L’ultimo Strategic Concept risale al 2010 e si basa su tre punti cardine:
- Difesa e deterrenza: pur non identificando un avversario specifico, l’Alleanza fornisce un elenco completo delle capacità che intende mantenere e sviluppare per contrastare le minacce esistenti e quelle emergenti. Queste minacce, fino al 2010, includevano la proliferazione di armi nucleari, missili balistici e altre armi di distruzione di massa, il terrorismo, gli attacchi informatici e le questioni riguardanti le risorse ambientali.
- Gestione delle crisi: incoraggiando un maggior numero di attori per condividere gli sforzi e quindi rendere gestibile ed efficace la gestione delle crisi.
- Sicurezza cooperativa: attraverso il partenariato, compreso quello tra i paesi NATO e quelli non facenti parte dell’Alleanza, con altre organizzazioni e attori internazionali come l’ONU e l’UE.
Prendendo in considerazione gli avvenimenti più recenti, il vertice NATO del settembre 2014, in Galles, ha adottato una serie di misure per migliorare la capacità di difesa dell’Alleanza. Due anni più tardi, nel luglio 2016 (al vertice di Varsavia), queste misure sono state migliorate e adattate alle minacce provenienti dal fianco est e sud dell’Alleanza.
Secondo l’autore dell’articolo, nell’attesa di un nuovo Strategic Concept che possa ulteriormente adattare la NATO alle nuove crisi emergenti, bisogna prendere in considerazione il fatto che negli Stati Uniti si è sviluppato (e sta continuando a svilupparsi) un approccio revisionista, incoraggiando il ritorno alle strategie impiegate durante la guerra fredda, vale a dire concetti di natura prevalentemente militare. Tuttavia, un approccio del genere renderebbe più ostili i rapporti con la Russia, la quale dopo l’annessione illegale della Crimea, ha intensificato le sue attività militari. Questo potrebbe provocare una reazione a catena, che si tradurrebbe nello sviluppo di ostilità. Questa è la ragione per cui, secondo l’autore, un nuovo Strategic Concept dovrebbe avere tre caratteristiche fondamentali, per evitare un effetto a catena.
Secondo l’autore, in primis, bisognerebbe trovare il modo di garantire maggiore trasparenza e inclusività attraverso la creazione di reti che possano coinvolgere più attori e a più livelli. In secondo luogo Svezia e Finlandia devono entrare a far parte dell’Alleanza, poiché hanno sempre fornito il loro supporto civile e militare alla NATO. Difatti il 25 maggio 2016 il Parlamento svedese ha definitivamente ratificato l’accordo firmato con l’Alleanza denominato “Host Nation Support Agreement”.
Dal 1º luglio 2016 la NATO è dunque in grado di poter schierare le proprie truppe sul territorio della Svezia, sia in tempo di pace sia, soprattutto, in situazioni di crisi o di guerra. In effetti, questi due paesi forniscono un impegno civile e militare verso l’Alleanza che supera quello di alcuni stati membri pieni. Infine, bisogna intensificare i rapporti con paesi della zona del Pacifico: Australia, Giappone, Corea del Sud e Nuova Zelanda. Proprio a causa dell’intensificarsi della questione nucleare, e considerando lo storico appoggio fornito dagli Stati Uniti, la NATO dovrebbe iniziare a pensare quale approccio adottare per mantenere l’ordine internazionale in una zona che sta iniziando a vedere un’escalation militare notevole.
Il primo compito fondamentale, dunque, in un nuovo Strategic Concept dovrebbe essere la deterrenza e la difesa o la protezione del territorio dell’Alleanza. Di conseguenza considerando le strategie analizzate sopra, il secondo compito della NATO sarebbe la distensione dei rapporti con la Russia. Un’Alleanza capace di gestire la propria difesa interna, e poi i rapporti con la Russia, sarà anche pronta a regolare ogni forma di cooperazione con gli altri paesi vicini sia attraverso stretti partenariati che, in casi eccezionali, attraverso interventi militari. Il quarto obbiettivo consisterebbe nelle capacità di risolvere le nuove minacce ibride: il terrorismo islamico, la cybersecurity, e la propaganda offensiva della Russia.
Proprio il terrorismo islamico, concepito come minaccia ibrida sia dall’UE che dalla NATO, coincide con l’evoluzione del processo di adattamento che sta caratterizzando le due organizzazioni. Alla luce delle considerazioni che riguardano le ipotesi di collaborazione tra la NATO e l’UE, e le spinte revisioniste interne, quest’analisi potrebbe aiutare a comprendere se la minaccia del terrorismo islamico sarà contrastata da una politica cooperativa (intesa come unione degli sforzi tra le due organizzazioni al fine di risolvere una minaccia comune e maggiore) o strategica (intesa come unione tattica che ha come primo fine il rafforzamento della singola organizzazione e stabilire le proprie capacità per poi concentrarsi sulla minaccia terroristica).