Un clamoroso passo indietro dell’umanità: la Cecenia dell’omofobia 1


L’1 Aprile 2017, il Novaya Gazeta, quotidiano indipendente russo, riporta le testimonianze dello scempio morale ed etico che in Cecenia si è andato consumando in questi ultimi mesi. Per la prima volta, dopo la caduta di Hitler e del Nazismo, in Cecenia si ripete uno dei fenomeni più cruenti che l’umanità abbia mai conosciuto e proprio per questo l’umanità tutta si era ripromessa di non far accadere mai più tali orrori come la creazione di campi di concentramento per la rieducazione dei comportamenti definiti inadeguati da un sistema etico per niente autentico, ma “imposto” e coercitivo.

Questi invece sono stati ricreati ad Argun, città a 15 Km dalla capitale Groznyj, in cui sono reclusi gli omosessuali. Circa un centinaio sono i gay deportati in questi campi di prigionia. In un’epoca in cui gli amministratori della quiete pubblica e universale si compiacciono con grandi parole, davanti ai riflettori e i comunicati stampa, per salvare quell’immagine marcia quasi trascendentale del politico che induce a pensare che invece cura i tuoi diritti. In Cecenia il primo Ministro attualmente in carica Ramzan Kadyrov, quarant’enne, esprime in forma implicita, un’esplicita intenzionalità di fondo nel reprimere chi viene tacciato come omosessuale.

L’Ilga, la più importante associazione europea di gay, lesbiche e transgender, riporta testimonianze di incitamento all’odio attraverso le interviste di vittime sopravvissute. Le autorità cecene e il primo ministro smentiscono l’esistenza di questi campi con parole che rappresentano la violenza ideologica che si sta consolidando minuto per minuto nei confronti di questi uomini, individui definiti diversi e da rieducare con trattamenti repressivi.

Le parole del primo ministro Kadyrov:  

se ci fosse gente simile in Cecenia, le forze dell’ordine non avrebbero bisogno di avere a che fare con loro, perché i loro parenti li manderebbero in un luogo da cui non c’è più ritorno.”  

Chiara forma di depistaggio che lascia un sapore orwelliano nella bocca della gente. Kadyrov è uno spietato e violento uomo antidemocratico la cui figura incarna la repressione di una unidimensionalità imposta da un sistema che non ammette differenze da sé. Il ritorno ai campi di concentramento, utili soltanto come strumento di rieducazione etica, da parte di una società repressiva, intollerante e violenta, risulta un ritorno al passato.

Gay rights activists march in Russia’s second city of St. Petersburg May 1, 2013. AFP PHOTO / OLGA MALTSEVA (Photo credit should read OLGA MALTSEVA/AFP/Getty Images)


Non vi è progresso in un sistema che sceglie la repressione come unica via, ma al contrario oggi si riscontra un fenomeno che risulta essere l’ennesimo fallimento dell’uomo, inteso come homo sapiens, risulta essere lo sviluppo di una forma di involuzione che porta a riemulare provvedimenti che dovrebbero essere soltanto il sintomo di un’obsoleta forma di agire. Ciò che fa rabbrividire sono le testimonianze di alcuni individui sottratti al giogo violento e malefico di quelle autorità, che dentro gli ambienti inficiati di odio verso il diverso, hanno leso la morale comune.

La repressione attuata nei confronti di questi uomini, individui, come riporta la Novaya Gazeta, è nata dall’arresto di un uomo sotto l’effetto della droga e dalla requisizione del suo telefono cellulare. Con un’indagine attuata attraverso il controllo del dispositivo sequestrato, le autorità sono riuscite a risalire a immagini il cui contenuto era esplicitamente omosessuale e dunque all’individuazione di altri gay conoscenti dell’uomo in questione. Da qui è scattato il via per il consolidamento di un provvedimento radicale con il solo fine di fare scomparire finanche l’ombra di un omosessuale, in quanto soggetto nocivo per un’educazione nazionale che rispetta solo la “normalità” per il sistema.

Bisogna, in realtà, rieducare chi si sente convinto di potersi permettere di rieducare qualcuno. Il Negativo è una risorsa esistenziale, in quanto non deve risultare come una parola in sé che dopo essere letta ti riporta alla mente qualcosa di maligno (“negativo”), ma invece, il Negativo, deve essere inteso come una forma di negazione di un’identità resa assoluta e universale, dunque unica.

