5 Motivi per cui Marine Le Pen può vincere al ballottaggio


Dopo un primo turno sorprendente che ha visto i tradizionali candidati della destra e della sinistra francese soccombere con degli storici risultati negativi ci avviciniamo gradualmente ad un secondo turno/ballottaggio che porrà l’uno di fronte all’altro due esponenti che chiaramente riflettono la profonda spaccatura politica, ma anche antropologica, interna alla Francia.

E’ allora nuovamente tempo di sondaggi e previsioni in vista dell’8 Maggio quando si decideranno non solo le sorti della Francia ma anche quelle dell’UE, la cui esistenza potrebbe essere minacciata da una potenziale vittoria della leader del Front Nacional o fortificata dalla vittoria di Macron. Analizzando le percezioni post-primo turno sembra quasi però che il mainstream mediatico, sopratutto quello europeo, stia già preparandosi a celebrare il suo nuovo presidente incarnato nella figura di Emmanuel Macron, ricordando ciò che era già accaduto nel 2002, quando proprio il padre di Marine prese una batosta al secondo turno da Jacques Chirac che si appellò all’unità nazionale contro l’ “extreme droite”.

Ma la politica sopratutto in tempi recenti ci ha insegnato a diffidare da potenziali verdetti che paiono scontati, ed anche se il fondatore di “En Marche” resta senz’altro il candidato favorito ci sono per lo meno 5 motivi per cui Marine Le Pen avrebbe diverse possibilità di vittoria al ballottaggio.

1. L’establishment appoggia Emmanuel Macron. 

Il voto a Macron è stato presentato dai media europei secondo le categorie del “voto di protesta”, in realtà basta andare a leggere la biografia del giovane candidato per smentire questo assunto. Il trentanovenne ha infatti conseguito la propria laurea all’Ena, la prestigiosa scuola che ha formato gran parte dell’elite politica francese, è stato banchiere d’affari presso la banca di investimento Rothchild & Cie, è stato ispettore finanziario presso il Ministero dell’Economia tra il 2004 e il 2008 ed ha preso parte all’ultimo governo Hollande come Ministro dell’Economia. Per cui più che una scelta di pancia del popolo francese sembrerebbe uno “sgambetto” fatto al Partito Socialista che veniva dalla disastrosa esperienza di Hollande e che ha preso solo il 6% di voti, di fatto muovendo gran parte del suo elettorato verso Macron (e una piccola parte verso Melanchòn).

Per il resto un personaggio del genere può essere percepito da coloro che con il proprio voto vogliono manifestare una protesta come il frutto non solo dell’elite politica francese ma anche dell’establishment europeo, che tra l’altro lo appoggia apertamente. E questo storicamente in Europa può essere considerato uno svantaggio ai fini elettorali, sopratutto quando devi confrontarti con colei che si definisce la “candidate du peuple”.

2. I partiti tradizionali appoggiano Macron.

Se c’è un dato che possiamo dare per pacificamente assodato dopo il primo turno di queste presidenziali è l’estrema impopolarità dei partiti tradizionali. Se allora consideriamo che i leader sia dei socialisti che dei repubblicani abbiano invitato i propri elettori a sostenere il giovane leader di “En Marche” al secondo turno ecco che identifichiamo un secondo possibile vantaggio per Le Pen, la quale ha fatto sempre propria la retorica del “popolo contro la casta”. Se poi anche François Hollande, il presidente più impopolare della storia francese, si esprime dicendo che “Emmanuel Macron oggi incarna quei valori che ci permettono di stare insieme in questo particolare periodo così serio per il mondo, per la Francia e per l’Europa”, ecco che tutto questo appoggio potrebbe risultare tutt’altro che comodo, diciamo pure deleterio.

3. L’euroscetticismo ha dimostrato avere i numeri per vincere.

Marine Le Pen non era l’unica candidata ad essersi espressa con parole dure nei confronti dell’Europa in campagna elettorale, se andiamo a vedere le percentuali dei votanti “antisistema” e al 21% del Front Nacional aggiungessimo il 5% del candidato sovranista Nicolas Dupont-Aignan e il quasi 20% del candidato della sinistra radicale Jean Luc Melanchòn, tutti partiti espressamente euroscettici, raggiungeremmo già numeri importanti.

A questi numeri però va affiancata un’analisi politica rispetto alla compatibilità o meno di questi partiti con il Front Nacional, e se ci sono pochi dubbi rispetto al fatto che i voti per Dupont-Aignan si riverseranno nelle file della Le Pen, molti dubbi invece sorgono rispetto all’elettorato di Melanchon che di fatto potrebbe essere l’ago della bilancia del secondo turno. Realisticamente ci sono molte possibilità che una grossa fetta di quel 19,6% dei votanti potrebbe poi astenersi al secondo turno, viste le estreme differenze con Le Pen ma anche con la “global liberal tribe” rappresentata da Macron, ma potrebbero anche esserci paradossali possibilità di voto verso destra visto che anche lo stesso Melanchon ha preferito non esprimersi rispetto al secondo turno.

Non va inoltre sottovalutato che potrebbe esserci una discreta fetta del 20% di elettorato che ha votato per il candidato repubblicano Fillon che si senta più vicino alle istanze del Front rispetto al candidato centrista Macron, sopratutto riguardo il grosso tema della sovranità nazionale.

4. L’insistenza sui temi neoliberal.

Temi come la globalizzazione e sopratutto il proseguimento di una strategia economica basata sul neoliberismo e quindi su privatizzazioni, liberalizzazioni, flessibilità del lavoro e tagli alla spesa pubblica sono tutte argomentazioni fatte proprie da Macron ma che sembrano aver perso popolarità, non solo per ragioni politiche (la Francia è sempre stata paladina della difesa dei diritti sociali e del lavoro) ma anche perchè in molti casi in Europa, e non solo, queste politiche economiche hanno portato a risultati evidentemente negativi e risulta di difficile comprensione la continua insistenza di una parte dei leader europei sugli stessi temi che continuano a risuonare come un leimotiv dagli anni ’80 fino ai giorni nostri (alla faccia del nuovo che avanza).

E ciò che potrebbe dare la parvenza di essere un tema teorico o filosofico è in realtà un terreno tremendamente concreto dal momento che Macron in quando ex-ministro dell’economia ha già mostrato il tipo di riforme verso cui molto probabilmente continuerà ad orientarsi.

Le Pen d’altro canto approfitta proprio di questa insistenza ideologica dei neoliberal attaccando su tutti questi versanti e al suo primo discorso post primo turno ha sottolineato la volontà di combattere gli effetti della globalizzazione con il protezionismo e auspicato il ritorno alla sovranità nazionale, temi anch’essi datati ma che sembrano godere di una popolarità maggiore tra le masse del XXI secolo.

5. La paura generata del terrorismo.

La Francia si sta mostrando come una società spaccata in due non solo su temi sociali e identitari ma anche, e forse sopratutto, sul tema della sicurezza nazionale. Va ricordato che queste sono state le prime elezioni svoltesi in “stato di emergenza” e che anche se fortunatamente non ci sono stati spiacevoli sorprese sembra che per ogni attentato alla sicurezza nazionale il Front Nacional guadagni qualche punto percentuale, ed anche se scongiuriamo la possibilità che possa accadere, qualsiasi minaccia alla sicurezza pubblica da qui fino all’8 Maggio potrebbe essere cruciale per un gruppo politico il cui slogan è “Mettere la Francia in ordine”, e che ha fatto della paura il suo principale strumento politico.

Giovanni Tranchina

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