Elezioni USA: a che punto è la corsa elettorale
Manca poco meno di un mese al voto per le elezioni del prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America e la pressione mediatica sui due candidati è in costante aumento. L’opinione pubblica assiste incessantemente ad un ping pong di notizie, accuse e scandali che, tramite la leva mediatica, spostano i voti degli elettori meno certi e formano quelli degli indecisi.
L’11 settembre il malore accusato dalla Clinton durante la cerimonia in memoria degli attentati terroristici di quindici anni fa ha alzato un polverone senza precedenti ricevendo risonanza sui mezzi di informazione di tutto il mondo. Tanta eco mediatica ha costretto la Clinton a rivelare di avere la polmonite e ha fatto da sponda a Trump per presentarsi ancora una volta come l’uomo forte ed energico che potrà risollevare gli Stati Uniti. La rilevanza della notizia è da attribuirsi alla particolare sensibilità dell’elettorato americano per le questioni inerenti allo stato di salute dei presidenti e dei candidati alla carica. Dopo le dichiarazioni della Clinton in merito alla sua polmonite, un sondaggio del Times ha rivelato che più della metà degli elettori americani sono convinti che la Clinton sia in uno stato di salute più grave di quello che ha dichiarato. Ombre di questa natura spaventano non poco gli elettori americani e sono, in effetti, capaci di spostare numerosi voti: l’elettore americano medio, che sia democratico o repubblicano, vuole un presidente sano ed energico che sia in grado di occuparsi dei problemi del paese senza impedimenti di natura personale.
Il 26 Settembre, poi, si è svolto il primo dibattito pubblico tra i due candidati. Durante l’evento, la Clinton è riuscita ampiamente a riscattare la sua immagine e a mostrarsi solida, competente e sicura invece che debole e malata. Dopo le valutazioni degli analisti, i sondaggi hanno confermato che l’opinione pubblica considera lei la vincitrice del dibattito e, conseguentemente, ha potuto guadagnare qualche punto nei sondaggi anche in Stati a tradizione repubblicana.
Uno degli aspetti che ha contribuito maggiormente alla vittoria della Clinton la sera del 26 settembre è stato l’attacco a Trump per non aver voluto rendere pubblica le sua dichiarazione dei redditi, come invece hanno sempre fatto tutti i candidati alla Casa Bianca. Lui si è difeso sostenendo di essere al momento oggetto di un’investigazione da parte del fisco americano e che, per questa ragione, gli è fatto divieto di pubblicare i suoi documenti fiscali. La difesa, tuttavia, risulta ben poco convincente. Ad aggravare la posizione di Trump, un paio di giorni fa il New York Times ha pubblicato un’inchiesta sul passato fiscale del magnate newyorkese dimostrando che nel 1995 Trump ha dichiarato una perdita di 910 milioni che gli avrebbe garantito un credito di imposta sufficiente a non pagare tasse federali per circa un ventennio. Sebbene dai documenti pubblicati dal New York Times non emergano in modo inequivocabile condotte illecite, senza dubbio uno scandalo del genere, che colpisce Trump sul fianco scoperto, ha una portata significativa per la corsa elettorale. Tant’è che, secondo le rilevazioni di Fox News in merito alle intenzioni di voto individuale raccolte nel periodo 26-29 settembre, tra la metà e la fine di settembre la Clinton ha guadagnato due punti percentuali, passando dal 40% al 42%, mentre il dato di Trump, 40%, è rimasto praticamente invariato.
Ad aggravare la situazione dell’imprenditore, poi, sono arrivati i video che lo ritraggono a condurre una discussione gravemente sessista, parlando di una donna come di un oggetto di cui avrebbe potuto fare ciò che voleva. Nonostante Trump abbia rivolto pubblicamente scuse a tutte le donne e abbia affermato di non essere più quella persona, il partito repubblicano ha cominciato gradualmente a fare terra bruciata intorno a lui, al punto che il portavoce del partito, Paul Ryan, ha pubblicamente dichiarato che, sebbene continuerà a sostenerlo, non difenderà più Trump per i suoi comportamenti.
Nel contesto di questa gravissima crisi della campagna elettorale di Trump, il 9 Ottobre si è tenuto il secondo dibattito pubblico tra i due candidati. Durante il dibattito centrali sono stati i temi relativi alla politica estera statunitense: IS, Siria e rapporti con la Russia. La Clinton si è dimostrata fortemente interventista, dichiarando che il conflitto in Siria, la politica aggressivamente espansionista della Russia e la minaccia terroristica del sedicente Stato Islamico meritino una risposta forte e decisa degli Stati Uniti. Trump si è dichiarato in disaccordo, seppur senza portare nessun argomento significativo, e ha continuato a insistere sul fatto che la minaccia terroristica sia figlia delle politiche di intervento che la Clinton ha sempre sostenuto. Si sono poi affrontati altri temi come l’Obamacare e il sistema sanitario, con una Clinton che ha difeso con decisione la riforma dell’ultima amministrazione democratica, la politica energetica, la questione morale e il capitolo delle tasse.
