Ieri mattina all’aeroporto “Simon Bolivar” di Caracas sono atterrati due bombardieri strategici Tupolev Tu-160, accompagnati da un velivolo da trasporto Antonov An-124 e da un Ilyushin Il-62. A detta degli analisti militari tale iniziativa avrebbe lo scopo di mostrare la crescente abilità militare di Mosca per puntellare il governo del presidente venezuelano, Nicolás Maduro. L’invio del materiale bellico segue le promesse fatte dal Cremlino la scorsa settimana durante un incontro bilaterale in cui si è rinnovata la volontà di rafforzare la cooperazione economica e militare fra Mosca e Caracas.
L’arrivo dei quattro aerei anticipa quello di alcune unità navali che svolgeranno un’esercitazione congiunta con le forze Venezuelane, ma che nascondono una messaggio di avvertimento rivolto agli Stati Uniti che, nel 2017, hanno compiuto la più imponente esercitazione militare dai tempi della guerra fredda proprio al largo delle coste del Venezuela. Tradewinds 2017 è stata da molti interpretata come una palese dimostrazione di forza e un atto intimidatorio rivolti al governo venezuelano che è stato spinto ancora più fra le braccia della Russia che in quella regione spera di accaparrarsi un porto sicuro per la propria marina e di rinsaldare l’alleanza con un paese che detiene le più consistenti riserve petrolifere al mondo. L’amministrazione USA ha apostrofato, tramite il segretario di Stato Mike Pompeo, l’arrivo dei bombardieri russi come scelta “non diplomatica e inappropriata” etichettando i due governi come “governi corrotti che stanno sperperando le finanze pubbliche e reprimendo la libertà dei loro cittadini che soffrono”.
In risposta il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha dichiarato questa mattina ad un briefing con la stampa locale che “Tali accuse, da parte di un segretario di Stato, sono assolutamente inappropriate. Si tratta di un’accusa molto grave al governo della Federazione Russa. Per quanto riguarda invece il presunto sperpero delle nostre finanze pubbliche, non siamo d’accordo, soprattutto quando le accuse vengono da un paese la cui spesa nel settore della difesa potrebbe sfamare l’intero continente africano”
A margine del già citato summit fra Vladimir Putin e Nicolás Maduro si è svolto anche un incontro fra il ministro della difesa venezuelano Padrino Lopez e il suo omologo Sergej Shoigu, l’intento, da parte delle forze armate venezuelane, è quello di ammodernare e rendere di nuovo efficace il proprio sistema di difesa aereo , reso inefficace da anni di incuria e ristrettezze economiche. Così Lopez ha commentato l’incontro con Shoigu “Nel corso dei colloqui sono state sollevate molte questioni relative all’area militare. In particolare, sul rafforzamento della cooperazione nella manutenzione degli equipaggiamenti forniti al nostro Paese dalla Russia. Si tratta di sistemi terrestri e aerei. Abbiamo concordato sulla necessità di aggiornarli”
Il piano è quello di rifornire gradualmente il paese sud Americano con caccia da superiorità aerea di generazione 4++ come il SU-35 e con il sistema di difesa missilistico S-300, la cui efficacia è stata già saggiata dalle truppe russe nel teatro siriano. Con capacità di attacco oltre confine estremamente limitate, il Venezuela punta ad arginare la superiorità aerea statunitense, in caso di scontro diretto, introducendo un significativo fattore di rischio assente in Siria, Libia o Iraq, scenari in cui la difesa anti aerea era un elemento assolutamente di poco conto per l’aviazione. I moderni caccia di “ quarta generazione” che Caracas è decisa ad acquistare sono anche di gran lunga al di sopra e al di là delle capacità di qualsiasi cosa precedentemente affrontata da un’aeronautica occidentale, che negli ultimi anni si è limitata a contrastare forze aeree composte da vecchi velivoli di fabbricazione sovietica degli anni ’60 a cui mancavano, nella maggior parte dei casi, le parti di ricambio necessarie a renderli pienamente operativi.
L’accordo non prevede soltanto la fornitura di materiali bellici ma anche l’addestramento di operatori in grado di utilizzarli efficacemente. Assieme ai Tupolev, ieri mattina, sono atterrati a Caracas numerosi osservatori militari e alcuni piloti dell’aviazione russa, veterani delle campagne di bombardamento in Siria, con il compito di istruire i loro colleghi venezuelani ai nuovi apparecchi.
Tuttavia il bilaterale non ha avuto soltanto le forniture militari come oggetto, sono stati firmati accordi per un totale di circa cinque miliardi di dollari destinati ad incrementare la produzione di greggio nel paese sud americano e sono anche stati firmati accordi per un miliardo di dollari destinati al settore dell’estrazione mineraria . “Abbiamo anche firmato il contratto per garantire 600 mila tonnellate di grano per il pane del popolo del Venezuela”, ha comunicato Maduro rassicurando il Cremlino che il “Piano di recupero, crescita e prosperità economica” lanciato la scorsa estate sta dando i suoi frutti. La Federazione russa resta il maggiore alleato politico ed economico del Venezuela, che si trova sempre più isolato a causa delle sanzioni imposte dall’amministrazione statunitense e dall’UE che accusano Maduro di voler annullare le istituzioni democratiche e di aver causato la più grande crisi economica vissuta dal paese dai tempi della grande depressione.