Un errore pagato a caro prezzo: la caduta di Evo Morales


 

Un Paese scisso.

Evo Morales è caduto, ma è caduto unicamente per colpa di una sua ambizione irrefrenabile causata dalla pericolosa ed insidiosa influenza che il potere ha sull’animo umano e non per un millantato “colpo di stato”, causale, come ha pubblicamente riferito ai mass media lui stesso.

Tutto nacque nel momento in cui, alle elezioni d’Ottobre, che vedevano come avversario politico, di Morales, Carlos Mesa, leader dell’alleanza politica Comunidad Ciudadana e portavoce dell’elitè bianca e di destra del Paese, furono riscontrate delle irregolarità del sistema elettorale boliviano. Irregolarità riscontrate da Brasile, Argentina, Stati Uniti e perfino Unione Europea.

La questione di fondo nasce a partire da una modifica del sistema attraverso un cambiamento apportato alla costituzione del 2009, un cambiamento che sarebbe poi stato messo in atto con la costituzione, “nuova”, del 2016. Oggi, con le elezioni d’Ottobre, l’incongruenza si è manifestata in un contesto di anomia totale. Morales, era ben consapevole che con la costituzione del 2009 non vi era la possibilità di ri-elezione, dopo due mandati, di uno stesso presidente, dunque, con il cambiamento apportato nel 2016 alla stessa costituzione, sotto mentite spoglie, e il Tribunale Elettorale in mano al suo partito (MAS) si era garantito un ulteriore futuro da governatore. Ma in realtà non fu così, poiché venne accusato di broglio elettorale e di corruzione del conteggio dei voti al momento delle elezioni, non potendo – per l’appunto – raggirare lo stesso scoglio dell’incadidabilità da lui stesso istituito.

Le motivazioni di fondo che causarono il caos e la scissione del Paese, in questi ultimi giorni, furono caratterizzate propriamente da un eccesso di ambizione che portò Morales a cadere sui suoi stessi passi, commettendo degli errori politici banali. Il socialismo che è riuscito ad incarnare nel suo operato, facendo molte cose funzionali ad una crescita economica, culturale e sociale della Bolivia, si è macchiato di una brutta pagina politica dettata dall’assoluta irrazionalità morale e civica che viene causata dall’anarchia del potere negli uomini che lo detengono. Una manovra che ha pagato a caro prezzo.

Morales si è dimesso da un Paese che per una parte vedrà molte delle sue idee sopravvivere alla sua immagine, ma che allo stesso tempo, dall’altra, lo ricorderà come un debitore della democrazia. Poiché l’opposizione non aspettava altro che uno spiraglio per introdursi ed avallare la totale crisi. Errori politici strumentalizzati da un clima di opposizione che riuscì a ribaltare, a proprio piacimento, il contesto politico della Nazione.


Evo Morales e la grave perdita per il socialismo.

Evo Morales è stato il primo presidente indigeno in Sud America, vessillo del socialismo sudamericano, sindacalista ed ex cocalero (coltivatore di coca). Un individuo che presentava tutti i requisiti per combattere l’ondata capitalista di un liberismo economico che ormai imperversa fino al midollo di questo mondo. La sua immagine è associata alla reale crescita, sotto ogni punto di vista, della Bolivia. Il Paese conobbe una ripresa inaudita con la sua presenza al Governo, dal 2005, anno in cui più della metà della popolazione (il 54%) viveva nella miseria ricevendo una rendita giornaliera di appena 5 dollari, passò al 2017 con una diminuzione a meno della metà (il 24%). Il Paese vide la nazionalizzazione non soltanto di petrolio e gas, ma anche di altre miniere di stagno e zinco, vedendo messa in atto una politica economica che riuscisse a mantenere buoni rapporti con i proprietari attraverso compensazioni logiche e funzionali. Insomma un governo che riuscì a pensare alla causa di un Paese e al benessere della collettività, con un Pil cresciuto vertiginosamente negli anni dei vari mandati.

