Prove tecniche di mondo post-unipolare in Medio Oriente 2



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Martedì 7 novembre ad Antalya, in Turchia, i vertici militari di Russia, Usa e Turchia si sono incontrati per discutere di Siria al fine di evitare incidenti militari fra le tre potenze coinvolte nel conflitto siriano. Ciascuno con le sue priorità geopolitiche. Proviamo a fare il punto delle forze in campo: la Russia sostiene i governativi di al-Assad contro i “ribelli”; svolge un ruolo di mediazione con i curdi; è inoltre alleata degli iraniani e di conseguenza delle milizie libanesi di Hezbollah.

La Turchia, sostenitrice dei “ribelli”, mette in primo piano l’ostilità anticurda, vera priorità strategica, ed ha messo al momento in secondo piano la permanenza al potere di al-Assad. Gli Stati Uniti, trovandosi al di là dell’Atlantico, agiscono da super-potenza egemone da parecchi decenni ampiamente coinvolta in Medio Oriente. L’eredità di Bush e Obama è il caos, dalla Libia al Syraq, dove per l’appunto la dimensione statuale dei suddetti paesi (già traballante per ragioni storiche) ha subito il colpo di grazia.

A Manbij, città del nord della Siria liberata in agosto da forze arabo-curde sostenute dagli Usa, la Turchia viene probabilmente percepita come un pericolo pari a quello dell’IS (nel lungo periodo rappresenta sicuramente un pericolo maggiore). Per tale ragione gli Stati Uniti hanno inviato veicoli militari a nord di Manbij onde evitare scontri tra l’esercito turco e le milizie curde delle “Syrian Democratic Forces” [1]. Anche la Russia ha fatto la sua parte mediando egregiamente tra curdi e governativi siriani: il consiglio militare di Manbij ha accettato di cedere alcuni villaggi all’esercito arabo siriano per creare una regione cuscinetto al fine di evitare scontri tra esercito turco e milizie curde [2].


SIRIA-MAPPA1Tutto è pronto per la battaglia di Raqqa, roccaforte del’IS in Siria. Gli Stati Uniti hanno inviato centinaia di marines con l’intenzione di svolgere un ruolo di primo piano nell’offensiva anti-IS. Nel frattempo l’esercito siriano continua a difendere eroicamente Deir ez-Zor (a sud-est di Raqqa) dall’assedio dell’IS, che a gennaio ha compiuto un massacro di centinaia di civili all’interno della città. Come ha fatto notare Fabrice Balanche, tra i massimi esperti di Siria, l’esercito siriano deve prepararsi “alla possibilità che le forze dall’IS, fuggendo da Raqqa, possano andare a sud ed invadere Deir ez-Zor” [3].


Per comprendere il mutamento degli equilibri regionali è opportuno fare riferimento anche al ruolo di mediazione che la Russia sta svolgendo in Libia. Sono note le simpatie di Mosca per il generale Haftar, eppure il ministro degli affari esteri Sergej Lavrov ha recentemente incontrato il premier libico Serraj. Ha scritto a tale proposito la storica Michela Mercuri (studiosa delle dinamiche geopolitiche di Nord Africa e Medio Oriente): “Si badi bene, non si intende dire che Mosca abbia abbandonato il generale, ma soltanto che sembra voler assurgere ad attore diplomatico indispensabile per tentare di dipanare la complessa questione libica, agganciando anche Tripoli” [4].

Non sapremo quanto reggerà questa apparente convergenza russo-turco-americana in Medio Oriente. Un possibile riavvicinamento tra al-Sisi e Trump (che in campagna elettorale ha ampiamente criticato l’amministrazione Obama per il supporto alla fratellanza musulmana) potrebbe aprire nuovi margini di cooperazione anche in Libia. Resta però il problema dell’Iran, partner indispensabile di Mosca.

In generale il quadro delle relazioni globali tra Russia e Stati Uniti non è tra i più rosei: a parere di chi scrive gli eccessivi ottimismi su un accordo globale di ampio respiro tra Russia e Stati Uniti saranno smentiti dagli eventi futuri (ciò non vuol dire che in singoli scenari non siano possibili intese tattiche). Qualche giorno fa Boris Toucas, sul sito del “Center for Strategic and International Studies” ha ad esempio messo in luce molto opportunamente le profonde criticità nelle relazioni tra Usa e Russia nel Mar Nero [5].

Federico La Mattina
contatta l’autore all’indirizzo e-mail: federico.lamattina@imesi.org

[1] https://www.nytimes.com/2017/03/07/world/middleeast/russia-turkey-syria-deconfliction.html?_r=0

[2] http://aranews.net/2017/03/us-russia-aim-to-prevent-clashes-between-turkey-and-syrian-kurds-official/

[3] F. Balanche, The Campaign to Retake Raqqa Is Accelerating, “The Washington Institute”, 9/02/2017, http://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/view/the-campaign-to-retake-raqqa-is-accelerating

[4] M. Mercuri, L’energia di Putin (e dell’Italia) cambia verso alla partita di Serraj, 6/03/2017, “il sussidiario.net” http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2017/3/6/CAOS-LIBIA-L-energia-di-Putin-e-dell-Italia-cambia-verso-alla-partita-di-Serraj/752272/.

[5] B. Toucas, NATO and Russia in the Black Sea: A New Confrontation?, “CSIS”, 6/03/2017, https://www.csis.org/analysis/nato-and-russia-black-sea-new-confrontation.


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2 commenti su “Prove tecniche di mondo post-unipolare in Medio Oriente

  • Pellitteri Antonino

    Mi permetto di far rilevare che si tratta di analisi di tipo geo-politica che non tiene conto delle analisi di parte araba. Le informazioni qui proposte sono corrette e già abbastanza note. A tale proposito andava anche considerata, oltre a quella della Turchia, la posizione assai preoccupata di Israele di fronte a risultati che non sono quelli attesi dopo 6 anni di caos e conflitto nell’area. Mancano infatti riferimenti alle novità emerse in questi ultimi mesi nella regione, prima fra tutte il nuovo ruolo dell’Iraq, del suo esercito e delle milizie popolari (al-hashd al-sha’bi). Per comprendere meglio la situazione attuale sarebbe necessaria una sintesi su quel che gli analisti arabi considerano nuova Resistenza regionale (dall’Iran al Libano, passando per Iraq e Siria, e Yemen che nonostante tutto resiste). Si tratta di questioni a cui le tv e la stampa araba dedica grande spazio e che è possibile verificare nelle pagine web dei media in lingue europe. Per esempio cfr. TV al-Mayadeen, libanese, che si può vedere anche in spagnolo.

  • Federico

    Innanzitutto la ringrazio per il commento. Ho trattato tali questioni in altri miei lavori. Si sarebbe potuto parlare della proiezione neo-ottomana, panturanica e panislamica della Turchia. Del ruolo di Israele che condivide le priorità geopolitiche anti-iraniane con l’Arabia Saudita; della convergenza turco-qatarina e così via . Ma un articolo di ridotte dimensioni, che non è un saggio, presuppone una selezione a discrezione dell’autore che necessariamente mette in rilievo certe cose rispetto ad altre.
    Cordialmente
    Federico La Mattina