Minaccia terroristica: percezioni a confronto
Il primo punto di riferimento per comprendere l’approccio europeo nei confronti del terrorismo, si evince dalla Strategia Globale dell’UE. La Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE è stata adottata a seguito del Summit dei capi di Stato a Bruxelles il 28-29 giugno del 2016. Questa, suddivisa in 8 capitoli, contiene l’approccio, gli obiettivi, i fini, gli interessi e i punti cardine relativi alla politica dell’UE in materia di sicurezza e difesa. Nel capitolo consacrato alle priorità dell’azione esterna, l’UE individua il terrorismo come una minaccia da contrastare. Proprio per questo tra le azioni da intraprendere concretamente l’UE considera essenziale il dialogo tra tutte le politiche estere degli Stati membri congiungendo gli interessi interni con quelli esterni per raggiungere un obiettivo comune: la lotta contro il terrorismo.
In effetti, parafrasando il contenuto della Strategia Globale l’UE percepisce se stessa come un’organizzazione soggetta a minaccia. La sicurezza dell’Europa orientale viene considerata minata, e il terrorismo e la violenza vengono identificati come conseguenze delle crisi in Nord Africa e in Medio Oriente. Presentandosi come organizzazione che vuole preservare la democrazia e il dialogo, l’UE riconosce la necessità di un cambiamento radicale al fine di garantire la propria sicurezza attraverso la cooperazione e la collaborazione con altri attori sia statali sia internazionali.
Proprio per questo, l’UE tra le sue priorità ha identificato la lotta contro il terrorismo (capitolo 3 della Strategia Globale). Evidenziata la priorità, l’UE identifica l’approccio che deve fondarsi:
- Sullo scambio d’informazioni e la cooperazione in materia d’intelligence tra gli Stati membri e le agenzie UE;
- Sull’approfondimento dei lavori in materia di istruzione, comunicazione, cultura, gioventù e sport nella lotta contro l’estremismo violento;
- Sulla lotta contro la radicalizzazione espandendo le partnership con la società civile, gli attori sociali, il settore privato e le vittime del terrorismo, così come il dialogo interculturale e interreligioso,
- Sullo sviluppo della cooperazione, principalmente con il Nord Africa, il Medio Oriente, i Balcani occidentali e la Turchia, nella lotta contro il terrorismo, l’estremismo violento e la radicalizzazione;
- Sugli sforzi per garantire la stabilità dei paesi a rischio e far rispettare i termini delle tregue e del cessate il fuoco per arrivare ad una soluzione pacifica e duratura del conflitto.
Da quanto si può notare dalle linee guida emerge un approccio che coincide con le vocazioni strutturali dell’UE: la democrazia, il dialogo, la cooperazione, e la creazione della stabilità. La percezione della minaccia esiste, ma viene adattata agli strumenti e ai mezzi tipici mobilizzati dall’UE davanti ad altri tipi di minaccia, e non viceversa. Ciò significa che l’UE vuole mantenere la propria identità e contrastare la minaccia terroristica con un approccio fondato sul soft-power.
Proprio da come si evince dalla Strategia Globale, ci sono quattro misure cardine che l’UE intende adottare contro questo tipo di minaccia:
La prima è la prevenzione, vale a dire contrastare i fattori che comportano la radicalizzazione. La seconda è protezione dei cittadini, intesa come una forma di tutela per gli obiettivi vulnerabili attraverso il rafforzamento della sicurezza esterna. La terza è il perseguimento degli atti terroristici rafforzando le capacità degli attori statali per creare una disciplina interna fondata sulla cooperazione in grado di colpire le risorse economiche e finanziare del terrorismo. L’ultima è la reazione, intesa come capacità di gestire l’emergenza dopo un attentato terroristico, per proteggere i civili.
Da ciò emerge che l’UE non adatta le proprie misure per contrastare in toto la minaccia terroristica, ma ha costruito un sistema fatto a propria immagine per contenerla. In altre parole, nessun tipo di operazione militare è concepito. Tuttavia, un mese dopo dall’adozione della Strategia Globale l’UE durante il Summit della NATO a Varsavia ha firmato la Joint Declaration, fondata sulla cooperazione e la collaborazione reciproca. La Joint Declaration, firmata dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, della Commissione Europea Jean-Claude Juncker e dal Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha identificato sette aree di approfondimento della cooperazione UE-NATO: combattere le minacce ibride, cooperare in modo operativo per la questione migratoria, rafforzare la sicurezza e la difesa informatica, migliorare le capacità di difesa, migliorare l’industria della difesa e la ricerca, intensificare le esercitazioni, e sostenere gli sforzi per migliorare la capacità dei partner orientali e meridionali. In effetti, nella Joint Declaration si legge:
“Boost our ability to counter hybrid threats, including by bolstering resilience, working together on analysis, prevention, and early detection, through timely information sharing and, to the extent possible, intelligence sharing between staffs; and cooperating on strategic communication and response. The development of coordinated procedures through our respective playbooks will substantially contribute to implementing our efforts”.
