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La rubrica settimanale con le nostre proposte
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L’Argentina liberale di Mauricio Macri
Il 25 ottobre 2015 oltre 22 milioni di Argentini sono stati chiamati alle urne per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Queste elezioni rappresentano un evento importante per la storia Argentina, ossia la fine dell’era dei dodici anni consecutivi di governo di Néstor Kirchner e di sua moglie Cristina Fernández. La vera chiave di lettura di queste elezioni è un’altra: ricordare che in Argentina la politica, ben prima che di destra e sinistra, è peronista.
Per peronista si intende : un movimento politico-sociale promosso e diretto da Juan Domingo Perón (1895-1974),che fù il Presidente Argentino dal 1946 al 1955 e poi nuovamente dal 1973 fino alla morte: con l’appoggio dell’esercito e dei sindacati operai, egli perseguì una linea politica, da lui stesso denominata giustizialismo caratterizzata all’interno del paese dall’adozione di provvedimenti assistenzialistici ispirati a un demagogico populismo e da un’esasperata incentivazione della produttività finalizzata all’autarchia economica, cui faceva riscontro, in politica estera, una netta professione di nazionalismo e di equidistanza dai blocchi capitalista e comunista. E’ stato un partito, molto radicato sul territorio, i cui i princìpi di giustizia, uguaglianza e solidarietà soverchiavano tutto il resto. La competizione elettorale ha visto in gara sei candidati, di cui solo tre in grado di ambire alla carica di presidente.
Si tratta di Daniel Scioli, governatore della provincia di Buenos Aires e candidato oficialista in grado di assicurare la continuità con il peronismo di matrice kirchnerista rappresentato dal Frente para la Victoria (FpV); Sergio Massa, peronista “dissidente” fuoriuscito un paio d’anni fa dalla corrente maggioritaria con il suo Frente Renovador (FR); e Mauricio Macri, ex imprenditore e attuale sindaco della capitale, vero outsider di questa tornata, esponente della coalizione di centro-destra Cambiemos.
I sondaggi hanno costantemente premiato Scioli, attribuendogli un vantaggio di circa dieci punti percentuali rispetto a Macri (con oscillazioni rispettivamente intorno al 40% e al 30%). Le votazioni hanno visto un 2° ballottaggio che ha decretato il nuovo Presidente della repubblica Argentina il 22 di Novembre, mentre l’insediamento è avvenuto proprio il 10 Dicembre. Le elezioni hanno previsto anche il rinnovo di metà del parlamento (130 deputati e 24 senatori).
Le recenti elezioni si sono svolte in un contesto complesso dal punto di vista economico. A dispetto di una stabilità politica favorita dal profondo radicamento del kirchnerismo nelle istituzioni Argentine, sia a livello federale che provinciale, la seconda economia sudamericana sta attraversando un periodo di stagnazione che rischia di essere il preamobolo di una nuova crisi economica. La fine del “boom” delle materie prime (i prezzi internazionali delle commodities agricole sono infatti scesi bruscamente), su cui Buenos Aires aveva impostato il proprio sviluppo grazie a massicce esportazioni di soia e carne, unitamente a una continua espansione della spesa pubblica basata su un modello assistenzialista e al prolungato isolamento dai mercati finanziari internazionali (l’Argentina sconta tuttora il default sul debito estero del dicembre 2001), hanno contribuito a far scivolare il paese, in modo preoccupante verso una nuova recessione (secondo il Fondo Monetario Internazionale il PIL crescerà quest’anno soltanto dello 0,5%, mentre nel 2016 potrebbe calare dello 0,7%). Una situazione che dovrà essere affrontata con urgenza dal prossimo Presidente Argentino .
Vi sono poi anche condizioni esterne che favoriscono il ritorno di capitali verso Buenos Aires: l’eccesso di liquidità presente in molte piazze finanziarie e i bassi tassi di interesse. E infine il crescente rischio di altre economie emergenti (Russia, Brasile, Venezuela) ha indotto a riconsiderare l’Argentina come Paese interessante. La conferma di quest’interesse per l’Argentina arriva dalle parole dell’analista Vladimir Werning, di J.P. Morgan Asset Management , secondo cui, chi ha acquistato titoli argentini nel 2013, li tiene in portafoglio pensando di portare a casa guadagni dopo le presidenziali d’autunno.
Dall’inizio del 2015 i titoli pubblici Argentini recuperano posizioni. Tanto che da inizio 2015 il “rischio paese” Argentino, misurato attraverso lo spread di rendimento dai titoli di Stato statunitensi dai tango bond, è calato del 19%. Tre i fattori che potrebbero spiegare il fenomeno: il Quantitative easing di Mario Draghi, che non riguarda solo l’Europa ma di cui beneficia anche il resto del mondo e più che altri l’Argentina; inoltre le elezioni presidenziali argentine del prossimo ottobre cambierebbero lo scenario politico e l’eccesso di liquidità sulle piazze mondiali cerca mercati emergenti.
