L’Unione europea promotrice di sviluppo nel post 2015


L’Unione europea promotrice di sviluppo nel post 2015 

Nelle relazioni interstatali mondiali, l’Unione europea è promotrice del rispetto dei diritti umani e della solidarietà reciproca tra i popoli, cosi come enunciato nei trattati istitutivi dell’Unione stessa nonché nelle disposizioni in materia di cooperazione allo sviluppo. L’art. 208 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) inserisce la politica di cooperazione allo sviluppo all’interno della più generale azione esterna dell’Unione, prevendendo inoltre il riconoscimento degli obiettivi faro definiti dalle Nazioni Unite, quali l’eliminazione della povertà estrema e l’attuazione di un partenariato globale per lo sviluppo. A tal proposito, gli Stati si sono impegnati a raggiungere tali obiettivi entro il 2015. Sotto l’egida della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, alcuni paesi poveri, americani e africani, fortemente indebitati (Heavily Indebted Poor Country, HIPC) hanno così ottenuto l’annullamento del loro debito estero. Malgrado l’Unione europea sia il primo donatore mondiale per gli aiuti allo sviluppo, non tutti gli Stati membri hanno raggiunto l’obiettivo comune dei Paesi OCSE di destinare almeno lo 0,7% del loro Prodotto Interno Lordo (PIL) all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS). Per fare fronte a tali divergenze e definire una visione comune delle sfide socio-economiche odierne, il 2015 è stato dichiarato l’Anno europeo per lo sviluppo, concentrandosi dunque sull’importanza dell’azione esterna dell’Unione europea e in particolare nella promozione dello sviluppo globale. Il quadro finanziario pluriennale dell’UE-28 stabilisce che le spese relative al “ruolo mondiale dell’Europa” (nello sviluppo economico e sociale, ma anche nella mediazione e prevenzione dei conflitti, nella promozione della democrazia partecipativa etc.) ammonterà a 2 154 milioni di euro nel 2016, per un totale di 61 629 milioni di euro nel periodo 2014-2020 (Regolamento UE, EURATOM n.1311/2013). Si aggiunge la quota rilevante di finanziamenti umanitari, che ogni anno l’Unione europea eroga a favore delle vittime di catastrofi naturali e/o umane. Nel 2014, l’Ufficio per gli aiuti umanitari dell’Unione europea ha cosi distribuito 1 273 miliardi di euro in assistenza umanitaria (Parlamento europeo).
Per mantenere il livello di impegno tenuto negli ultimi 15 anni, a partire dalla firma della Dichiarazione del Millennio nel 2000, la Commissione europea istituisce il “Partenariato mondiale per l’eliminazione della povertà e lo sviluppo sostenibile dopo il 2015”. Quali sono le novità di quest’ultima strategia, comune ed europea, in materia di solidarietà internazionale? Il nuovo partenariato prevede una serie di misure collettive e a livello dell’Unione, tra cui: 1) il sostegno
allo sviluppo e il rafforzamento, da parte dell’Unione, di politiche e contesti istituzionali abilitanti in altri paesi, compresi quelli in situazioni di fragilità, 2) la destinazione dello 0,7% del PIL all’APS (i paesi a reddito medio-alto si impegnano inoltre ad aumentare il proprio contributo al finanziamento pubblico internazionale), 3) l’UE come promotrice del cambiamento attraverso un maggiore accesso all’istruzione e alla formazione nei paesi in via di sviluppo, al fine di favorire l’acquisizione di competenze necessarie per l’innovazione, la crescita e l’occupazione. Nello scenario europeo, l’Italia si colloca lontana dalla media di paesi come Svezia e Danimarca, destinando soltanto lo 0,16% del proprio PIL all’APS. Tuttavia, dal punto di vista normativo, il 29 agosto 2014 è entrata in vigore la nuova legge 125/2014 “Disciplina Generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo” che prevede la collaborazione tra l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo e il Ministero degli Esteri, al fine di elaborare un documento triennale indicante la visione strategica, gli obiettivi di azione e i criteri di intervento, la scelta delle priorità delle aree geografiche e dei singoli Paesi, nonché dei diversi settori nel cui ambito dovrà essere attuata la cooperazione allo sviluppo” (Art.12). Un ruolo importante è infine attribuito alle organizzazioni della società civile e ai soggetti senza
finalità di lucro, che potranno usufruire di contributi da parte dell’Agenzia al fine di realizzare i programmi di cooperazione. Il settore del non-profit italiano è in constante evoluzione e secondo i dati ISTAT, più di 300 000
organizzazioni sono presenti nel territorio nazionale.
La cooperazione allo sviluppo si conferma tutt’oggi una delle priorità della politica estera europea per il post-2015, rafforzando dunque l’impegno internazionale dell’Unione come garante dello sviluppo e della sicurezza. Tuttavia, la destabilizzazione dei paesi vicini, del Sud e dell’Est, impone all’Unione non soltanto una revisione del proprio sistema interno (in materia di cooperazione), ma anche della sua politica di vicinato, attraverso nuovi modelli di cooperazione euro-mediterranei più inclusivi, sulla scia del Processo di Barcellona lanciato nel 1995.
Laura La Scala
Bibliografia:
Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea: Regolamento UE
EURATOM n 1311/2013 – quadro finanziario pluriennale
per il periodo 2014-2020
Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana: legge 11 agosto 2014, n.125 – disciplina generale sulla
cooperazione internazionale per lo sviluppo.
Parlamento europeo – dati sugli
aiuti umanitari, http://www.europarl.europa.eu

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