Dunque, la perdita immorale, come richiama il titolo di questo paragrafo, di un presidente, che provenendo da una classe non agiata riuscì a fare della politica il mezzo per sposare la causa del suo popolo e combattere l’imperialismo, ha rappresentato la distruzione di un sistema di sinistra che si era posto in contro tendenza granitica con le logiche del liberismo. Tutto questo oltre a far di lui il totem di un’ideologia che vedeva gran parte della collettività unirsi nella sua figura, purtroppo lo ha reso anche la motivazione per cui si ritrovava nel mirino di un’opposizione che aspettava qualsiasi minimo errore per causare una crisi che portasse alla sua caduta. L’ambizione al quarto mandato, di Morales, manifestatasi sotto forma di sotterfugi elettorali è stato un errore ed una caduta di stile poiché nessuno è al di sopra della legge. Vi è anche da evidenziare che, ugualmente, il Paese rimane scisso tra due fazioni antitetiche pur essendosi, il Presidente, macchiato le mani con un atto incostituzionale. Con la caduta di Morales si fanno anche i conti con la caduta di un socialismo che aveva visto nella sua figura un modo per agire nel e dall’interno del tessuto sociale plasmando il sostrato ideologico del paese.

 

Un colpo di Stato sotto mentite spoglie.

Nel primo paragrafo abbiamo alluso ad un millantato colpo di Stato, ma in realtà, in questo contesto, sembra che tutti i tasselli del mosaico si siano ritrovati al posto giusto nel momento giusto. Effettivamente non si è manifestato un vero e proprio colpo di Stato, ma di quest’ultimo una certa e velata atmosfera si è respirata. L’opposizione, reduce da un fallimento veicolato dalla controparte nel momento delle elezioni d’Ottobre, ha colto la palla al balzo trovando un terreno fertile per la sovversione del potere apparentemente costituitosi, ovvero il quarto mandato di Morales. Ma ciò che realmente denuncia le effettive intenzioni di tutta la giunta dell’opposizione è ciò che sta capitando adesso che Morales ha espatriato, essendo ricevuto con grande successo, nel Messico. Precedentemente, sempre nel primo paragrafo, dicevamo che Morales passerà alla storia come un debitore della democrazia per colpa della sua “mancanza costituzionale”, ma in realtà, ciò che sta minando totalmente la democrazia è questo rastrellamento coatto e di massa che le millantante forze al servizio della democrazia stanno attuando nei confronti dei civili sostenitori di Morales, per ordine dell’oligarchia di estrema destra, bianca e populista, che sta prendendo il potere nel Paese. Una destra che vuole prendere le redini degli introiti di quelle famose nazionalizzazioni che aveva messo in atto Morales e distribuirle nelle mani dei pochi, quella destra che vuole eliminare dalla scena politica ogni entità indigena nel più anarchico dei razzismi, una destra che vuole comandare a discapito dei molti, riuscendo ad annullare quel socialismo che aveva caratterizzato per tre mandati il governo di Evo Morales.
In realtà, poi, si è visto manifestarsi uno scenario già registrato nel lungo corso della storia, da Allende e Chavez, ovvero quello che vede un’opposizione che si scaglia con tutta la sua violenza nei confronti del soggetto nel mirino, sfruttando quelle piccole crepe causate da errori che potevano essere evitati. La violenza è sempre all’ordine di queste manovre, strutturata su un’etica che muove e legittima la repressione fisica e morale al fine di un accaparramento di tutto il potere. Ciò che sta succedendo in Bolivia oggi fa male e preme sul petto di qualsiasi individuo che si reputi uomo di principi, ma si tratta dell’ennesima reiterazione di un male recrudescente che ha come unico interesse il potere dei pochi. Dunque, la tesi di Chomsky sugli Stati Uniti è più che vera, perché proprio gli Stati Uniti erano nell’ombra, come un puparo di fronte ai suoi pupi, ad avallare il crollo del Governo di Morales e a sostenerlo.

 

Maurilio Ginex

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