La logica pervasiva dell’egemonia economica



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Se dovessimo puntare una lente d’ingrandimento sulla nostra realtà ai fini di una comprensione totale della fisionomia dello spirito del tempo che viviamo, dovremmo muovere una critica scientifica nei confronti di svariati temi, che assumerebbero la funzione di elementi di un’immensa contraddizione su cui è fondato il nostro reale vissuto.

La contraddizione principale su cui è strutturata la realtà, la quale ha il compito di offrire la possibilità all’individuo di autodeterminarsi, corrisponde al fatto che l’individuo non si ritrova ad essere il soggetto di una libertà totale e incondizionata, come direbbe Sartre, poiché l’unica libertà totale risulta essere quella di un mondo che , attraverso la caratteristica intenzionalità antisoggettivistica e in virtù del delirio della globalizzazione pervasiva, rende i singoli tutti uguali, selezionando in una gamma ristretta le possibilità esistenziali di realizzazione del sé.

L’essere dell’individuo all’interno della realtà in cui è gettato è il prodotto della sua progettualità in base alle scelte prese di fronte alle possibilità offerte. Nel 1927 ,veniva pubblicato un testo che avrebbe sconvolto e influenzato svariate speculazioni del pensiero del novecento, “Essere e tempo”.

Ripensando all’autore di questo straordinario libro, Martin Heidegger, possiamo ripensare, parafrasando alcuni aspetti del suo pensiero, al concetto di uomo che “ha da essere”. L’uomo, per Heidegger, viene gettato nella realtà  e attraverso le possibilità che la medesima realtà gli offre, progetta il suo essere. Heidegger, spiega dunque, che l’uomo diventa le sue possibilità.

Una gamma di possibilità che possano far giungere l’uomo a una scelta, dunque, lo rende libero di potere intraprendere la più ideale delle strade. Oggi, tutto questo, sembra presentare alcuni ostacoli per l’individuo. Le possibilità di cui parlava Heidegger sembrano essere ,oggi, dimezzate da una logica generale che si incastona all’interno di un’intenzionalità di fondo che muove le coscienze verso modi di essere già precostituiti e già dati, che fanno da bandiera rappresentativa per un sistema globalizzato che presenta la formula del pensiero unico.  

Quest’ultimo, che rappresenta il linguaggio dell’identità neoliberista e post-moderna dell’oggi, attraverso una forma di persuasione dell’individuo crea i presupposti per avere al suo seguito più seguaci che dissidenti. Michel Foucault, nelle sue ricerche sulla genealogia del potere, spiega come il  concetto di potere è una forza positiva e produttiva. Il potere, reprime l’individuo creandolo già con una coscienza assoggettata, dunque, come prodotto già parte del potere stesso.

L’uomo è un ingranaggio di una macchinazione. Su questa scia di pensiero, Diego Fusaro del  “Pensare altrimenti”, muove la sua critica a una società dell’oggi che in modo velatamente autoritario reprime la coscienza del soggetto rendendolo supinamente oggetto di un disegno di potere, “smistato” tra capitalismo e tecnicizzazione del mondo-della-vita.

Con Foucault si assisteva alla delineazione di un profilo, quello del potere, da cui non si poteva assolutamente sfuggire, una visione panottica della realtà, mentre, con Fusaro possiamo vedere come questa impossibilità di sfuggire da un sistema di cose già dato e imposto,  sia causata dal fatto che è caratteristico di questa società il creare i presupposti affinchè non ci sia dissenso.

Subdolo, surrettizio, persuasivo, è tale sistema , che tra media e slogans fa presa sulle coscienze. Ciò che preme evidenziare è il fatto che l’uomo che vive questa realtà, viene pian piano portato a uno stato di assoggettamento mentale che risulta essere poi il trampolino di lancio per un consenso nei confronti di una realtà già data e velatamente “autoritaria”.

Da Fusaro vengono evidenziati i presupposti per non dubitare più della realtà che si vive, cioè, attraverso un’irrazionalità basata sul dominio del pensiero altrui, come forma di de-costruzione di un qualcosa, il nostro mondo agisce sul soggetto facendogli credere di essere un cittadino globale, automatizzandolo e rendendolo capitale sociale del pensiero unico, “totalitario” e irreversibile.  

Un dramma generale in cui a morire prima di tutto è l’uomo, ideologicamente e intenzionalmente. Più che avere un progresso della specie, si assiste a un violento sviluppo retrivo. Quest’era della politica, che vede unicamente una struttura egemonica risiedente nell’economia, risulta essere solo al servizio di quest’ultima. La struttura economica che pervade il tutto fino anche a plasmare l’intenzionalità delle persone e dunque le loro scelte. Una struttura che manipola, non in forma manifesta come una repressione coercitiva le possibilità del singolo.

Le possibilità della realtà vissuta dall’uomo, che Heidegger chiama “Esserci”, risultano essere selezionate e “agite” in virtù di quella struttura economica che gestisce tutto il mondo reale. Subentra la persuasività nei confronti delle masse , il popolo, definito globale, pensa e agisce in conseguenza solo ad un fine economico. Qui muore l’uomo assoggettato dalla struttura economica. Un profilo antropologico lobotomizzato che non dubita, che non si ferma a pensare, che non sospende il giudizio, ma risulta essere soltanto come la carcassa di un veliero che viene trainato dal mare.

