Non è il titolo di quel film di Wim Wenders, che in realtà usciva in Il cielo sopra Berlino, ma la realtà di ieri sera. La settimana scorsa è stata la volta di un ragazzino di dodici anni, nei panni di un fattorino di una bomba (per fortuna) mai esplosa. Nei giorni a seguire ci sono stati altri attacchi in giro per il mondo. Ieri sera il live su Berlino ci aggiorna di una bruttissima realtà.
Inizialmente si è parlato di una rivendicazione dell’Isis, ma è preferibile aspettare un po’ di tempo prima di dare per certa la natura di queste attribuzioni.
Non vi sono infatti altri elementi di minaccia o di situazioni pericolose con riguardo all’episodio di Berlino di questa sera, o almeno così dichiara il twitt della polizia della capitale tedesca. Occorre dunque usare cautela nel mettere insieme i tasselli del puzzle dell’ennesima tragedia di questo 2016, perché tale è lo strumento di cui fanno uso sia la polizia tedesca sia il Ministero degli Interni. Un invito che, soprattutto per noi studiosi – sostiene Alessandro Orsini, Direttore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della LUISS – è di vitale importanza.
Certo è che se verrà confermato l’arresto della persona seduta accanto l’autista del camion – a quanto pare da questi dirottato, nella persona del cugino, seduto sul lato passeggero – sarà un accertamento che si potrà verificare soltanto nelle prossime ore. Occorrerà a quel punto vedere che piega prenderanno le indagini.
Dalle ricostruzioni sin’ora ricavate, sembra che il camion si sia schiantato a seguito di una folle corsa su uno dei mercatini allestiti da quando è iniziato il periodo natalizio, investendo parte della folla che lì si trovava. In seguito le autorità hanno invitato tutti i berlinesi a raccogliersi all’interno delle proprie abitazioni: un suggerimento che la popolazione tedesca ha seguito pedissequamente.
Questa volta però si preferisce non parlare di un attacco di matrice islamica, né di terrorismo: ci si concentra “solamente” sul numero delle vittime. Quanto al bilancio, si cita un numero di circa 9 morti e 130 feriti secondo diverse fonti ospedaliere, ma nulla di ancora totalmente accertato. E si tende anche ad escludere che l’orrore verificatosi oggi possa avere una qualche influenza sulle prossime elezioni, considerando che tra meno di un anno i tedeschi andranno a votare per le politiche. Sempre secondo il professore Orsini, il numero delle vittime è dunque sin’adesso così esiguo da non dover produrre reazioni eclatanti a tal punto da sconvolgere gli equilibri politici del paese.
Si assume invece un’acclarata somiglianza con l’attentato avvenuto nel Luglio scorso a Nizza. E, quasi in un’ironia della sorte, se si volge un rapido sguardo su un report riesumato dal Ministero degli Interni tedesco, si può desumere come un copioso numero di foreign fighters proveniente dalla Siria si sia sedimentato negli ultimi mesi nella regione tedesca (senza considerare le decine di attentati sparsi per l’Europa e sventati solo a Luglio, sempre per mano dei sedicenti “lupi solitari”).
Alcuni dati che rassicurano, tuttavia. O meglio, un importante interrogativo: dov’è stata negli ultimi mesi Al – Qaeda? Sembra sia stata abbastanza silente, perchè una gran fetta di attentatori estremisti d’Occidente si è dichiaratamente rifiutata di farsi saltare in aria. Nell’episodio del Bataclan, solamente 7 mussulmani su 5 milioni hanno deciso di farsi kamikaze, un paragone che varrebbe il passaggio di un’asteroide nella Via Lattea di pianeti.
Tuttavia occorre mantenersi lucidi sulle circostanze attuali: l’Isis nell’ultimo anno ha perso tutte le sue più grandi roccaforti sulla scena mediorientale. Cerca di difendere Mosul, di vitale importanza e ad oggi sotto assedio da parte delle truppe irachene, statunitensi e curde, e perderà presto Raqqa. Per cui il meccanismo corrisponde più o meno a quello di un causa – effetto che recita: perdita all’interno, avanzamento all’estero.
E’ chiaro che le strategie che l’Europa mette in atto sul piano della sicurezza, soprattutto quelle che provengono dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, producono i loro effetti sul vero successo, ovvero sconfiggere il terrorismo. E l’unica via – necessaria e sufficiente – da percorrere per la realizzazione di questo ambizioso obiettivo non è tanto quella di abbattere i terroristi, ma di non averne affatto. Cosa che in questo momento storico diventa un obiettivo davvero molto difficile.
La difficoltà risiede tanto più nel fatto che sia gli Stati Uniti che la Russia hanno sostanzialmente scaricato sull’Europa il problema siriano. Il conflitto in Siria, invece di terminare tanto tempo fa, è stato cioè alimentato da due grossi blocchi politici. Queste unioni di paesi – capitanate da un lato dagli Stati Uniti, dall’altro dalla Russia – detengono dunque delle enormi responsabilità su quello che è il teatro geopolitico siriano. La seconda incidenza è stata sicuramente l’insorgenza e, poi, la proliferazione, degli elementi di matrice islamica in Occidente, e per finire non si può escludere una menzione alla quaestio immigrazione. Secondo il professore Alessandro Orsini, nell’ordine, sarebbero dunque questi gli elementi che fanno scricchiolare il progetto di ricerca di una pace europa (per quanto utopica, molto probabilmente):
1. Le vittime in Siria;
2. La crescita dei processi di radicalizzazione nei nostri paesi
3. Il flusso dei migranti
In definitiva, gli Stati Uniti non si sono ancora messi d’accordo con le altre potenze. Sono loro il vero inceppo del motore. Ed il terrorismo è la conseguenza – nella forma di un eccidio – del cinismo prettamente egemonico a trazione americana e sovietica.
Dal canto loro, gli italiani, sono invece l’unico popolo europeo che crede verosimilmente nella pace. Un popolo che, da fondamentalmente civile quale è, tuttavia continua a portare addosso il fardello delle vittime siriane. E si sa che di silenzi, certamente, non si sopravvive.