É ormai appurata la posizione del governo russo di fronte al conflitto Presidenziale in Venezuela. Esso manifestò il proprio sostegno nei confronti dell’attuale Presidente (e vincitore delle famose elezioni del 2018 aspramente condannate da USA ed UE) Nicolás Maduro, schierandosi diplomaticamente sin da subito a partire dall’inizio della crisi e dell’autoproclamazione di Juan Guaidò come Presidente Pro Tempore.
Sembrerebbe, quasi, una reiterazione di un’immagine conflittuale del passato: i due colossi del palcoscenico mondiale, USA e Russia, si trovano nuovamente a sostenere i due poli opposti. Gli USA, per voce del Presidente Trump, hanno sin da subito sostenuto Guaidò e con loro, ben presto, anche buona parte del resto dei Paesi Sudamericani e sulla stessa scia si colloca anche l’Unione Europea. Sull’altro piatto della bilancia l’attuale Presidente Maduro gode del sostegno di numerosi organi nazionali, come l‘esercito e l‘assemblea costituente, da un lato, e Paesi esteri, come per l’appunto la Russia, dall‘altro. Il sostegno russo alla causa Venezuelana non va riscontrato, tuttavia, in una semplice dottrina di opposizione agli storici rivali statunitensi, poichè il motivo principale va ricercato nel passato, precisamente al 2006.
Erano gli anni a cavallo del Secondo e del Terzo governo Chavez, quelli appena successivi al fallito Golpe ed al Referendum per destituirlo. In quel periodo, a seguito della disastrosa politica economica venezuelana intrapresa dallo stesso Chavez (e continuata poi da Maduro), il Paese venne economicamente dilaniato. A subirne il prezzo più caro fu l’industria petrolifera, a salvaguardia del Paese intervenne però il Cremlino, in funzione di ultimo baluardo prima di una situazione che avrebbe condotto al Default Economico. Secondo stime fornite dall’agenzia britannica Reuters, sarebbero stati circa 17 i miliardi versati da Mosca verso Caracas (stima destinata ad aumentare, dopo la promessa del Presidente Putin di provvedere ad altri aiuti). Di questi 17 miliardi, ben 2,2 sono andati nel corso del tempo a formare l’arsenale delle forze armate venezuelane, con l’acquisto dei cacciabombardieri Sukhoi (tra l’altro utilizzati come rimpiazzo degli americani F-16 che gli stessi USA rifiutavano di fornire), di carri armati e di armi leggere, con tanto di apertura di fabbriche Kalashnikov su suolo venezuelano. Come questi prestiti siano destinati ad essere ripagati, si evince dalla più semplice delle analisi, ovvero che il Venezuela è attualmente il Paese con le più ampie riserve di petrolio certificate. Ecco quindi come circa il 10% della produzione totale di greggio in Venezuela sia in mano a Joint Venture a trazione russa.
Tuttavia, non si tratta solo di aspetti puramente economici. Le limitazioni del settore petrolifero venezuelano, soprattutto con le ricadute dovute alla pesantissima crisi economica, sono troppo evidenti per portare ad un vero e proprio rialzo economico tramite gli aiuti russi.
Si tratterebbe quindi di mosse a stampo politico, una sorta di Nuova Cuba, dove i russi possano far presente la propria pressione agli States, con il sostegno ad un Paese contrario a Washington. Alla luce di ciò, quindi, risulta meno clamorosa la recente notizia dell’atterraggio a Caracas dei bombardieri russi con capacità di trasportare testate nucleari.
Parallelamente anche Maduro e Chavez hanno provveduto a “ripagare” quantomeno diplomaticamente gli sforzi del Cremlino, riconoscendo prima i governi di Abcasia e Sud Ossezia e poi l’annessione della Crimea, facendo sempre da eco alle azione russe in modo che risuonassero in maniera più forte all’orecchio degli USA.
Viste le somiglianze fra il governo Maduro ed il governo Putin, quest’ultimo vorrà sicuramente analizzare le situazioni e gli eventi dei prossimi mesi, essendo sempre stata – sin dai tempi della caduta di Gheddafi – la rivolta dell’opposizione un punto fermo del leader russo. E come lui, sicuramente anche il resto del mondo terrà lo sguardo fisso sul Venezuela, angolo del Sud America che sta costruendo man mano che se ne scorgano gli sviluppi uno scenario similare a ciò che fu quello della Guerra Fredda.