Quei maledetti cinquecento dollari: l’America a stelle, strisce e pistole


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Quei maledetti cinquecento dollari: l’America a Stelle, Strisce e pistole

Cinquecento dollari o anche meno. Questa modica cifra è ciò che separa la vita dalla morte negli USA. Più o meno il costo di uno smartphone, di una borsa griffata o di un qualsiasi altro bene un/a giovane possa desiderare avendo a disposizione una somma del genere. Ma Chris, Adam e tanti altri hanno scelto un’arma da fuoco. Ormai da tempo si consumano stragi su stragi, bollettini di morte sempre più folti, ma il secondo emendamento della costituzione statunitense parla, purtroppo, chiaro: “A well regulated militia being necessary to the security of a free state, the right of the people to keep and bear arms shall not be infringed”. Lo scorso 1 ottobre l’ultima strage verificatasi dentro il college Umpqua Community di Roseburg, nello stato dell’Oregon, è solo l’evento in cima ad una folta black list di precedenti tragedie, per citarne alcune:
1 ottobre 2015 – 10 morti e 7 feriti in un campus a Roseburg, Oregon.
24 ottobre 2014 – Uno studente del liceo di Marysville apre il fuoco a scuola: un morto.
7 giugno 2013 – Spari in un college a Santa Monica: quattro vittime. Il responsabile si è poi suicidato.
4 dicembre 2012 – Un uomo di 20 anni uccide 26 persone, tra cui 20 bambini, nella scuola elementare Sandy Hook a Newtown (Connecticut).
8 dicembre 2011 – Il complesso del Virginia Tech, teatro del massacro del 2007, torna sulle prime pagine e l’America rivive un incubo. La sparatoria causa due morti, un agente e il killer.
14 febbraio 2008 – Un ex studente armato con due pistole ed un fucile irrompe in un’aula della Northern Illinois University ed apre il fuoco uccidendo cinque persone e ferendone una quindicina. Il killer poi si suicida
16 aprile 2007 – Uno studente di 23 anni d’origine coreana uccide 32 persone prima di suicidarsi al campus della Virginia Tech, a Blacksburg (Virginia). È il peggior massacro di questo tipo negli Stati Uniti.
2 ottobre 2006 – Un uomo prende in ostaggio alcuni studenti della scuola di Nickel Mines, un villaggio Amish della contea di Lancaster (Pennsylvania, Usa), fa uscire i ragazzi e lega le ragazze con funi e manette. Poi uccide cinque giovani alunne e ne ferisce altre cinque, infine si suicida.
21 marzo 2005 – A Red Lake (Minnesota) un adolescente di 16 anni uccide nella sua scuola nove persone, tra cui 5 studenti, e poi si suicida.
16 gennaio 2002 – In una piccola università in Virginia, uno studente straniero bocciato uccide a colpi di pistola il rettore, un insegnante ed una studentessa.
20 aprile 1999 – A Littleton (Colorado) due liceali aprono il fuoco nel liceo di Columbine, uccidendo 12 studenti e un insegnante. Poi si suicidano. Da questa strage prede vita il film di Michael Moore, Bowling a Columbine.
Il copione di queste violenti stragi è quasi sempre lo stesso: procuratosi, con non molti problemi, l’arma (o le armi), il killer da un previo avviso sui social di ciò che è in procinto di fare. Le motivazioni sono le più assurde: dalla bocciatura ad ideali rivoluzionari, passando per razzismo o addirittura fanatismo religioso. Solitamente, al termine della strage, il killer si suicida o muore nello scontro a fuoco con le autorità. Così accadde con Chris Harper Mercer, 26 anni, autore dell’ultima strage in Oregon. Il giovane si professava “conservatore repubblicano” e respingeva le “religioni organizzate“. Mentre in un profilo MySpace comparirebbe una sua foto con un’arma e immagini propagandistiche pro Ira. Sul suo profilo facebook Chris aveva scritto “non andate al college”, proprio il giorno prima del tragico epilogo. Secondo Kortney Moore, una testimone oculare, l’assalitore sarebbe entrato nella classe chiedendo ai presenti di