Il Parlamento si appresta, questa settimana, a votare in via definitiva, la riforma costituzionale relativa al taglio dei parlamentari: in particolare, il Senato passerà dagli attuali 315 a 200 senatori e la Camera dagli attuali 630 a 400 deputati. La riforma, che non incide sul bicameralismo perfetto, caratteristica propria dell’ordinamento italiano, non imporrà neanche significative modifiche all’attuale legge elettorale, salvo per i decreti attuativi relativi alla definizione delle circoscrizioni e dei collegi elettorali.
La riforma, fortemente voluta dal Movimento Cinque Stelle, sulla carta dovrebbe contare su un voto trasversale abbastanza ampio, tale da evitare il referendum confermativo. E’ una riforma che, fermo restando l’anacronistico sistema bicamerale di tipo paritario, ha un duplice obiettivo: da un lato favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e, dall’altro, ottenere concreti risultati in termini di spesa pubblica (dunque ridurre il costo della politica).
È stato fatto rilevare come la rideterminazione del numero di deputati e senatori si rifletta su diversi altri profili. In particolare, è stato evidenziato un possibile impatto della riduzione del numero dei parlamentari sull’organizzazione interna delle Camere con riguardo, ad esempio, al numero dei componenti delle Commissioni parlamentari e dei Gruppi parlamentari. Si tratta, però, di questioni che potranno essere affrontate in sede di modifica dei Regolamenti parlamentari, tenendo conto che tali organismi comunque funzionano tecnicamente anche in presenza di un numero ridotto di parlamentari. Inoltre, ed è questo a mio avviso l’aspetto più importante, la rideterminazione numerica inciderebbe sull’effettiva dinamica dei procedimenti. Per quanto riguarda, ad esempio, l’elezione del Presidente della Repubblica, la prevista riduzione del numero dei parlamentari comporterebbe una variazione nell’assemblea degli elettori: 600 parlamentari ai quali si devono aggiungere i 58 rappresentanti delle Regioni (tre delegati per ciascuna Regione; un solo delegato per la Valle d’Aosta). Non considerando i senatori a vita, le maggioranze richieste dall’articolo 83 della Costituzione sarebbero così rideterminate: 439 voti necessari ai primi tre scrutini (due terzi dell’Assemblea); 330 voti dal quarto scrutinio (maggioranza assoluta), essendo il numero degli elettori pari a 658 (400+200+58).
La conferma dei 58 delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica avrebbe come effetto un peso percentuale dei delegati medesimi sul totale degli aventi diritto al voto lievemente superiore. Occorre tuttavia osservare come la composizione del “collegio presidenziale” non sia mai stata posta dalla Costituzione in relazione alla consistenza delle Camere. Basti pensare che il numero fisso dei delegati regionali era previsto dal testo costituzionale fin dal 1948, quando il numero dei parlamentari (prima della riforma del 1963) non era invece determinato in misura fissa, ma era variabile nel numero.
Al fine dunque di evitare che l’elezione del Presidente della Repubblica ( non il successore di Mattarella, che sarà eletto da questo Parlamento, mentre la riforma costituzionale, se approvata, entrerebbe in vigore per l’elezione del nuovo Parlamento, al netto di una eventuale crisi di Governo con contestuale scioglimento delle Camere) possa essere determinata dall’influenza maggiore dei senatori a vita e dei delegati regionali, occorre intervenire, con ulteriore legge costituzionale, per ridurre appunto il numero dei rappresentanti regionali e, perché no, privare i senatori a vita dell’elettorato attivo: questo, al fine di rendere l’elezione del Capo dello Stato espressione pura della sovranità popolare, che ha nel Parlamento democraticamente eletto la sua esclusiva rappresentanza. Per adesso, tuttavia, auguriamoci che la riforma passi e che non sia l’ennesimo fallimento, dovuto quest’ultimo ad incomprensibili rivalse della Lega di Salvini o al microscopico partitino dell’ex
sindaco di Firenze. Attendiamo fiduciosi!