L’alba di una nuova epoca



 

Il 27 aprile 2018 è una data che rimarrà per sempre impressa nella storia. 

Sessantacinque anni dopo l’armistizio che nell’estate ’53 pose fine ai combattimenti della Guerra di Corea, nel villaggio di Panmunjeom lungo la Zona Demilitarizzata Coreana, il presidente sudcoreano Moon Jae-in e il sedicente opposto nordcoreano Kim Jong-Un si sono incontrati per la prima volta nella storia, nel punto esatto dove, secondo gli accordi delle Nazioni Unite del ’53, si incontrano le due Coree.

Le immagini della topica stretta di mano tra i due leader è immediatamente risaltata agli oneri della cronaca mondiale. Kim Jong-un col suo caratteristico passo spedito, che scende scortato da decine di uomini le scale della “Casa della Pace” dirigendosi verso la Joint Security Area ovvero la zona di sicurezza congiunta Coreana, dove, oltre la linea di cemento che segna la frontiera, il presidente Moon, porge la mano tesa, quasi come se fosse fremente di entrare nella storia. Qualche scambio di parola, affabili sorrisi e poi prima Kim e infine Moon oltrepassano i rispettivi confini, segnando l’inizio di una nuova era. 

La prima visita ufficiale di stato di un leader Nordcoreano in Corea del Sud e, nello specifico, la visita di Kim Jong-Un, il quale fin dall’inizio della sua presidenza aveva minacciato rappresaglie militari, effettuato test balistici e innalzato ,fino ad inizio anno, il livello di potenziale conflitto nella regione, marca ancora di più il terreno per un imminente trattato di pace oltre che l’annunciata rinuncia allo sviluppo di armi nucleari. 

Questa distensione ha ricevuto il beneplacito dell’amministrazione Trump, grande assente “fisico” al Summit di Panmunjeom. Il ruolo degli americani è sempre stato fondamentale ed essenziale nel corso di questi sessantacinque anni. La Joint Security Aerea, tecnicamente sotto il controllo dei caschi blu delle Nazioni Unite, in realtà non è altro che una forza congiunta sudcoreano-statunitense. Questi ultimi mantengono in attivo una armata di quasi venticinquemila uomini, quasi tutti dispiegati lungo il 38° parallelo. La fine delle ostilità indubbiamente ridimensionerebbe la strategia statunitense non solo nella Penisola coreana, ma anche nel Pacifico Orientale.

Dal canto suo, Donald Trump ha rivelato di un incontro segreto avvenuto all’inizio di aprile a Pyongyang tra il neo segretario di stato Mike Pompeo e Kim Jong-Un, annunciando in questi giorni la preparazione di un bilaterale ufficiale tra lui e Kim.

La politica distensiva dell’amministrazione Trump nei confronti della Corea del Nord indubbiamente viene posta in un secondo piano rispetto a quella della Corea del Sud, la quale pare abbia mandato avanti autonomamente questa storica rivoluzione, ostinandosi ad ostentare un ruolo attivo di attore egemone sullo scacchiere del Pacifico, perdendo tuttavia di credibilità.

L’incontro di Panmunjeom, la stretta di mano tra i leader coreani, i sorrisi, le battute e la speranza di un futuro di Pace per il popolo coreano e per la Penisola tutta, lasciano spazio ad un reale quanto rivoluzionario cambiamento.

Tuttavia tre incognite, di cui una disturbante, aleggiano sui cieli della Corea:

– Cosa accadrà nella penisola di Corea all’indomani del Trattato di Pace?

-Quale destino spetta ad una realtà sociale regredita come quella nordcoreana?

-Che ruolo svolgeranno gli americani nella regione e come si comporteranno Cina e Russia?

– Cosa nasconde il silenzio diplomatico di Cina e Russia sullo sfondo dell’incontro di Panmunjeom?

All’alba di questa nuova era storica certe congetture sono (forse) troppo premature da fare. Ma tolto il “terzo incomodo” di Kim, la Corea potrebbe essere il terreno di scontro per lo sviluppo e lo sfogo di quegli attriti tra potenze che in questi mesi, fra sanzioni e guerre doganali, hanno alzato sempre di più i toni.

 

Emanuele Pipitone

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