Il 23 giugno, gli elettori britannici hanno scelto di lasciare l’Unione europea. Questo importante referendum, colloquialmente definito Brexit, ha provocato delle onde d’urto in Europa e nel mondo. La vittoria dei “Leave” (coloro che volevano uscire), con il 52% dei voti, contro il 48% per il “Remain”, è un risultato inaspettato. Né l’UE né il Regno Unito potranno essere gli stessi di prima. In questo articolo l’obiettivo è quello di capire quali possono essere le cause della Brexit sulla politica di sicurezza e difesa europea (PESD). Inizialmente, sarà considerato l’approccio teorico, che tende a spiegare oggettivamente gli effetti sulla politica di sicurezza europea. In secondo luogo, la prima reazione dell’Unione europea a seguito del referendum sarà esaminata. Infine, sarà presentato il quadro della riunione di Bratislava, il 16 settembre, l’incontro informale in cui si riuniranno per la prima volta i 27 paesi dell’UE.
Quali sono le conseguenze della Brexit per la PSDC?
Secondo John Schindler, un esperto di sicurezza, specializzato nello spionaggio e il terrorismo ed ex analista della National Security Agency, l’uscita della Gran Bretagna è un grosso problema per l’Unione europea. Nel suo articolo “Comprendere le implicazioni di sicurezza della Brexit”, Schindler ha dichiarato che la piena responsabilità del risultato del referendum è della Germania, la quale calpestando alcune regole ha causato rancore nella maggior parte degli Stati membri. La scorsa estate, la decisione unilaterale da parte di Angela Merkel di aprire le porte del suo paese a milioni di migranti provenienti da est e sud ha cambiato le sorti dell’ Europa, e promette di portare cambiamenti sociali, politici ed economici drammatici. Per l’autore, la Brexit è la conseguenza della “politica aperta” voluta da Angela Merkel, che ha portato ad una reazione europea basata sulla paura. Questo perché la forte maggioranza degli immigrati sono musulmani e potrebbero presentare problemi per l’intera Unione, date le sfide di sicurezza associate ai musulmani che sono già in Europa.
Secondo Schindler, la Brexit è il primo di una lunga serie di reazioni per quanto riguarda l’unilateralismo della Merkel. Ci vorranno almeno mesi per organizzare l’uscita del Regno Unito, mentre le conseguenze economiche, politiche e sociali si vedranno tra decenni, ma non nel campo della sicurezza. La strategia dell’UE sulla lotta contro il terrorismo non è stato un punto di forza per il “Remain” poiché i recenti attentati hanno dimostrato tutta l’inefficienza dell’intelligence europea. Inoltre, le recenti voci da Bruxelles circa la necessità di un esercito europeo ha causato preoccupazioni nel Regno Unito, soprattutto perché qualsiasi forza militare dell’UE sarebbe venuta a scapito della NATO. Poiché la maggior parte dei membri dell’UE spendono poco in difesa, qualcuno si è chiesto da dove sarebbero venuti i fonti per il mantenimento di un eventuale esercito. Alla fine, secondo l’autore, la Gran Bretagna aveva molte buone ragioni per votare l’uscita. In primo luogo la questione della politica di migrazione avanzata dalla Germania. In secondo luogo, l’inefficienza europea sull’intelligence e la lotta al terrorismo, che non dà nessun valore aggiunto. Infine, l’idea di un esercito europeo che graverebbe sui costi di paesi che sono sia membri dell’Unione che della NATO, pertanto, significa doppia spesa.
