Fosse Ardeatine, il ricordo di un efferato eccidio


Fosse Ardeatine, il ricordo di un efferato eccidio

 

24 Marzo 1944 – Sul finire del Secondo conflitto mondiale, durante l’occupazione tedesca di Roma, 335 civili italiani vengono fatti radunare da militari della Polizia di Sicurezza e SD presso le grotte artificiali site in via Ardeatina, a Roma, per essere ivi fucilati subito dopo. Il triste avvenimento, oggi noto ai più come il Massacro delle Fosse Ardeatine, costituì la rappresaglia della polizia tedesca ad un attentato partigiano, risalente al giorno precedente al massacro, durante il quale 17 partigiani dei Gruppi di Azione Patriottica fecero esplodere, nel corso di una parata militare, un ordigno in via Rasella, uccidendo 42 militari, per lo più tedeschi, e ferendo alcuni civili.

Il tenente colonnello H. Kappler, di concerto con il generale K. Mälzer, stabilirono che per ogni militare ucciso sarebbero dovuti morire dieci italiani, prelevati dai carceri romani tra i detenuti condannati a morte. Il progetto omicida fu messo in atto dai capitani delle SS Erich Priebke e Karl Hass, i quali non solo selezionarono un numero di vittime maggiore rispetto a quello inizialmente stabilito (335 anziché 330), ma, non riuscendo a reperire un numero tanto alto di condannati a morte, selezionarono un ulteriore e nutrito gruppo di prigionieri tra i condannati per reati politici o per aver preso parte, direttamente o indirettamente, a azioni della Resistenza, nonché 57 prigionieri ebrei. In seguito alla fucilazione dei prigionieri, avvenuta singolarmente e a distanza ravvicinata, l’entrata delle fosse fu fatta saltare con l’esplosivo, in modo da chiudere definitivamente ogni accesso alla zona del massacro.

Al termine della guerra, i responsabili dell’eccidio furono, secondo tempi e modalità diverse, assicurati alla giustizia. Mälzer, nel 1945, fu processato da un tribunale inglese e morì in prigione poco tempo dopo; Kappler, inizialmente condannato all’ergastolo presso un tribunale italiano, riuscì a evadere e a rifugiarsi in Germania, da dove non fu estradato per gravi motivi di salute. Morì di cancro poco tempo dopo. Ben nota, soprattutto in Italia, è la vicenda giudiziaria di Priebke, il quale fu condannato all’ergastolo dalla Corte d’Appello solo nel 1998, dopo un primo processo svoltosi nel 1996 presso un tribunale militare che aveva giudicato il reato estinto, suscitando lo sdegno dell’opinione pubblica; morì nel 2013 scontando gli arresti domiciliari.

Dal 1949 presso il luogo dell’eccidio sorge un monumento nazionale dedicato alla memoria delle vittime; qui, ogni anno, si celebra un momento commemorativo alla presenza delle più alte cariche dello stato. Oggi più che mai, alla luce dei recenti avvenimenti che hanno terrorizzato l’Europa, veritiere e toccanti risultano le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, durante la sua prima visita alle Fosse Ardeatine, dove si è recato subito dopo il suo insediamento, ha affermato: “L’alleanza tra nazioni e popolo seppe battere l’odio nazista, razzista, antisemita e totalitario di cui questo luogo è simbolo doloroso. La stessa unità in Europa e nel mondo saprà battere chi vuole trascinarci in una nuova stagione di terrore.”

Alessia Girgenti

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