I grandi temi della politica, tuttavia, sono stati messi in ombra dai reciprochi attacchi personali dei due candidati. La Clinton ha insistito sul sessismo di Donald Trump, rievocando nell’opinione pubblica l’immagine, svelata dai video rivelati qualche giorno prima, di un Donald Trump che parla di una donna come di un giocattolo da manipolare. Trump ha puntato tutto sugli scandali sessuali di Bill Clinton e sulla questione delle e-mail che la Clinton, in veste di Segretario di Stato, avrebbe gestito dal suo account personale e non, come previsto dalla legge, da quello istituzionale. Su questo tema, Trump è arrivato a dichiarare che fosse una fortuna che uno come lui – come Trump – non fosse responsabile della legge, perché altrimenti lei sarebbe in carcere. A questo colpo basso, Trump ha voluto aggiungere che la Clinton ha “il cuore pieno di odio”.
Sebbene ci si potesse aspettare che dopo questa debacle di Trump i sondaggi incoronassero la Clinton e penalizzassero il candidato repubblicano, la media dei sondaggi americani rivela che, da inizio Ottobre a oggi, la forbice tra i due dati si è allargata, ma non tanto quanto molti analisti si aspettavano. La Clinton rimane di gran lunga la candidata favorita, ma i sondaggi stanno dimostrando che i sostenitori di Trump sono uno zoccolo duro scarsamente sensibile a qualsiasi tipo di scandalo.
La ragione principale di questa insensibilità è probabilmente da inviduarsi nel fatto che il malessere che ha dato vita all’effetto Trump è ancora lì ed è rimasto senza cura. Secondo un sondaggio di Fox News, infatti, per quanto la maggioranza degli americani ritenga la Clinton più competente e capace di governare di Trump, i dati si invertono del tutto quando al campione viene chiesto chi dei due candidati ritengono essere il più onesto. Alla domanda “È onesto e affidabile?”, il 36% risponde sì per Trump e solo il 33% si per la Clinton.
Il dato relativo alle intenzioni di voto individuali, tuttavia, è di relativa importanza nel contesto politico americano. Il Presidente degli Stati Uniti, infatti, viene scelto attraverso un sistema di attribuzione di seggi – cosìddetti Grandi Elettori – su base statale. Ogni Stato può eleggere un certo numero di Grandi Elettori che poi elegeranno il Presidente. In quasi tutti gli Stati, tutti i Grandi Elettori a disposizione dello Stato vanno in blocco al candidato che ha ottenuto la maggioranza dei voti. Facendo un esempio, la California può eleggere 55 Grandi Elettori. Tutti questi Grandi Elettori sono assegnati al candidato che ottiene la maggioranza dei voti in California. Alla fine, semplificando, viene eletto Presidente il candidato che riceve la maggioranza dei Grandi Elettori disponibili
Nella maggior parte degli Stati il risultato delle elezioni è scontato. In Paesi come il Texas i democratici non hanno mai vinto e in paesi come la California non hanno mai vinto i repubblicani. La partita delle presidenziali americane si gioca sempre sui cosìddetti swing states, gli Stati che non hanno una tradizione consolidata per una parte o per l’altra. Per le presidenziali di quest’anno, gli Stati su cui Trump si gioca la corsa alla Casa Bianca sono principalmente Florida (29 Grandi Elettori), Ohio (18 Grandi Elettori) e Pennsylvania (20 Grandi Elettori).
La probabilità che Trump riesca a vincere negli Stati chiave e che quindi riesca ad ottenere un numero di Grandi Elettori sufficienti, sono molto basse. Quella che si prospetta l’8 Novembre sembra essere una vittoria schiacciante per la Clinton.
Se effettivamente dovessero andare così le cose, gli Stati Uniti uscirebbero fuori da questa tornata elettorale con una ferita che farà fatica a rimarginarsi; la Clinton non è un candidato amato, non sta trascinando le folle e rimane un candidato interventista e vicino al mondo delle grandi lobby. Quell’ esigenza di cambiamento e di rinnovamento che ha portato a Sanders un successo inaspettato e a Trump la possibilità di correre per la presidenza tra le file dei repubblicani rimarrà inascoltata e inespressa. Le previsioni vedono così avanti il candidato democratico esclusivamente perché l’avversario è avvertito in modo diffuso come un soggetto imprevedibile e pericoloso. Non appena la Clinton sarà alla Casa Bianca dovrà gestire da un lato la rabbia e il malcontento dell’esercito dei fedeli di Trump e, dall’altro, la sfiducia di chi l’ha votata turandosi il naso. Comunque vada, sulla vittoria della Clinton e sulla sua presidenza tutto l’Occidente avrà da riflettere per dare finalmente risposta ad una domanda centrale della politica di oggi: come si combattono i populismi?
Salvatore Maraventano
Riferimenti:
http://www.thetimes.co.uk/article/less-than-half-of-us-voters-believe-clinton-s-claims-about-her-health-7mrsr09jn
http://www.foxnews.com/politics/2016/10/07/fox-news-poll-clinton-edges-trump-by-two-points-one-month-ahead-election.html
https://www.washingtonpost.com/politics/trump-recorded-having-extremely-lewd-conversation-about-women-in-2005/2016/10/07/3b9ce776-8cb4-11e6-bf8a-3d26847eeed4_story.html