Questo dimostra la volontà dell’UE di impegnarsi con un’organizzazione come la NATO al fine di contrastare la minaccia terroristica. Tuttavia, questo avvicinamento non include una cooperazione o un impegno militare da parte dell’UE. La Strategia Globale e la Joint Declaration mostrano entrambe che l’UE vuole mantenere la sua identità di potenza democratica caratterizzata dal soft-power, con un’inclinazione cooperativa con l’Alleanza Atlantica per ciò che riguarda le minacce ibride.
La NATO, invece, dopo il vertice del 25 maggio a Bruxelles ha mostrato la sua strategia in materia di lotta contro il terrorismo, fissando priorità e obiettivi.
Seguendo un percorso storico, già nel 1999 lo Strategic Concept dell’Alleanza identificava il terrorismo come uno dei rischi che avrebbe potuto incidere sulla sicurezza della NATO. Nel 2001, inoltre, la NATO, in seguito alla richiesta degli Stati Uniti che ha evocato l’articolo 5, ha lanciato la sua prima operazione contro il terrorismo – Operation Eagle Assist: sono inviati sette aeromobili radar NATO AWACS per aiutare a pattugliare i cieli negli Stati Uniti. L’anno successivo, al Vertice di Praga, i leader della NATO hanno espresso la loro determinazione al fine di dissuadere, difendere e proteggere i confini dell’Alleanza da qualsiasi attacco armato dall’estero, adottando un pacchetto di misure per contrastare il terrorismo. Nel 2010, il Vertice di Lisbona ha visto la presentazione del nuovo Strategic Concept, il quale riconosceva che il terrorismo costituiva una minaccia diretta alla sicurezza dei cittadini dei paesi della NATO, esortando anche gli stati membri a migliorare le proprie capacità per difendersi dal terrorismo internazionale e sviluppare con i partner adeguate capacità militari.
Durante più recente Vertice di Varsavia (luglio 2016), oltre ad aver sancito una cooperazione con l’UE per contrastare le minacce ibride, gli alleati hanno deciso di fornire sostegno attraverso la NATO alla lotta contro l’ISIL. Gli aeromobili NATO AWACS sono mobilizzati per fornire informazioni alla Coalizione Globale. Inoltre la NATO ha rinnovato il suo impegno in Iraq e in Afghanistan, rafforzando la cooperazione in corso con la Giordania. Il giro di volta è però arrivato durante la riunione del 25 maggio 2017 a Bruxelles. Durante la conferenza stampa, il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato:
“A powerful reminder of NATO solidarity and the importance of our common fight against terrorism. Today we agreed an action plan for NATO to step up its efforts in the fight against terrorism. We also decided to expand our support to the Global Coalition to Defeat ISIS. Our AWACS surveillance planes will help improve airspace management for the Coalition. At the same time, we agreed that NATO will become a full member of the Global Coalition, in which all 28 Allies already take part. Being in the coalition does not mean that NATO will engage in combat. But it does send a strong signal of our commitment to fight global terrorism. And it will enable NATO to take part in political deliberations, including on the coordination of training and capacity building. We also decided to establish a terrorism intelligence cell within our new Intelligence Division. Work is also underway to establish a Hub for the South at our Joint Force Command in Naples. It will constantly monitor and assess regional threats, including terrorism. We are also looking into making greater use of NATO’s Special Operations Headquarters, which already offers tailored counter-terrorism training for Allies and partners. This could involve more mobile training teams deploying to countries at risk. That is why I have decided to designate a senior NATO official as coordinator, to ensure that our new action plan is implemented swiftly and effectively”.
Contrariamente al percorso seguito dall’UE, la NATO nel corso degli anni ha cercato di adattarsi alle nuove minacce, sopratutto quella terroristica, spinta da forze sia interne che esterne. Le necessità degli Stati membri, dei partner e degli stati limitrofi hanno spinto la NATO a seguire un percorso evolutivo, mobilizzando diverse misure che hanno incluso sia l’uso della forza (articolo 5 dopo l’11 settembre), che la cooperazione con altri attori, passando per la condivisione di informazioni, la formazione delle forze afgane e irachene e il supporto logistico. La NATO, differentemente dall’UE, percepisce la minaccia terroristica come una questione d’instabilità diffusa che potrebbe minare l’Alleanza. Seppur senza un intervento militare diretto, dal 25 maggio la NATO ha ulteriormente aumentato il suo impegno che comporterà dei cambiamenti strutturali e organizzativi all’interno del sistema stesso dell’Alleanza, distinguendosi quindi (almeno per il momento) dal percorso seguito dall’UE che ha adattato la minaccia terroristica al proprio modus vivendi.