Una riflessione a cura di Giovanni Tranchina
DONALD TRUMP E’ UFFICIALMENTE IL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA,
ma i meccanismi elettorali che hanno portato il miliardario newyorkese a ricoprire una delle cariche più importanti a livello globale sono piuttosto controversi.
E’ un voto del cittadino medio ostile allo “status quo” verso però un personaggio che ha sempre sottolineato con orgoglio il suo non essere “medio”, ma con capacità comunicative talmente mediocri (secondo i canoni classici della politica) da sembrare il vicino della porta accanto, quando dall’altro lato si presentava un candidato mai fuori posto e “politically correct” ma con il quale è risultato impossibile per la maggioranza degli americani provare una qualsiasi forma di empatia.
E’ un voto antisistema verso un uomo che ha tratto giovamento dal sistema stesso, premiato però dal fatto di non essere un politico di professione (non appoggiato nemmeno dal partito repubblicano stesso) e di non avere alcun supporto dai mercati e dal mondo finanziario, quando dall’altra parte trovavamo un personaggio espressione dell’establishment americano nonché moglie di un ex presidente.
E’ un voto contro l’interventismo americano in Medioriente pienamente incarnato da un candidato come Hillary Clinton che ha avuto un ruolo cruciale, in quanto Segretario di Stato, nelle azioni militari in Libia e Siria. E chissà se verrà rispettata la promessa del miliardario di un avvicinamento con la Russia di Putin.
E’ un voto contro la stampa americana che si è ritrovata unita, anche le testate tradizionalmente più conservatrici, nell’ostracizzare il personaggio Trump ma che non hanno fatto altro che fortificarlo e che fa emergere una questione cruciale per il mondo globalizzato del XXI secolo: quanto contano ad oggi i media mainstream? E quali sono invece mezzi di comunicazione che hanno realmente un’influenza sul tessuto popolare?
Quello che emerge prepotentemente da questo risultato è che la politica classica non è più in grado di intercettare i malumori di quelle classi maggiormente indebolite dalla crisi, delle periferie e di quella parte di popolazione ostile allo “status quo” e che poi a livello numerico può fare la differenza. E questa incapacità comunicativa tra l’elitè politica ed il popolo emerge in modo chiaro negli Stati Uniti così come in Europa, tanto che questo evento fortemente legato al voto sulla Brexit così come all’insorgenza dei nazionalismi e delle figure carismatiche potrebbe portare ad una nuova ridefinizione della politica classica che da tempo si era adagiata in forme di comunicazione standard e piegata alle lobby finanziarie ed al neoliberismo, e dimenticato dei bisogni inascoltati di larghe fasce di popolazione.
Giovanni Tranchina,
Ricercatore IMESI