Festa dei lavoratori: cosa ha fatto l’Europa?


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Festa dei lavoratori: cosa ha fatto l’europa?

a cura del Dipartimento Studi europei

La festa del 1° Maggio viene celebrata per ricordare la vittoria raggiunta in seguito a numerose battaglie degli operai, sancita dalla promulgazione di una legge approvata nel 1867 nell’Illinois e che successivamente la “Prima Internazionale”, associazione fondata da Karl Marx che aveva lo scopo di creare un legame tra i diversi gruppi politici di sinistra e i lavoratori, riuscì a instaurare anche in Europa. La legge prevede in primo luogo un diritto ben preciso: l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore. Da questo primo diritto si giunge ad una serie di altri diritti, che rappresentano vere e proprie conquiste. L’idea stessa del rapporto di lavoro subisce infatti un forte cambiamento: non si tratta più del lavoratore subordinato all’arbitrarietà del datore di lavoro, ma di un rapporto tra pari che finalmente guarda alla dignità della persona.
Ad oggi sono tante le associazioni e le istituzioni politiche che continuano il percorso di crescita di tutela del lavoratore. In particolare è necessario considerare il quadro istituzionale nel quale milioni di lavoratori si inseriscono, ovvero quello dell’Unione Europea. L’organo principale dell’UE in tema di lavoro è la Commissione Europea che spesso torna sul tema della “mobilità dei lavoratori”, affermando che ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di lavorare e risiedere in un altro Stato membro senza subire discriminazioni per la sua nazionalità. La libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali garantite dagli artt. 3, 39, 40 del TUE (Trattato sull’Unione Europea) e dalla normativa comunitaria. Tutto ciò nella convinzione che una maggiore mobilità dei lavoratori possa contribuire al progresso economico e sociale, ad un alto livello di occupazione e al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile ed equilibrato. Essa permette anche all’economia europea, all’occupazione e ai lavoratori di adattarsi in modo più flessibile ed efficace alla situazione mutevole di un’economia mondiale aperta alla concorrenza. Una maggiore mobilità fra gli Stati membri, inoltre, favorisce anche un’integrazione politica più stretta nell’UE. Ricordiamo per altro che attraverso i lavori della Commissione Europea del Lavoro, la Comunità Europea volge la propria azione a: migliorare l’ambiente e le condizioni di lavoro, tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore, integrare i soggetti esclusi dal mercato del lavoro, assicurando in primis la parità di trattamento tra uomini e donne.
La politica comunitaria, oltre ad aver definito gli obiettivi di cui sopra, punta a stimolare l’occupazione incoraggiando la creazione d’impresa ed incentivando la mobilità dei lavoratori, non dimenticando i giovani, per i quali vengono previsti miglioramenti nella qualità dell’insegnamento ed incentivi alla formazione (ed alla specializzazione in maggiore misura). Tutto ciò non avviene senza un costo però; al fine di garantire servizi e finanziamenti, infatti, l’Europa ricorre al Fondo Sociale Europeo (FSE), che raccoglie ogni anno circa 9 miliardi di euro dai contributi degli Stati Membri, e al Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), che gestisce i sussidi per le imprese e le infrastrutture. L’Italia è uno dei Paesi che maggiormente contribuisce ai Fondi: nell’anno 2012, ha infatti versato circa 16 miliardi di euro.
I fondi vengono dunque assegnati ai paesi, ma spetta poi a questi ultimi allocarli alla formazione professionale. Il nostro Paese, tuttavia, non può ergersi a modello di efficienza nell’utilizzo dei fondi: nel 2014 l’Italia non è riuscita a spendere il 66% dei fondi europei ed attualmente ben 7,6 miliardi di euro giacciono inutilizzati nella mani delle istituzioni italiane e rischiano di essere perduti se non utilizzati entro la fine dell’anno in corso. Risulta quasi paradossale pensare che un Paese che sembra avere bisogno di nuove infrastrutture e di occupazione non utilizzi a pieno le risorse messe a disposizione.
Quali le cause possibili? In evidenza risulta la carenza strutturale e di professionalità negli enti preposti all’organizzazione ed assegnazione dei fondi; in secondo luogo l’eccessiva burocrazia necessaria che dilata esponenzialmente i tempi di assegnazione e il successivo utilizzo dei fondi, spesso bloccati ancor ptima di essere allocati a causa di numerose antinomie normative. Un’altra possibile causa va riscontrata nella tecnicità del finanziamento europeo che, nell’accettazione dei progetti, richiede il “prefinanziamento” da parte del bilancio nazionale, che ne sarà poi rimborsato. Molto spesso, purtroppo, manca proprio quella disponibilità di prefinanziare un progetto.
Il caso più clamoroso di errata allocazione di fondi comunitari si è verificato nel 2009, quando la Regione Campania ha utilizzato ben 720 mila euro per pagare il cachet di Elton John, esibitosi a Napoli durante la festa di Piedigrotta. Tuttavia Napoli è anche protagonista di un investimento virtuoso dei fondi: la Linea 1 della metropolitana della città, vero gioiello dal punto di vista architettonico ed artistico, è stata finanziata con 1,3 miliardi di fondi pubblici, di cui 430 milioni dall’UE.
Ritornando alla tema del lavoro, per il settennio di programmazione 2014-2020, con la collaborazione degli Stati membri, l’Europa si pone l’obiettivo di portare al 75% il tasso di occupazione di uomini e donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni e di attuare misure precoci per l’inserimento dei giovani e delle categorie svantaggiate nel mercato del lavoro.
Per fare la sua parte, all’Italia spettano circa 44 miliardi di euro, di cui 31,1 miliardi destinati ai fondi FESR e FSE per l’occupazione. La speranza risiede in un Italia che non ricada nuovamente negli errori degli anni passati, comprendendo realmente il valore delle istituzioni e dei fondi UE ed impegnandosi nel rivedere la legislazione attualmente in vigore, creando enti ed organismi professionali e competenti, determinati ad allontanare l’ombra dell’incapacità (tutta italiana) di pianificare ed attuare progetti a lungo termine.
Davide Spinnato
Gabriella Cinque

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