Più dettagliata è la spiegazione data dal Centro per gli studi politici europei (CEPS). I contributi finanziari dei paesi membri al bilancio dell’UE sono condivisi in modo equo, secondo i mezzi. Più il PIL è grande e più si contribuisce alle spese dell’UE. Il bilancio dell’UE non mira a ridistribuire la ricchezza, ma piuttosto a concentrarsi sulle esigenze di tutti gli europei nel loro insieme. Nel 2014, il contributo del Regno Unito al bilancio dell’UE era pari a 11,342 miliardi di euro. Secondo la relazione finanziaria del 2015, il contributo britannico al bilancio dell’UE sul tema “Sicurezza e cittadinanza” è stato di € 149,5 milioni. In primo luogo, la Brexit significa che la PSDC perderà uno dei suoi principali “azionisti”. Il Regno Unito e la Francia da sole costituiscono oltre il 40% degli investimenti sulla difesa nell’UE. Le spese militari del Regno Unito sono pari al 2% del loro PIL, che lo rendono uno dei cinque Stati membri dell’UE più virtuosi dopo la Grecia (2,6%), Polonia (2,2%), Francia (2,1%), e pari all’Estonia (2%). Poiché la PSDC nasce da un’iniziativa franco-britannica (a Saint Malo), la prima implicazione della Brexit potrebbe essere politica: quale Stato potrebbe sostituire il Regno Unito? La Germania si sta evolvendo dall’essere una potenza civile assumendo maggiori responsabilità in sicurezza internazionale, compresa la partecipazione alle operazioni militari, come stabilito nel nuovo Libro bianco sulla politica di sicurezza tedesca rilasciato il 13 luglio 2016. Tuttavia, per essere in grado di “sostituire” il potere economico britannico, serve un maggiore impegno da parte della Germania, una forte partnership strategica tra la Germania e la Francia, e di un maggiore sostegno dall’Italia.
In secondo luogo, c’è preoccupazione per il problema del personale per le missioni civili e militari, prima di tutto per lo svolgimento dell’operazione Sophia nel Mediterraneo. La Gran Bretagna ha sempre fornito un discreto numero di personale e risorse per eseguire le operazioni. La sua futura assenza si tradurrebbe in ulteriore sforzo da parte di Francia, Italia e Germania. Ovviamente i problemi sopra citati sarebbero meno gravi se tutti gli ormai 27 paesi membri dimostrassero più solidarietà. Il risultato del referendum ha portato ad una serie di reazioni nell’Unione Europea. Come un campanello d’allarme per il futuro dell’Europa, perché molti paesi con una forte tendenza euroscettica sarebbero pronti a seguire l’esempio del Regno Unito. Per questo motivo, dopo il referendum, l’UE ha mostrato la sua volontà di reagire, ma allo stesso tempo anche la necessità di una più stretta cooperazione con la NATO.
Un ritorno al Berlin Plus?
Firmato nel 2003, l’accordo “Berlin plus” è un pacchetto completo di accordi tra l’UE e la NATO che ha permesso all’UE di fare uso di mezzi della NATO per le operazioni di gestione delle crisi dirette dall’UE. Gli elementi formali dell’accordo “Berlin plus” includevano: un accordo di sicurezza NATO-UE, che copriva lo scambio di informazioni classificate in base alle norme di protezione di reciproca sicurezza; l’accesso alle capacità di pianificazione della NATO per le operazioni a guida UE; disponibilità di mezzi e capacità della NATO per le operazioni civili-militari dirette dall’UE; le procedure per il rilascio, il monitoraggio, il ritorno e il richiamo dei mezzi e delle capacità della NATO; i termini di riferimento per l’utilizzo di DSACEUR della NATO (vice Comandante supremo alleato in Europa) per comandare le operazioni condotte dall’UE; gli accordi di consultazione nel contesto di una guida delle operazioni che fanno ricorso ai mezzi e alle capacità della NATO. Attraverso tale cooperazione, la NATO ha acquisito maggiore legittimità nel panorama internazionale, e l’Unione europea è stata in grado di sviluppare la sua potenza militare. Per i primi anni questa cooperazione è stata messa in atto, fino a quando l’Unione europea è riuscita a sviluppare un potere militare indipendente dalla NATO. Tuttavia, da circa dieci anni, le due organizzazioni non hanno implementato gli accordi Berlin Plus. In pratica, le due organizzazioni hanno una vocazione diversa: la NATO è una potenza difensivo-militare, e l’UE ha un potere civile e di legislazione. Un’ulteriore causa dell’allentamento della cooperazione militare è stata anche una questione di finalità. Negli ultimi dieci anni l’UE si è concentrata nel percorso di allargamento, ha intrapreso missioni di pace, in cooperazione con le Nazioni Unite, ha sostenuto i fondi per lo sviluppo in Africa, e ha voluto migliorare la legislazione interna. Invece, la NATO negli ultimi dieci anni si è concentrata nelle aree di crisi nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq, in Libia, e per la ricostruzione post-bellica in altri paesi.
