– EDIZIONE STRAORDINARIA –
Strage ad Ankara: due esplosioni durante la manifestazione pacifista
Foto Ansa |
Ancora
esplosioni. Ancora morti. Ancora feriti. Il conflitto tra turchi e curdi non
conosce tregua, oggi ad Ankara c’è stata una doppia esplosione vicino la stazione
ferroviaria dove un gruppo di migliaia di attivisti si stava radunando poco
prima dell’inizio di una manifestazione per chiedere al governo la fine dei bombardamenti
subiti dalle postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e
tornare a trattare una risoluzione pacifica del conflitto. Secondo il ministro
della sanità turco i morti sarebbero 97 e centinaia i feriti. Ancora non si
conoscono le dinamiche dell’accaduto, il governo sostiene che si sia trattato
di un attacco terroristico e almeno una delle due esplosioni potrebbe essere
stata innescata da un attentatore suicida. Militanti del Partito democratico
dei Popoli (l’ Hdp, partito filo-curdo che aveva organizzato l’evento insieme
ai sindacati di sinistra Disk e Kesk) raccontano di alcuni scontri tra la
polizia e gli attivisti dopo le esplosioni. Intanto in Turchia sono state
annullate tutte le manifestazioni politiche già programmate ed è stata convocata
una riunione d’emergenza dal premier ad interim Davutoglu, mentre i curdi del
Pkk hanno annunciato un “cessate il fuoco” in vista delle elezioni del 1
novembre. “Stiamo assistendo a un massacro. E’ una continuazione di quelli di
Diyarbakir e Suruc”, così ha commentato Selahattin Demitras, leader del partito
democratico dei Popoli. L’Hdp, infatti, è già stato colpito diverse volte da
attacchi terroristici nei mesi scorsi. A giugno è stato attaccato un comizio
politico a Diyarbakir, 4 furono i morti e 400 i feriti, a settembre invece un
gruppo di nazionalisti di estrema destra ha assaltato la sede del partito ad Ankara,
mentre a Suruc, a fine luglio, un attentato, che aveva come obbiettivo un centro
culturale curdo, ha causato 28 vittime. Dalle elezioni del 7 giugno, e cioè da
quando l’Hdp è entrato a far parte del parlamento (primo partito filo curdo a
riuscirci), l’intolleranza del governo turco nei confronti dei curdi si è
riaccesa. Centinaia sono stati gli arresti di militanti del Pkk durante le
operazioni “antiterrorismo” condotte dall’esercito durante tutta l’estate. A luglio
sono ricominciati pure i bombardamenti contro le postazioni del Pkk, interrompendo
il “cessate il fuoco” annunciato nel 2013 direttamente dal carcere da Abdullah
Ocalan, leader del Partito del Lavoratori del Kurdistan. Così sono iniziate una
serie di attacchi “botta e risposta” tra le due fazioni e i rapporti si sono
nuovamente frantumati sotto i colpi delle armi da fuoco. L’azione politica
turca nei confronti dei curdi ha rotto un sottilissimo equilibrio che si era
creato negli ultimi tre anni: “Queste operazioni continueranno finché esisterà una
minaccia contro la Turchia”, queste sono le parole di Davutoglu che hanno
accompagnato l’inizio dei bombardamenti in estate. Dunque il rischio, sempre più concreto, è che un conflitto che, dal 1984 ad oggi, ha causato oltre 40.000
vittime, non abbia ancora detto l’ultima parola e che un ulteriore e disastroso
capitolo debba ancora essere scritto.
Simone Cacioppo
esplosioni. Ancora morti. Ancora feriti. Il conflitto tra turchi e curdi non
conosce tregua, oggi ad Ankara c’è stata una doppia esplosione vicino la stazione
ferroviaria dove un gruppo di migliaia di attivisti si stava radunando poco
prima dell’inizio di una manifestazione per chiedere al governo la fine dei bombardamenti
subiti dalle postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e
tornare a trattare una risoluzione pacifica del conflitto. Secondo il ministro
della sanità turco i morti sarebbero 97 e centinaia i feriti. Ancora non si
conoscono le dinamiche dell’accaduto, il governo sostiene che si sia trattato
di un attacco terroristico e almeno una delle due esplosioni potrebbe essere
stata innescata da un attentatore suicida. Militanti del Partito democratico
dei Popoli (l’ Hdp, partito filo-curdo che aveva organizzato l’evento insieme
ai sindacati di sinistra Disk e Kesk) raccontano di alcuni scontri tra la
polizia e gli attivisti dopo le esplosioni. Intanto in Turchia sono state
annullate tutte le manifestazioni politiche già programmate ed è stata convocata
una riunione d’emergenza dal premier ad interim Davutoglu, mentre i curdi del
Pkk hanno annunciato un “cessate il fuoco” in vista delle elezioni del 1
novembre. “Stiamo assistendo a un massacro. E’ una continuazione di quelli di
Diyarbakir e Suruc”, così ha commentato Selahattin Demitras, leader del partito
democratico dei Popoli. L’Hdp, infatti, è già stato colpito diverse volte da
attacchi terroristici nei mesi scorsi. A giugno è stato attaccato un comizio
politico a Diyarbakir, 4 furono i morti e 400 i feriti, a settembre invece un
gruppo di nazionalisti di estrema destra ha assaltato la sede del partito ad Ankara,
mentre a Suruc, a fine luglio, un attentato, che aveva come obbiettivo un centro
culturale curdo, ha causato 28 vittime. Dalle elezioni del 7 giugno, e cioè da
quando l’Hdp è entrato a far parte del parlamento (primo partito filo curdo a
riuscirci), l’intolleranza del governo turco nei confronti dei curdi si è
riaccesa. Centinaia sono stati gli arresti di militanti del Pkk durante le
operazioni “antiterrorismo” condotte dall’esercito durante tutta l’estate. A luglio
sono ricominciati pure i bombardamenti contro le postazioni del Pkk, interrompendo
il “cessate il fuoco” annunciato nel 2013 direttamente dal carcere da Abdullah
Ocalan, leader del Partito del Lavoratori del Kurdistan. Così sono iniziate una
serie di attacchi “botta e risposta” tra le due fazioni e i rapporti si sono
nuovamente frantumati sotto i colpi delle armi da fuoco. L’azione politica
turca nei confronti dei curdi ha rotto un sottilissimo equilibrio che si era
creato negli ultimi tre anni: “Queste operazioni continueranno finché esisterà una
minaccia contro la Turchia”, queste sono le parole di Davutoglu che hanno
accompagnato l’inizio dei bombardamenti in estate. Dunque il rischio, sempre più concreto, è che un conflitto che, dal 1984 ad oggi, ha causato oltre 40.000
vittime, non abbia ancora detto l’ultima parola e che un ulteriore e disastroso
capitolo debba ancora essere scritto.
Simone Cacioppo