Il progetto geopolitico di Mosca e il medio oriente come cortile di casa
Sin dagli anni 2000, ovvero sin da quando la Russia, stabilizzatasi sul fronte interno, è riuscita a godere di congiunture particolarmente fortunate (in primis il rialzo del prezzo del greggio che costituisce ancora oggi una colonna portante del PIL nazionale) la politica estera di Mosca ha visto nel medio oriente la chiave di volta per riottenere quel ruolo di primo piano sul palco scenico internazionale di cui i turbolenti anni ’90 l’avevano privata. In realtà è bene precisare che la Russia ha sempre mostrato una certa coerenza di fondo nei rapporti coi paesi mediorientali, sin dall’era sovietica ha cercato di inserirsi nello scacchiere politico nord africano e ,volendo fare un passo indietro, sin dal tempo degli Zar i russi hanno sempre cercato uno sbocco sul mediterraneo, sfruttando soprattutto la decadenza dell’impero Ottomano (la guerra del 1877-1878) o con numerose pressioni diplomatiche al fine di ottenere basi stabili sul Bosforo. Tentativi che verranno continuati da Stalin poco dopo la seconda guerra mondiale e che saranno uno dei primissimi momenti di attrito con gli Stati Uniti. Ed è qui che inizia a configurarsi la stabile alleanza russo-siriana grazie alla quale ci possiamo spiegare il perché il cremlino abbia tanto a cuore la continuità del regime di Damasco.
Durante il processo di decolonizzazione, Stalin, vedendo il Bosforo irrimediabilmente chiuso alle navi sovietiche decise di appoggiare l’indipendenza siriana dalla Francia (nel 1946), l’accordo era semplice: Armamenti sovietici per la lotta contro l’armèe de terre in cambio di basi d’appoggio da concedere all’armata rossa. La posteriore crisi di Suez del ’56 contribuirà a rinsaldare ancora di piu’ i rapporti fra i due paesi. La vera svolta si avrà nel 1970, quando un colpo di stato organizzato da un ambizioso generale dell’aeronautica, Hafez al-Assad, trasformerà la Siria in un paese mono partitico, retto dal partito Baath che siglerà con l’Unione Sovietica un accordo di cooperazione economica e militare che si concretizzerà nella costruzione e nella cessione (in leasing) alla Russia, della base navale di Tartus che diventerà l’unico stabile sbocco sul mediterraneo per la marina sovietica. Da allora la base di Tartus è diventata un pilastro sia per le operazioni russe nel settore, sia per il regime di Assad, regime che ha tutto l’interesse nel mantenere una stabile presenza militare alleata sul proprio suolo, sia come spauracchio contro un intervento occidentale diretto, sia come base rifornimenti per l’andamento della guerra civile. Ma non è solo sulla Siria che Mosca ha fatto leva per attuare la propria visione geopolitica nell’area. C’è stata la piccola parentesi,durante la guerra fredda, dell’Egitto di Nasser ( prima che quest’ultimo decidesse di schierarsi al fianco del blocco occidentale), l’Iraq di Saddam Hussein,che Mosca non ha potuto difendere dall’operazione Desert Storm del 1991 e l’Iran che è diventato il naturale sostituto dell’Iraq per gli scopi del Cremlino.
L’alleanza Russo-Iraniana è forse la piu’ salda che si possa rilevare nello scenario medio orientale, ancora piu’ di quella con la Siria, perché se è vero che da una parte Damasco offre il tanto agognato sbocco sul mediterraneo, è anche vero che l’Iran esercita un notevole soft power nelle regioni circostanti, è un partner commerciale di primo piano soprattutto per la vendita del petrolio e, cosa piu’ importante, soffre di un certo isolazionismo internazionale (eccezion fatta per la Cina, comunque buon alleato della Russia) che lo candida a scelta prediletta agli occhi della dirigenza russa. Ecco spiegato l’appoggio di Mosca allo sviluppo del programma nucleare civile iraniano e il ferreo veto della Russia su tutti gli eventuali interventi e risoluzioni volti a dissuadere il paese teocratico in tal senso. In piu’ l’iran è a sua volta un grande alleato del regime di Assad e la convergenza di intenti con Mosca non puo’ che palesarsi. Logico a questo punto pensare che La Russia voglia ridefinire gli assetti geopolitici mediorientali creando un fronte compatto con Siria e Iran che deve porsi come alternativa (o frenare) l’influenza territoriale di cui godono le monarchie del golfo filo statunitensi, in piu’ la difesa della Siria costituisce anche una difesa della Russia stessa: Un’eventuale vittoria dei ribelli in Siria, o il parziale affermarsi di attori non statali, non potrebbe che portare ad una recrudescenza delle tensioni nel caucaso settentrionale, il che non potrebbe che tradursi in nuove stagioni di attentati sul suolo russo. Da qui si comprende e ci si spiega il vigore dei bombardamenti, la mobilitazione di gran parte della flotta e la volontà di sorreggere Assad a tutti i costi da parte di un paese restio ad utilizzare il proprio esercito come strumento offensivo (e non come mero deterrente) soprattutto a fronte delle esperienze maturate in Afghanistan prima e in Cecenia poi. Ovvio quindi che Mosca con questa mossa scommetta tutta la sua credibilità internazionale, nel caso di vittoria filo governativa in Siria, si creerebbe un’asse Damasco-Teheran-Baghdad (chiaramente sotto egida iraniana) che cambierebbe di molto i rapporti di forza nei confronti dei paesi del golfo.
Nel caso di sconfitta del governo centrale di Damasco (per la verità ormai improbabile dato il cambiamento di vertice al governo statunitense) la Russia perderebbe ogni influenza nel medio oriente, la Siria entrerebbe giocoforza nell’orbita occidentale e le resterebbe soltanto un Iran isolato con ben poco potere contrattuale. Se invece la strategia imbastita da Mosca dovesse dare i suoi frutti la Russia non solo avrebbe una grandissima influenza nel medio oriente, ma avrebbe anche l’appoggio di uno dei principali produttori di petrolio mondiali, oltre alla stessa Russia, che è proprio l’Iran. A questo punto una Cina, in perenne ascesa economica e affamata di risorse (soprattutto combustibili fossili) non potrebbe che cementificare l’alleanza con questi due paesi e la Russia potrebbe concentrarsi su quella che, ora come ora, è ancora la sua partita piu’ importante: L’Ucraina e i conseguenti rapporti con l’Europa. Resta da vedere come si inseriranno in questo mosaico e da che parte si schiereranno altri attori regionali come la Turchia, che da poco ha rinsaldato le proprie relazioni col paese slavo dopo il gelo sceso a seguito dell’ abbattimento del Su-24 e che al momento non sembra affatto d’intralcio ai disegni geopolitici di Mosca.