019-2020, progetti industriali comuni nel settore della difesa con una dotazione fino a €500 milioni. Sono inoltre stati stanziati €25 milioni per sostenere nel 2019 progetti collaborativi di ricerca nel settore della difesa. La Commissione sta spianando la strada ad un Fondo europeo della difesa pienamente operativo per il prossimo periodo finanziario (2021-2027). Secondo lei, come sarà percepita la NATO nei paesi europei dopo il 2021?
Professor Bressan : L’evoluzione e la crescita, con l’istituzione del Fondo Europeo della Difesa, della dimensione industriale e militare dell’Europa rappresenterà un passaggio fondamentale delle relazioni transatlantiche. Le incertezze dovute alla Brexit, così come ad una serie di annunci del Presidente Trump, stanno determinando un cambio di passo significativo nel futuro della ricerca e dello sviluppo nel settore della Difesa in Europa. È una sfida che i paesi europei dovranno saper cogliere e che non incide su un dato ad oggi incontestabile. La NATO è, e resta, dopo 70 anni la miglior garanzia per la sicurezza degli Europei sia in termini di capacità militari sia in termini di costi.
L’Italia si è impegnata sempre di più nei progetti PESCO, al pari delle Francia. Secondo lei, considerando la politica seguita dall’attuale governo, quale ruolo dovrà avere l’Italia all’interno di una struttura di difesa europea e come questo si può coordinare con la sua posizione all’interno della NATO, in quanto paese ritenuto importante per l’Alleanza grazie anche alla sua posizione geografica?
Professor Bressan : Il nostro Paese è chiamato a svolgere sempre più un ruolo da protagonista nell’attuale contesto internazionale. La geografia condiziona le scelte e, alla luce della nostra posizione nel Mediterraneo legata indissolubilmente alla salvaguardia della navigazione e dei traffici marittimi, la sicurezza energetica e la protezione delle dorsali di cavi e reti che caratterizzano la dimensione sottomarina, l’Italia dovrà sviluppare sempre più il suo strumento militare per poter operare a tutela della propria sicurezza e interesse nazionale anche da sola, se necessario. Inoltre, in quanto contributore netto dell’Alleanza Atlantica sia in termini di capacità sia in termini di militari impegnati in missioni di stabilizzazione, siamo chiamati ad incidere sempre di più nell’ agenda della NATO affinché il fianco sud dell’Alleanza, che è inevitabilmente il principale fronte della maggior parte dei paesi europei, acquisisca sempre più pari dignità con il fianco orientale. È dal fianco sud che provengono le principali sfide alla stabilità e alla sicurezza dell’Italia e dell’Europa e in questo le sinergie con la NATO sono di fondamentale importanza.
Maria Elena Argano
Alessandro Politi: Direttore della NATO Defense College Foundation.
Matteo Bressan: Professore di Relazioni Internazionali e Studi Strategici alla LUMSA e Professore di Analisi Strategica alla Link Campus University.