Tuttavia, negli ultimi due anni, e in particolare dal marzo 2016, le due organizzazioni si stanno avvicinando a causa di due sfide comuni: la lotta allo Stato islamico e l’immigrazione. Entrambe le organizzazioni convergono sugli stessi obiettivi, anche se con mezzi diversi. Ma sembra che la Brexit abbia avuto un forte effetto sul rapporto tra le due organizzazioni, e la prova è il vertice di Varsavia del luglio 2016. Il 28-29 giugno 2016, 27 capi di Stato e di governo dell’UE (in modo informale) si sono incontrati per discutere le implicazioni politiche e pratiche della Brexit. Il Consiglio europeo si è concentrato sul risultato del referendum del Regno Unito. Durante l’incontro, i 27 paesi hanno dichiarato che vi era la necessità di organizzare il ritiro del Regno Unito dall’UE in modo ordinato: l’articolo 50 del trattato sull’Unione europea costituisce la base giuridica per questo processo. Tuttavia, non ci può essere nessuna trattativa prima della notifica ufficiale del Regno Unito. Secondo l’articolo 50 una volta che la notifica è stata ricevuta, il Consiglio europeo adotterà le linee guida per i negoziati di un accordo con il Regno Unito. Nelle sue conclusioni, il Consiglio europeo ha accolto con favore la presentazione della strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. Ma allo stesso tempo, nei settori della difesa e della sicurezza, il Consiglio ha parlato dell’attuazione della cooperazione tra l’UE e la NATO. Il Consiglio europeo, a giugno, aveva avviato un’intesa per un ulteriore miglioramento del rapporto, alla luce dei loro obiettivi e valori comuni e date le sfide senza precedenti provenienti dal Sud e dall’Est. Il nuovo slancio di cooperazione UE-NATO doveva avvenire in uno spirito di piena trasparenza e nel pieno rispetto dell’autonomia e delle procedure di entrambe le organizzazioni, basandosi sul principio di inclusione e fatti salvi i caratteri specifici della sicurezza e di difesa di qualsiasi Stato membro.
Queste pretesi si sono concretizzate durante il vertice della NATO a Varsavia: quasi come un ritorno al Berlin plus. L’8-9 luglio la Polonia ha ospitato la riunione biennale del vertice della NATO. Il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, e l’Alto rappresentante Federica Mogherini hanno rappresentato l’Unione europea al vertice. L’UE e la NATO hanno firmato una dichiarazione congiunta sul rafforzamento della cooperazione pratica in aree selezionate. Queste includono:
· contrastare le minacce ibride, anche attraverso lo sviluppo di procedure coordinate
· la cooperazione operativa in mare e sulla migrazione
· coordinamento in materia di sicurezza informatica e di difesa
· lo sviluppo di capacità di difesa coerenti, complementari e interoperabili
· facilitare una industria della difesa più forte e una maggiore ricerca della difesa
· rafforzare il coordinamento sulle esercitazioni
· la costruzione della capacità di difesa e la sicurezza dei partner in Oriente e Sud.
Anche se è vero che i contenuti dei due accordi sono diversi, sembra chiaro che questa dichiarazione sia conveniente per entrambe le parti, in particolare per l’Unione europea che con la Brexit perderà uno dei suoi collaboratori più virtuosi nel campo della sicurezza e della difesa.