alzarsi e dichiarare la propria religione, prima di sparare. Non è chiaro però chi fossero gli obiettivi dell’azione. O, ancora, analogamente succede nel precedente caso del 4 dicembre 2012 , in cui Adam Lanza, 20 anni, uccide 26 persone, tra cui 20 bambini, nella scuola elementare Sandy Hook nel Connecticut. Di certo è una delle stragi più gravi e drammatiche compiute nelle scuole negli Stati Uniti e anche qui ricorrono elementi simili che caratterizzano anche il caso dell’Umpqua Community college dell’Oregon: eccessiva semplicità nel procurarsi un’arma, instabilità mentale, il suicidio dopo la strage. Quella delle armi negli USA è materia quanto mai attuale e quasi sempre tra i punti all’ordine del giorno nei discorsi del presidente Barack Obama, che si è sempre mostrato sensibile riguardo tale argomento, nonché fermo sostenitore dell’abolizione del secondo emendamento. Come mai – ci chiederemo – non è ancora cambiato nulla?
Dobbiamo innanzitutto precisare che spesso le armi utilizzate da questi giovani per compiere questi terribili gesti sono pistole la cui vendita era stata vietata nel 1994 con una legge promossa dall’allora presidente Bill Clinton. La legge aveva carattere temporaneo e sette anni dopo, nel 2001, l’amministrazione guidata da George W. Bush decise di non rinnovarla, dando ascolto alle richieste della National Rifle Association, la più importante lobby dei possessori di armi, e della maggioranza dell’elettorato americano, che sente ancora molto l’importanza di quanto sancito dalla Costituzione statunitense sul diritto di possedere un’arma. Notiamo, però, che sono state approvate a livello federale sette diverse leggi sul controllo e la regolamentazione del possesso di armi da parte dei cittadini statunitensi. Si va dal National Firearms Act del 1934 al Gun Free School Zone Act del 1995 passando per il Gun Control Act del 1968. Tuttavia rimane che in buona parte degli stati americani chiunque abbia più di 21 anni può acquistare una pistola, mentre i maggiori di 18 anni possono acquistare un fucile o un fucile a canna liscia. L’acquirente deve presentare un documento di identità per consentire a chi gli vende l’arma di registrare i suoi dati e associarli a quelli dell’arma, nulla di più. Il presidente Obama, dopo la strage nell’Oregon (verificatasi proprio nei giorni della discussione nelle aule di una riforma delle leggi sul possesso di armi), ha affermato, palesemente commosso: “Come Paese ci siamo passati troppe volte, abbiamo vissuto troppe tragedie come questa“. Di fatto però non c’è nulla di nuovo, non cambia nulla se non nell’opinione pubblica americana. La popolazione statunitense sembrerebbe divisa a metà tra chi vuole la riforma e chi tende a conservarla, col timore che una modifica vada ad intaccare negativamente quel diritto di difesa tanto caro a molti americani (soprattutto a quelli “dal grilletto facile”). Nel frattempo, però, le armi continuano ad essere vendute con la stessa semplicità di sempre e le stragi si consumano con una maggiore frequenza ed irruenza. Riecheggiano, quasi prepotentemente, le parole spese dopo le stragi, alcune delle quali è dovere morale citare, come quelle dette da uno Sceriffo dell’Oregon dopo la strage dello scorso 1 ottobre nei confronti del killer deceduto: “Not to glorify and create sensationalism for him. He in no way deserves it”. Oppure quelle scritte in una lettera da Craig Scott, fratello di Rachel, uccisa nella strage del 20 aprile 1999 nel liceo di Columbine nel Colorado. A conclusione della lettera di perdono, indirizzata ai due deceduti autori della strage, Craig scrive: “Oggi io vi perdono perché so che odio crea solo odio, e io non posso permettervi di portarmi via il sorriso, già vi siete presi mia sorella. “

Wake up, USA!


Davide Spinnato

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