Il Riarmo serbo preoccupa i Balcani e la NATO



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Il governo di Belgrado ha di recente varato la piu’ massiccia fornitura di apparecchiature militari degli ultimi venticinque anni, in risposta all’ammodernamento dell’apparato difensivo croato iniziato nel 2015 e alle recenti tensioni di confine per via degli ingenti flussi migratori provenienti dal vicino oriente, il presidente serbo Tomislav Nikolic ha di recente firmato un accordo col suo omologo russo per la cessione da parte di Mosca di 6 MiG-29 Fulcrum (caccia da superiorità aerea sviluppato in Unione Sovietica negli anni ’70) in versione monoposto e biposto, fatto singolare dato che il Cremlino non ha mai concesso l’esportazione dei suoi MiG nella versione biposto, una trentina di MBT (Main Battle Tank, carri pesanti da battaglia, ossatura di ogni forza corazzata) T-72s e svariati veicoli blindati per il trasporto truppe BRDM-2.

La maggior parte dei mezzi verrà regalata dai russi alla Serbia, ma il governo di Belgrado dovrà farsi carico delle spese di mantenimento e ammodernamento degli apparecchi. I serbi dovranno spendere una cifra che oscilla fra i 200 e i 300 milioni di euro, cifra circa trenta volte superiore a quella spesa dal piccolo stato balcanico per il mantenimento del proprio apparato militare negli ultimi vent’anni.

A cio’ va aggiunta una trattativa, che si protrae dal 2015, con Mosca per l’acquisto dei nuovissimi sistemi missilistici antiaerei S-400 in grado di abbattere velivoli anche a 300km di distanza e che la Russia ha schierato al confine Turco-Siriano (come deterrente dopo l’abbattimento del Su-24 da parte dell’aviazione di Ankara) e al confine dell’Ucraina orientale al fine di scoraggiare qualsiasi rappresaglia verso i ribelli filo russi da parte del regolare esercito Ucraino.

Tale sproporzionata potenza di fuoco in mano alla Serbia ha messo in allerta i vicini paesi sorti dalle ceneri dell’ex Jugoslavia e della stessa NATO, soprattutto perchè in evidente risposta all’ammodernamento dell’esercito varato dalla Croazia nel 2015 e fortemente sostenuto dagli USA. Chiaramente, a detta degli analisti,uno scenario di guerre balcaniche è fortemente improbabile, soprattutto perchè la Serbia è circondata da paesi facenti parte della NATO e un’eventuale conflitto non potrebbe che allargarsi a macchia d’olio, scenario che, ovviamente, Belgrado sgongiura con tutte le sue forze.

La prova a suffraggio della tesi secondo cui l’ammodernamento dell’esercito Serbo abbia evidenti scopi propagandistici e di deterrenza, piuttosto che l’apertura di un conflitto armato con un paese vicino, è rappresentata dall’acquisto dei T-72s. Se da un lato l’acquisto dei MiG 29 è una tappa obbligata da parte dell’aviazione serba, che in alternativa dovrebbe affidarsi a squadriglie prese in affitto da paesi stranieri per il pattugliamento del proprio territorio,(con costi proibitivi per il piccolo paese) l’acquisto dei pesanti carri da battaglia russi rappresenta una mossa strategicamente ininfluente e puramente propagandistica dato che i serbi possiedono già un notevole numero di blindati di epoca sovietica e le nuove acquisizioni verrebbero inevitabilmente poste in riserva.

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L’appoggio della Russia, pero’, spinge a considerazioni ben piu’ interessanti perchè il governo di Belgrado,di fatto, non si è espresso circa le finalità di questa faraonica spesa militare e, malgrado le preoccupazioni della NATO e dei vicini paesi balcanici, appare chiaro come la Serbia abbia tutto l’interesse a mantenere una certa ambiguità internazionale che possa garantirle adeguato sostegno sul fronte interno con la retorica dell’indipendenza dalla NATO unita alla percezione diffusa nel popolo serbo di avere incondizionato appoggio dalla Russia (appoggio su cui i serbi, malgrado le aspettative, non hanno potuto contare in ogni momento di loro necessità) pur non disdegnando, al contempo, proficui rapporti commerciali con l’unione europea (il 60% delle esportazioni serbe si dirige verso l’UE).

Dal canto russo, la grande operazione di generosità rappresentata dal regalo di mezza dozzina di caccia militari dal valore di svariati centinaia di milioni di euro, si inserisce nell’ottica dell’ormai lampante disegno geopolitico del cremlino: Risposta vigorosa e sistematica ad ogni ad ogni pressione e provocazione dell’Alleanza Atlantica.

E’ presto per sostenere che l’utilizzo di armi russe da parte dell’esercito serbo rappresenti automaticamente un aumento dell’influenza di Mosca nei balcani, ma è evidente che la Serbia si trovi in debito col Cremlino e che questo debito potrebbe essere sanato,da parte dei russi, sfruttando l’alleato serbo in una regione quasi totalmente in mano alla NATO. Resta solo da vedere se l’alleanza atlantica e gli USA sfrutteranno la Croazia in funzione anti Serba o se, con l’ufficiale insediamento del presidente statunitense Donald Trump,che ha definito la NATO un relitto di un’epoca chiusa, le carte in tavola verranno nuovamente stravolte.

A cura di Fabrizio Tralongo

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