LA CORSA ALL’ELISEO E IL FUTURO DELL’EUROPA



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Benoît Hamon


La vittoria di Benoît Hamon alle primarie del partito socialista francese completa la lista dei candidati alle elezioni presidenziali francesi di quest’anno, che rappresentano un appuntamento elettorale di estrema rilevanza per tutta l’Europa. Il prossimo presidente francese giocherà, infatti, un ruolo chiave nel decidere le sorti del Vecchio Continente.

La conclusione della fase delle primarie del partito socialista segue la decisione del presidente Hollande di fare un passo indietro e non ricandidarsi per un secondo mandato all’Eliseo, sancendo in modo definititvo quello che appare come un mandato sostanzialmente fallimentare; mai, nella storia della quinta repubblica francese un presidente uscente aveva rinunciato a correre per la seconda volta.

La decisione di Hollande testimonia l’altissimo tasso di impopolarità di cui gode l’attuale presidente francese – che non avrebbe mai potuto sperare in una rielezione – ed è finalizzata a lasciare al partito socialista margine di manovra per frenare il crollo dei consensi nei confronti del partito.

I cinque anni della presidenza Hollande
Le difficoltà incontrate da Hollande nell’ultimo quinquennio sono state numerose e in parte indipendenti dalla sua azione. Innanzitutto, la Francia è stata la centro dell’azione del terrorismo di matrice islamica: dall’attacco alla redazione di Charlie Hebdo alla strage di Nizza, in 18 mesi il paese è stato vittima di numerosi attacchi terroristici che hanno causato in tutto più di 230 morti e altre centinaia di feriti. Sia sul fronte della politica interna che su quello della politica estera, la risposta del governo è stata moderata e perlopiù inefficace.

Al di là dello stato di emergenza costante e del massiccio dispiegamento di forze d’ordine su tutto il territorio, nessuna soluzione è stata raggiunta per dotare le forze di intelligence di maggior e più incisivi poteri. Allo stesso tempo, le politiche di integrazione degli immigrati di prima e seconda generazione non sono state affatto potenziate in maniera decisiva.

Sul fronte della politica estera. l’intervento della Francia in Siria e in Iraq a sostegno della coalizione internazionale a fianco degli USA, è sembrato più un goffo tentativo di non mostrarsi inerte piuttosto che una seria azione finalizzata al contenimento del sedicente Stato Islamico. Su entrambi i fronti, la risposta di Hollande agli attentati terroristici si è esposta a critiche aspre e fortissime da parte sia dell’area di centro destra ed estrema destra – con il Front National in testa – che dallo stesso partito socialista.

In campo economico, le riforme proposte per rilanciare l’economia francese – che cresce a ritmi lentissimi – e ridurre la disoccupazione – che si aggira attorno il 10% – hanno trovato un’opposizione dura e fortissima. Per protestare con tro la loi travail, riforma finalizzata a rendere più flessibile il mercato del lavoro, le associazioni sindacali e le fronde più a sinistra del partito socialista, hanno messo a ferro a fuoco il paese. Le modifiche introdotte successivamente per stemperare le proteste, invece, hanno scontentato le associazioni industriali.


Proteste in occasione dell'approvazione della Loi Travaille

Proteste in occasione dell’approvazione della Loi Travail.


Il mandato di Hollande si è svolto in un periodo di gravi difficoltà oggettive e in cui il sentimento anti-establishment ha cominciato a montare come mai in precedenza. Tuttavia, ciò che l’opinione pubblica contesta maggiormente al presidente è di essersi mostrato un leader debole e di esser stato incapace di mantenere unito il fronte dei socialisti e il paese, lasciando che il Front National di Marine Le Pen incassasse consensi giorno dopo giorno.

I successi del Front National di Marine Le Pen
Mentre il tasso di popolarità del Presidente Hollande, e conseguentemente di tutto il partito socialista al governo, crollava senza tregua e i consensi dei repubblicani rimanevano sostanzialmente invariati, il Front National di Marine Le Pen cresceva nei sondaggi e iniziava ad incassare i primi successi elettorali.

Sebbene il Front National non sia un partito nuovo – è stato infatti fondato nel 1972 dal Jean-Marie Le Pen, padre dell’attuale presidentessa, senza mai però riuscire a conquistare più del 16% dei consensi, Marine Le Pen è riuscita a cavalcare con successo l’ondata populista che negli ultimi anni ha cominciato a montare in tutto l’Occidente e, contemporaneamente, limare le posizioni del partito per renderle più digeribili all’elettorato moderato.

Così il Front National ha ottenuto il 24,9% dei consensi alle elezioni europee del 2014, il 25,19% alle elezioni amministrative dello stesso anno e ha sfiorato il 27% alle regionali del 2015, sebbene nessun candidato sia riuscito alla fine a vincere nessun ballottaggio.


Marine Le Pen - leader del Front National

Marine Le Pen – leader del Front National


Né fascista, né di sinistra, il Front National di Marine Le Pen si definisce come un terzo polo, contrapposto sia ai repubblicani che ai socialisti, di ispirazione patriottica e basato sul rifiuto dell’ultraliberismo e dell’europeismo. Sebbene il loro programma per le elezioni presidenziali del 2017 verrà pubblicato solo a febbraio, gli intenti del movimento sono già stati esplicitati più volte da Marine Le Pen: referendum sull’uscita dall’Europa, riduzione drastica dell’immigrazione, recupero dell’identità nazionale francese, protezionismo in materia commerciale, ristabilimento dei rapporti con la Russia. La linea programmatica del Front National richiama quella di Trump e non è infatti un caso che proprio la la Le Pen sia tra le più convinte sostenitrici del magnate newyorchese nel Vecchio Continente.