Secondo il Wall Street Journal, le riserve si sono dimezzate dal 2011 a circa 27 miliardi di dollari: qualunque sia il prossimo presidente, dovrà prendere misure impopolari per tamponare questa emorragia. Basta pensare che il gap tra il cambio ufficiale e quello che accade per le strade è vicino al 70%: sul mercato servono 16,05 pesos per dollaro, contro i 9,52 pesos ufficiali.
Purtroppo l’Argentina, uno dei granai del mondo, è un Paese che produce cibo per 400 milioni di persone ma non riesce a sfamare tutti i suoi 40 milioni di abitanti.( Clientele, corruzione, inefficienze e una democrazia ancora giovane) . L’ultima dittatura è terminata nel 1983.
L’eredità economica è stata il tema centrale degli ultimi dibattiti pre-elettorali. Pur con un aumento dei consumi di cui hanno beneficiato i meno abbienti, l’Argentina non cresce da quattro anni. E l’inflazione è vicina al 30%, una delle più alte al mondo.
Dunque Scioli o Macri ? I sondaggi prevedevano la vittoria di Macri.
Al primo turno, il 25 ottobre, avevano previsto una vittoria schiacciante di Scioli, con il 41% dei voti, senza bisogno di ricorrere al ballottaggio. Non è andata così.
Intanto il Papa, argentino, ha seguito con grande attenzione le ultime battute della campagna elettorale. Bergoglio non ha ovviamente espresso alcun orientamento ma le scelte troppo “aperturiste” di Macri su aborto e matrimoni gay non gli sono mai piaciute.
Mauricio Macri è il nuovo presidente di un’Argentina che ha voltato pagina. Macri ottiene il 51,4% dei voti, staccando di poco il rivale Daniel Scioli che ha incassato il 48,6 per cento.
Macri si definisce liberale e rappresenta una grande novità per un paese così complesso come l’Argentina.
Eppure il segnale è forte e quella attuale può essere definita una svolta storica: si è affermato un partito liberale, il Pro (Propuesta republicana). E in Argentina non accadeva da 99 anni. I due partiti tradizionali, il peronismo e il radicalismo, hanno sempre dominato la scena, con una netta prevalenza del primo, il peronismo.
La svolta più attesa riguarda l’apertura dell’economia, finora caratterizzata da misure protezionistiche, poco attente alle reali esigenze delle imprese. Non sarà un mandato facile, non solo per i problemi dell’economia.
Ridurre il tasso di inflazione, mettere in ordine i conti pubblici ed eliminare le distorsioni sul tasso di cambio. Questi sono gli obiettivi prioritari : Ridurre il tasso di inflazione, mettere in ordine i conti pubblici ed eliminare le distorsioni sul tasso di cambio, per risollevare la situazione economica Argentina che il futuro presidente dovrà perseguire. Chiunque dovesse uscire vincitore dalle elezioni dovrà fare di tutto per rilanciare la crescita.
È spesso difficile valutare l’andamento della congiuntura di un paese ed è ancora più difficile quando il paese in questione è l’Argentina. Le previsioni del governo argentino mostrano un’economia in ripresa con un tasso di crescita del PIL intorno al 2%, mentre le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale indicano una crescita dello 0,4% quest’anno, simile al 2014. Comunque la crescita quest’anno sarà sicuramente inferiore al tasso medio dei dieci anni passati (pari al 5,1%). Anche per quanto riguarda l’inflazione è difficile avere un quadro accurato: infatti in base ai dati ufficiali l’inflazione al consumo si aggira intorno al 15%, mentre fonti alternative, considerate da molti più credibili di quelle ufficiali, stimano un tasso di inflazione intorno al 27% (State Street, PriceStats).
Il ritorno alla crescita dipenderà dalla possibilità di accedere a finanziamenti sui mercati internazionali.
Mauricio Macri, 56 anni, ingegnere, ha guidato una coalizione denominata “Cambiemos”. È figlio di Franco Macri, un italiano emigrato in Argentina a 18 anni, un self made man che ha costruito un impero con interessi nell’edilizia, nell’agricoltura, nello sport. Nel 1975, quando il presidente eletto ieri, Mauricio, aveva 18 anni, venne rapito il fratello Jose, fu Mauricio a gestire i negoziati con i sequestratori che dopo aver incassato 6 milioni di dollari furono rintracciati e arrestati.
Edward Richard Junior
Bosco
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