Chimera Sudafrica


L’eredità e il vuoto spirituale nella terra di Nelson Mandela, tra corruzione, boom economico e lo spettro di una nuova Apartheid, a cento anni dalla sua nascita. A cinque dalla sua morte.


 

Nel primo centenario della nascita di Nelson Mandela, festeggiato in pompa magna lo scorso 16 luglio in uno stadio di Johannesburg gremito di folla e personalità politiche mondiali, e a cinque anni dalla sua morte il prossimo 5 dicembre, l’eredità politica e sociale che Madiba ha lasciato al suo Sudafrica è tanto complessa quanto ricca di speranza.

Il 18 febbraio scorso un importante avvenimento è accaduto all’interno della politica Sudafricana; il decennale, controverso e corrotto presdiente Jacob Zuma è stato obbligato dall’African National Congress alle dimissioni, consegnando le chiavi del paese al Vice presidente (e pupillo di Mandela) Cyril Ramaphosa.

Dopo quasi dieci anni alla guida del paese Africano, la realtà politica ed economica più grande dell’intero continente, il presidente libertino giunto quasi alla fine del suo secondo mandato (Zuma ha dichiarato di avere 5 mogli e 20 figli ndr.), colui che ha fondato insieme a Russia, Cina, Brasile e India il gruppo dei Brics, riuscendo altresì ad imporre la presenza del Sudafrica all’interno del G20, ha dovuto lasciare la carica presidenziale poiché investito dalla turbine della corruzione, degli scandali, delle vicende sessuali che da sempre hanno caratterizzato la sua storia politica.

E così quello che fu il partito fondato da Mandela, l’African National Congress, dal 1994 saldamente piantato nella maggioranza al Parlamento ha ritenuto opportuno silurare Zuma, sostituendolo con il vice Ramaphosa, il quale dovrebbe accompagnare il paese alle elezioni del 2019.

Il paese, martoriato dagli scandali politici della sua classe politica, è una vera e propria chimera.

Se da una parte, stando ai dati dell’ONG Transparency International, il tasso di corruzione nel paese è aumentato al punto da calare di posizione (dal 64mo del 2016 al 71mo del 2017) nell’indice della lista dei 180 paesi presi annualmente in studio; dall’altra parte l’economia del gigante africano è in continua crescita. Il Pil nel 2017 è aumentato dell’ 1,3% rispetto al 2016, arrivando così al 3,1%. L’aumento del PIL è stato possibile infatti grazie agli scambi effettuati con le tre potenze economiche: Germania, Stati Uniti e Cina. Questi ultimi sono i primi esportatori di materie minerarie come oro, diamanti, cobalto, di cui il Sudafrica ne è la prima produttrice al mondo. Tuttavia a questo boom economico succede una grave disoccupazione, attestata al 25%.

Per rimediare a questa grave piaga, qualche settimana dopo la nascita della presidenza Ramaphosa, Il partito di estrema sinistra ed ultranazionalista EFF  (Economic Freedom Fighters) ha proposto al governo di avviare espropriazioni di massa dei terreni di proprietà dei contadini bianchi per darle ai neri.

Ramaphosa ha accolto con favore tale proposta facendola divenire legge il 27 febbraio.

Negli ultimi anni, con intensificarsi dalla morte di Mandela, la questione razziale in Sudafrica è riemersa. O forse non è stata mai sconfitta. Forti risentimenti nazionalisti, trascinati dalla memoria dei tristi giorni dell’apartheid, hanno rimesso in discussione quella tenuta, quella pax sociale e di etnia che dal 1990 hanno segnato e cambiato la storia del paese, e di tutta l’Africa.

Gli afrikaner, ovvero i bianchi sudafricani discendenti dei coloni olandesi e inglesi, oggi sono circa 4 milioni e mezzo, quasi centomila in meno rispetto al 2013, e rappresentano poco più che l’8% della popolazione del paese. 

Storicamente i più ricchi, poiché proprietari delle immense terre sudafricane, i boeri si concentrano a nord nella provincia del Gauteng e nella provincia del Capo Occidentale; ed è proprio questa loro secolare appartenenza alla terra che li vede, oggigiorno, protagonisti di un “Apartheid inverso”.

Dalla fine degli anni ’90 i proprietari terrieri boeri sono stati protagonisti di attacchi alle loro fattorie, sfociate spesso nel sangue. Nel solo 2016 si sono contate circa 446 attacchi e 49 morti. E ancora, le politiche di disuguaglianza attuate dal ANC durante l’amministrazione Zuma, se da una parte hanno consentito alla popolazione nera del paese di imporsi all’interno della società, altrettanto non è accaduto ai bianchi. Circa mezzo milione di boeri infatti vive in povertà assoluta, accampata in immense distese di lamiere e bidonville a ridosso di centri come Johannesburg, Bloemfontein e Città del capo, totalmente esclusi dalla società, in balia di continui raid, atti xenofobi e repressioni.

Ma nel paese di Madiba, in questo immenso meltingpot di etnie e di lingue diverse (vi sono 11 lingue ufficiali ndr.), di infinite lande desertiche e parchi safari, vitigni e metropoli, in questa incredibile, contraddittoria realtà che è il Sudafrica ci sarà posto per chiunque e che la riforma agraria di espropriazione dei terreni dei boeri non deve essere assolutamente vista come una minaccia razziale, parafrasando le dichiarazioni di Ramaphosa.

E se questi primi mesi di governo sono una rivelazione ed una boccata d’aria per l’economia del paese, qualcuno a destra grida ed auspica ad una guerra razziale.

Emanuele Pipitone

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