Nel “Catechismo rivoluzionario” del 1893, Karl Kautsky, scrive:  “noi sappiamo che i nostri obiettivi possono venir raggiunti solo mediante una rivoluzione, ma sappiamo anche che è tanto poco in nostro potere fare questa rivoluzione quanto è in potere dei nostri avversari impedirla.”  Le parole di Kautsky sono emblematiche, ma allo stesso tempo pessimistiche e mortali per quel vitalismo antropologico interamente nietzschano a cui alludevamo precedentemente, poiché l’intenzionalità di chi detiene potere all’interno della nostra realtà, da chi governa una Nazione a chi è un semplice datore di lavoro, impedisce assolutamente che si formi un pensiero dissidente. Il linguaggio dell’uguale che non ammette differenze.

La dissidenza nei confronti di una struttura, macro o micro che sia, risiede in quella sovrastruttura che dovrebbe fungere da ideologia che agisce in direzione opposta.  Se il mondo ci rende tutti uguali e cittadini del mondo subdolamente globalizzato, privandoci della nostra identità soggettiva, non ci resta che armarci contro e cercare di contrastare questa contraddittoria irreversibilità della condizione dell’uomo.

Gramsci, parla di una sovrastruttura che può reagire sulla struttura manipolatrice e modificarla. Fare questo comporterebbe una concreta applicazione del concetto di “uomo in rivolta” che Camus istituisce nel suo capolavoro. L’uomo in rivolta risulta essere chi cerca di sovvertire un sistema che è già dato all’uomo. L’uomo in rivolta diventa il vessillo di quella filosofia della prassi che in Gramsci porta alla comprensione delle varie contraddizioni del sistema sociale vissuto. La dissidenza risiede proprio nel ritorno al dubbio e nel portare l’uomo a una ricomprensione della realtà che implicitamente lo manipola.

L’egemonia della struttura economica , che oggi tocca qualsiasi campo di sapere per selezionare quale sia possibile mettere al servizio del mercato, assume il pensiero unico come forma di propaganda. Pensare solo e unicamente in conseguenza del credo economico è l’unidimensionalità in cui si ritrova bloccato l’uomo. 

Marcuse di “L’uomo a una dimensione” e le sue tracce ritornano ad essere materiale di decostruzione di una realtà che definisce come “trascendente” ciò che rientra nel “pensare altrimenti” di Fusaro, dunque differente da ciò che viene passato come unicamente giusto e vero nella realtà. Fusaro, delinea un profilo sociale che produce il pensiero unico, un profilo che mina alla base la formulazione di una dissidenza, di un qualcosa che lede l’identità primaria del pensare in un solo modo.

Ritornando sulla terra in una società politicamente e socialmente unidimensionale in cui ci si ritrova ad essere solo al servizio di dati economici e in cui non si ammette nessun approccio umano alla realtà e legittimando uomini ad avere potere decisionale su altri uomini, non si può che contrastare tutto ciò  rivoltandosi, attraverso, lo studio, la lettura, la scrittura, il pensare, il dubitare, il ricercare, il formarsi ideologicamente, armandoci come Gramsci affermava.

Il processo di lobotomizzazione delle masse che psicologicamente vengono rese omologate verso l’unica ideologia del consumo che il libero mercato vuole, veicolando la Domanda soltanto verso l’accumulo di denaro e la prosperità economica di pochi, può essere sconfitto attraverso una consapevolezza che tutto ciò che è reale può essere sottoposto al tribunale della ragione, dunque, può essere reso reversibile nelle sue finalità.

Però non bisogna fraintendere, poiché non c’è aderenza tra reale e razionale, in quanto la ragione, nutrita di dubbio coscienza e consapevolezza, deve essere lo strumento per combattere un’irrazionalità di fondo contrastando il concetto di unica struttura che manipola le possibilità di libertà dell’uomo. Non si è tutti uguali, le culture e le politiche cambiano, non esiste un mondo globalizzato perché esiste la differenza di identità a livello macro delle culture dei popoli e al livello micro della realizzazione dei singoli.

Oggi il monito di Camus è vivo e alberga nella consapevolezza che bisogna difendere le proprie pulsioni dall’interno e non farsi manipolare dalle parole di chi attraverso un televisore dice ciò che in questa terra bisogna fare e avere. In quest’epoca dell’aridità dell’individuo tecnicizzata e non umana, dove si spende più per l’immagine e la quantità, diventa un atto rivoluzionario il difendere la propria identità contro il global view, il difendere chi sei contro una parcellizzazione costituita essenzialmente da processi di esclusione, il dubitare e sospettare sempre della veridicità di tutto ciò che ci viene imposto continuamente e propinato come il “vero” , tra media e stampa.

Solo dubitando e pensando, potrai rivoltarti.

Camus insegnava proprio questo: “mi rivolto dunque sono”.

Maurilio Ginex

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