Passando per Hegel, prima di giungere ai fallimenti morali ed etici di una scelta così dura come quella dei campi di concentramento, si dovrebbe far presente che nell’ottica dell’identità idealistica ogni differente viene percepito come negativo e dunque sottoposto al prevalere di un’identità che funge da struttura da cui dipendono le altre identità percepite come differenti. Attraverso il dominio di questo concetto di Negativo (“diverso”) allora sarà possibile integrare le differenze e neutralizzare un sentimento ostile nei confronti di queste vittime, viste infatti come diverse.

In quest’ottica, tramite l’interiorizzazione del fatto che l’esperienza del diverso possa essere una risorsa esistenziale, ai fini di un’autocoscienza di se stessi, risulta invece degradante ai fini morali l’istituzione di campi di prigionia in cui la repressione del progredire di questa diversità antropologica, rappresentata dall’omosessualità, si basi sulla violenza nei confronti dei corpi di quegli individui.

Quest’ultimi, sulla base delle atroci testimonianze di alcune vittime dell’accaduto, venivano sottoposti a interrogatori mentre venivano costretti a sedersi su delle bottiglie e nel frattempo venivano percossi, picchiati, umiliati, privati della dignità di esistere, torturati fino a un attimo prima della morte. Luoghi di morte, dove quest’ultima viene desiderata e possiamo solo dire, nulla di nuovo rispetto a ciò che erano quei campi di concentramento che ricordano solo un’epoca passata e che hanno lasciato sedimentare tanto dolore nella coscienza storica dell’uomo.



Sembra calzante rimembrare un testo che per quanto riguarda le forme di repressione all’interno di luoghi chiusi come i campi di concentramento ha rappresentato un importante mezzo di comprensione di alcuni inquietanti meccanismi di repressione: Sorvegliare e punire” di Michel Foucault (1975).  

Nella seconda parte dell’opera, che viene dedicata al concetto di “punizione”, Foucault riporta in luce la posizione di alcuni riformatori del XVIII secolo, che di fronte ai problemi generati da un violento, rischioso e repressivo esercizio del potere da parte del tiranno risulta rischioso non solo l’agire del tiranno  ma anche l’agire di chi è represso. Dunque, la tirannia fronteggia la rivolta.

Su questa linea, Foucault, evidenzia il fatto che per placare la dismisura tra la giustizia armata e la collera di un popolo represso non ci si deve vendicare, ma bisogna punire. Vi è il bisogno di un’azione di una giustizia che deve raddrizzare il crimine commesso, poiché il popolo non deve essere  abituato a rispondere con il sangue vedendo lo stesso sangue scorrere nella libertà malata e cieca di una repressione ma deve prendere coscienza.

Questa premessa foucaultiana serve come mezzo per la comprensione che creare individui antropologicamente ostili nei confronti del diverso, dunque vittime di un potere che agisce dall’interno del sé e non unicamente dal di fuori, non è  la mossa ideale, poiché per quanto possano essere fatte leggi che aboliscono il diritto all’esistenza in quel determinato territorio di omosessuali, vi saranno ugualmente moti che remeranno contro tale sistema.

L’omofobia cecena, a quanto pare consueta e dilagante, non risulta essere però un problema per il Cremlino, dunque a mancare è proprio quella giustizia che, dal testo foucaultiano, avrebbe potuto attutire i mali di una repressione. Davanti a una pagina oscura come questa, che si somma alle innumerevoli forme di decadenza morale di cui soltanto l’uomo è autore, ad agire non dovrebbero essere soltanto le parole all’interno di comunicati pubblici, ma bensì un’intenzionalità consolidata che, in vece di quei diritti umani totalmente lacerati e distrutti, riesca ad eliminare il problema.

Dunque, “che fare ?”

Maurilio Ginex


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Un commento su “Un clamoroso passo indietro dell’umanità: la Cecenia dell’omofobia

  • Debora

    Bellissimo articolo! È assurdo come si possa pensare di ritornare a una violenza tale di fronte a determinati comportamenti ritenuti ormai NORMALI e non ANORMALI!! Non vedo il perché ancora nel 2017 debbano esistere ancora queste violenze nei confronti di un cosiddetto DIVERSO! Dassero le stesse punizioni a chi è giusto darle,come gli stupratori e gli pazzi omicida o ai pedofili! Disgustata!!! Bravissimo..e complimenti per L ‘articolo..mi unisco al tuo appello!