Tuttavia, la vera chiave del successo del Front National risiede probabilmente nell’esser riuscito a farsi portatore di un’istanza di rinnovamento dei processi decisionali in ottica bottom up che i partiti tradizionali, come sta succedendo d’altronde nel resto d’Europa, non sono invece riusciti a interpretare.

Scenari delle presidenziali
E così a circa quattro mesi dall’appuntamento elettorale i sondaggisti scommettono sul ballottaggio tra Le Pen e Fillon, candidato vincitore delle primarie dei repubblicani, con quest’ultimo dato nettamente vincente al secondo turno. Eppure sono non pochi i fattori che potrebbero stravolgere la previsione dei sondaggisti. D’altronde, i più importanti appuntamenti elettorali, da Trump alla Brexit, ci hanno insegnato che la capacità predittiva dei sondaggi è oggi al suo minimo storico.


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Fillon, candidato vincitore delle primarie dei repubblicani


Innanzitutto, lo stesso Fillon si ritrova in questo momento travolto da uno scandalo che lo sta facendo crollare nei sondaggi e rischia addirittura di costringerlo a ritirarsi dalla corsa alla presidenza. A fine gennaio è stato rivelato che tra il 1997 e il 2007 la moglie di Fillon avrebbe percepito uno stipendio come sua assistente di parlamentare senza, tuttavia, aver mai effettivamente lavorato.

La legge francese non proibisce ai parlamentari di assumere amici e parenti, ma la circostanza che la Penelope Fillon possa aver percepito lo stipendio senza mai effettivamente svolgere l’attività di assistente parlamentare, se provata, avrebbe rilevanza penale. Fillon ha già dichiarato che, qualora dovesse essere messo in stato di accusa dalla magistratura francese, si ritirerebbe immediatamente dalla corsa alla presidenza.

Lo scandalo, in ogni caso, ha già fatto registrare un calo dei consensi nei confronti del candidato dei repubblicani. Fillon è riuscito ad ottenere la fiducia dell’elettorato repubblicano presentandosi come un uomo serio, austero, tutto d’un pezzo e promettendo una lotta all’assistenzialismo e agli sprechi per risanare i conti dello stato francese. A prescindere da un’eventuale rilevanza penale, la figura di Fillon ne sta uscendo comunque compromessa.

Sul fronte socialista, il 49enne Benoît Hamon, ex ministro dell’educazione del governo Valls dimessosi in polemica con le scelte dell’esecutivo, stravolgendo tutti i pronostici ha trionfato al secondo turno delle primarie socialiste con il 58% dei consensi battendo lo stesso Manuel Valls, primo ministro del governo durante la presidenza Hollande e di posizioni molto più moderate. Definito come il Bernie Sanders della politica francese, la vittoria di Hamon impone uno slittamento delle posizioni del partito socialista verso la sinistra radicale e il socialismo più rivoluzionario. Come punti centrali del suo programma elettorale, il candidato socialista ha proposto misure come l’istituzione del reddito di cittadinanza, la riduzione dell’orario di lavoro settimanale, l’imposizione di una tassa sui robot.

La vittoria di Hamon alle primarie socialiste favorisce Emmanuel Macron, ex ministro dell’Economia del governo Valls, che ha fondato il movimento En Marche e si propone come candidato indipendente. Macron, che opportunisticamente si candida senza partiti, rappresenta la sinistra riformista e moderata di ispirazione social-liberale. La sua candidatura si caratterizza per posizioni fortemente europeiste; in una recente intervista ha dichiarato che di fronte alla minaccia terrorista, la vera sovranità è quella europea e non quella nazionale e che è indispensabile rilanciare l’Europa attraverso massicci investimenti in materia di Difesa e Sicurezza.

Le quotazioni di Emmanuel Macron sono in costante ascesa. Ciò dimostra che ad uno zoccolo duro di elettorato che si identifica nelle posizioni ultranazionaliste del Front National, si oppone un’importante settore della società che crede ancora nel progetto europeo.

Sondaggi? No, grazie
Lo scenario elettorale fin qui delineato ripropone, con i dovuti distinguo, uno schema già visto in moltissimi altri paesi occidentali. Ove esiste un partito che rappresenta la cosiddetta destra populista, le forze politiche di sinistra tendono a radicalizzarsi e a compattarsi sugli esponenti più rivoluzionari delle loro fila per provare a raccogliere il consenso di quei tanti elettori che chiedono un cambiamento forte e immediato.

È quello che è successo nel Regno Unito con Corbyn e negli Stati Uniti con il movimento che ha quasi portato un socialista come Bernie Sanders alla Casa Bianca. Il voto moderato, nel frattempo, risulta quello più volatile. Nel caso della Francia, se lo giocheranno a viso aperto Macron e Fillon. Al Front National, invece, toccherà il compito di consolidare i consensi raccolti negli ultimi anni di attivismo e di proseguire quell’opera di de-demonizzazione finalizzata a rassicurare l’elettorato moderato e erodere così il bacino elettorale degli stessi Macron e Fillon.

Diversi sondaggi hanno già provato a fare delle previsioni sui possibili risultati di queste elezioni presidenziali francesi. L’esperienza delle tornate elettorali del 2016, però, hanno insegnato che mai come oggi i sondaggi siano inadatti a fare previsioni relative a schemi e scenari politici così complessi e fluidi. Pertanto, ogni previsione che già ritiene di affidare la vittoria, o perlomeno il ballottaggio, ad uno o all’altro candidato, rimarrà estranea alla presente analisi.

Al contrario, proprio il fatto che certi sondaggi abbiano già ristretto la platea di possibili vincitori condurrebbe a dire che la partita è apertissima e nulla ancora può prevedersi. Chi sarà il prossimo presidente della Francia lo si scoprirà solo il 7 maggio.

A cura di Salvatore Maraventano

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