Conclusioni
Il 29 giugno Federica Mogherini (l’Alto rappresentante per gli affari esteri) ha presentato la nuova strategia globale dell’UE. Lo scopo di questo documento è quello di rafforzare l’idea di “soft power”. L’Unione Europea è orgogliosa del suo ruolo di soft power e deve continuare ad essere un forte attore promuovere la pace. Molti rappresentanti europei come Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione, chiede la creazione di un esercito europeo. Federica Mogherini opta invece per un rafforzamento della cooperazione nel quadro della difesa. La strategia, scritta da Federica Mogherini e il suo consigliere Nathalie Tocci, vuole essere inserita in un contesto politico per plasmare le azioni future, e deve essere letto in termini di competenze, piuttosto che da punto di vista geografico. L’aggettivo “globale” si riferisce non solo alla geografia, ma anche ad una vasta gamma di politiche e strumenti promossi dalla strategia. Il 16 settembre, i capi di Stato e di governo dei 27 si incontreranno a Bratislava. Essi continueranno una riflessione politica per dare impulso a ulteriori riforme e allo sviluppo dell’UE con 27 paesi membri. Donald Tusk vuole che a Bratislava tutti i paesi europei siano d’accordo sulle principali priorità. Secondo il presidente del Consiglio europeo, queste priorità dovrebbero essere:
· proteggere le frontiere esterne dell’UE
· combattere la minaccia del terrorismo in Europa e altrove
· riportare il controllo della globalizzazione, trovare un modo per salvaguardare gli interessi dei cittadini dell’Unione europea, pur rimanendo aperta al mondo.
In un comunicato stampa, il presidente del Consiglio europeo ha dichiarato che alla prossima riunione di Bratislava i capi di Stato e di governo dei 27 (UE senza il Regno Unito) non parlano del processo Brexit, e ciò al fine di tutelare gli interessi dei chi decide di restare nell’Unione. Lo scopo dell’incontro sarà quello di proteggere gli interessi degli Stati membri che intendono stare insieme. Dalle dichiarazioni fatte dai rappresentanti europei sembra che ci sia l’intenzione di andare avanti e rafforzare la struttura europea. Lo slogan principale è di resistere uniti dopo l’inaspettato colpo del Regno Unito. Ma i segni della crisi sono evidenti. Negli ultimi mesi l’UE ha cominciato ad aumentare il suo impegno per il miglioramento della politica di sicurezza e di difesa, e stimolare le capacità di tutti i paesi dell’UE. Inoltre, la consapevolezza del futuro indebolimento della politica di sicurezza può anche essere letto nella dichiarazione congiunta in occasione del vertice della NATO a Varsavia. L’UE sembra ben consapevole delle conseguenze della Brexit e sta ora cercando di mobilitare i suoi mezzi per colmare il gap.
Maria Elena Argano
Per saperne di più:
Site EU NEWS, “Brexit, Tusk: a Bratislava non ne parleremo, per proteggere interessi di chi resta” : http://www.eunews.it/2016/09/01/brexit-tusk-bratislava-non-ne-parleremo-per-proteggere-interessi-di-chi-resta/66164
European Council Site: http://www.consilium.europa.eu/en/meetings/european-council/2016/09/16-informal-meeting/
Site Euractiv « Mogherini tente de doter l’UE d’une vraie politique internationale » : http://www.euractiv.fr/section/l-europe-dans-le-monde/news/mogherinis-global-strategy-moves-beyond-zero-sum-game/
European Council Site: http://www.consilium.europa.eu/en/meetings/international-summit/2016/07/08-09/
European Council Site: http://www.consilium.europa.eu/en/meetings/european-council/2016/06/28-29/
CEPS Site “The implication of Brexit for the EU’s Common security and policy”: https://www.ceps.eu/publications/implications-brexit-eu%E2%80%99s-common-security-and-defence-policy
European Commission Site “Budget Financial Report”: http://ec.europa.eu/budget/financialreport/2015/annex/2/index_en.html
Observer Site “Understanding Brexit’s Security Implications”: http://observer.com/2016/06/understanding-brexits-security-implications